Rosario Rago, confermato nella Giunta nazionale della Confagricoltura

Mimmo Pelagalli

Il collega Mimmo Pelagalli – Addetto alla comunicazione di Confagricoltura Campania – ha reso noto che l’Assemblea nazionale di Confagricoltura ha confermato, Massimo Giansanti presidente di Confagricoltura, che perviene così al suo secondo mandato. L’ Assemblea – nel nominare la giunta esecutiva nazionale – ha tra l’altro riconfermato il campano Rosario Rago, past presidente di Confagricoltura Campania.

Rosario Rago, imprenditore impegnato nel settore delle verdure confezionante, note come IV gamma, è stato anche presidente di Confagricoltura Salerno, ed è attualmente membro della Giunta della Camera di commercio di Salerno e vicepresidente del Gruppo di Azione Locale “Colline Salernitane”. Entrato in giunta nel marzo 2017 era stato nominato responsabile nazionale per le filiere.

La mia riconferma in giuntaha detto Ragoè frutto del lavoro di questi anni ed è al contempo un riconoscimento all’importanza del ruolo della Campania quale regione a forte vocazione agricola, dove sono decisive per il Pil territoriale le filiere.”

Il collega Pelagalli, mi consentirà di formulare una domanda al neo confermato dirigente della Confagricoltura:

Presidente Rago cosa ne pensa dell’abbandono dell’agricoltura nelle zone collinari e montane? Secondo lei Quali rimedi?

Presidente Rago, non le farò altre domande e nemmeno chiederò al collega Pelagalli di fissarmi un appuntamento per farle la solita intervista canonica, ma mi permetto di ricostruire quello che penso del mondo agricolo.

In questo modo penso di consentirle di dare delle risposta dirette e su cosa davvero può interessare ai comuni “mortali” e, quindi la sua opinione.

Pertanto, qui di seguito mi permetto di effettuar una riflessione con riferimento specifici al ruolo che ha giocato l’agricoltura, nel corso degli anni, per lo sviluppo del Paese.

Crisi della piccola agricoltura collinare e montana

Parto dalla buona notizia della sua riconferma presidente Rago per richiamare la sua attenzione sulla crisi e l’abbandono dell’agricoltura nelle zone collinari e montane, soprattutto per scarsità di informazione e, forse, anche di progettazione da parte delle Istituzioni ed anche per la poca attenzione da parte delle Associazioni di categoria.

Ormai sono anni ed anni che i vari governi, ma soprattutto i ministri dell’agricoltura hanno lo sguardo rivolto solo all’agricoltura intensiva o ai grandi proprietari terrieri ed ecco la crisi occupazionale ed economica nel mondo agricolo.

Si calcola che un terzo delle terre coltivabili del nostro pianeta (In Italia, forse di più) è scomparso negli ultimi 40/50 anni, a causa proprio delle pratiche agricole intensive.

Invece all’indomani della guerra si fece tutto per lavorare ogni metro di terreno e renderlo produttivo e con la Riforma Agraria l’Italia agricola contribuì moltissimo al boom economico, soprattutto con un’agricoltura familiare.

L’agricoltura Italia, emigrazione e miracolo economico

Il miracolo economico italiano, portò una forte crescita economica e tecnologica che avvenne tra il 1950 ed il 1960, grazie alla ricostruzione. Purtroppo sia i Governi che la classe non capì che il trasferimento di circa 10 milioni di contadini meridionali che si trasferivano al Centro-nord: Roma, Milano, Torino, ecc. impoveriva il Sud del capitale più importante la manodopera”, senza prevederne gli esiti negativi.

Possibile cause dello squilibrio Nord-Sud

Una classe dirigente lungimirante avrebbe dovuta pensare a creare occasioni di lavoro, anche attraverso un’agricoltura programmata progettando uno sviluppo legato innanzitutto alla trasformazione dei prodotti in modo da renderli produttivi. Tutto questo ha provocato che il settore privato, soprattutto del centro-nord si è molto incrementato, mentre quello privato al Sud è rimasto al palo e si è creato uno squilibrio Nord-Sud partendo dalla carenza di scuole, trasporti, abitazioni, ospedali, attività produttive ed ovviamente l’agricoltura, la zootecnia e la pastorizia sono state abbandonate. La crescita del Paese è avvenuta con una corsa al benessere facendola da padrone i consumi che a volte hanno fatto rinunciare ai servizi pubblici.

Per decenni, l’agricoltura, “la piccola agricoltura” in Italia ha dovuto fare i conti con un basso livello dei prezzi causa i prodotti internazionali che, spesso, sono anche di scarsa qualità e con contesti nazionali sfavorevoli. E, poi scarsi investimenti per l’agricoltura, politiche inadeguate, mercati poco sviluppati e non competitivi.

Non meno grave è la marea di leggi e leggine che con la burocrazia diventano devastante per ogni iniziativa, soprattutto familiare.

A questo aggiungiamo le infrastrutture rurali insufficienti, servizi finanziari per la produzione inadeguati e la graduale erosione delle risorse naturali contribuiscono a creare un ambiente in cui l’accesso al mercato è stato, spesso, rischioso e poco redditizio per i piccoli agricoltori.

Attualmente, l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli a livello globale sta contribuendo a creare ancora di più un nuovo contesto in cui i piccoli agricoltori devono operare, per questo occorrono nuovi incentivi per farsi di farli entrare sul mercato con buone prospettive di profitto ed uno sviluppare politiche adeguate.

Insomma anche il futuro dei grandi agricoltori dipende dai piccoli ciò significa adottare o riprodurre su scala più ampia gli approcci sperimentati con successo, in piccolo, questo deve significa anche di investire di più ed in modi più efficace nell’agricoltura e nelle aree rurali.

Occorre creare, con la mediazione delle Istituzioni, una sinergia tra i grandi agricoltori ed i piccoli in modo da promuovere investimenti che hanno lo scopo di collegare anche i piccoli agricoltori ai mercati, aiutandoli a diversificare le colture e ampliare le prospettive per la loro attività che possono essere di supporto ai grandi agricoltori.

Attualmente tra le istituzioni e l’agricoltura, in particolare per i piccoli, c’è un “muro di burocrazia” che non sempre favorisce l’agricoltura buona ed onesta per cui ogni forma di programmazione positiva finisce male.

Un agricoltore che in una zona di montagna o collina ha 4/5 ettari di terreno l’unica cosa che gli resta da fare è abbandonarla e qual è il risultato?

E’ il depauperamento al punto che si possono avere anche frane e smottamenti e se si chiede aiuto alle istituzione è come avere di fronte un muro di gomma perché, spesso, il funzionario di turno o per l’incompetenza o per altro determina nel grande e piccolo agricoltore solo sfiducia.

Per quanto in sintesi innanzi detto al dirigente di Confagricoltura Rosario Rago nell’augurargli buon lavoro gli chiedo è possibile iniziare da Salerno una “rivoluzione” lavorando ad un progetto che come obiettivo ha la sinergia tra grande, media e piccola AGRICOLTURA, con lo scopo di svegliare anche le ISTITUZIONI? (Ni.Ni.)

 

 

 

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