Argentina-Francia: secondo il giudice Di Lieto, la bella partita fa dimenticare, per almeno due ore, le “valige di soldi” del qatargate

  • La più bella partita di calcio che abbia mai visto. E con me milioni di spettatori inchiodati  allo schermo televisivo per una partita durata tre ore. Che ha mantenuto le promesse della vigilia, anche più, se si consideri che accanto al gioco scintillante si è vista una partita vera, fatta di tecnica, volontà e sforzo fisico che hanno caratterizzato lo scontro dall’inizio alla fine. Ha mantenuto le promesse
         Dott. Michele Di Lieto

    l’Argentina che per tutto il primo tempo ha dominato la scena, annullando letteralmente qualsiasi tentativo di parte francese di portarsi nella difesa avversaria e conquistare il centro campo. Così il primo tempo si è chiuso con un 2 a zero, uno su rigore,  per gli argentini, e potevano essere di più se la squadra di Scaloni non avesse sciupato alcune occasioni da gol fatto. Al termine della prima frazione, nessuno avrebbe speso un euro per puntare sulla vittoria dei francesi. La partita si è invece riaperta nella seconda metà del secondo tempo, anche qui per via di un rigore, dando vita a una seconda partita, tutto il contrario della prima, nella quale è stata la squadra di oltr’alpe a dominare la scena alla ricerca di un pareggio che è arrivato subito dopo e ha costretto gli atleti ai tempi supplementari. Segna prima l’Argentina, pareggia la Francia: si va ai rigori: 4 a 2: l’Argentina è campione del mondo. Hanno mantenuto le promesse le due stelle a disposizione di Scaloni e, rispettivamente, Dechamp, Messi e, rispettivamente, Mbappé, il primo in tutto il  primo tempo e decisivo ai rigori, il secondo svegliatosi improvvisamente nella seconda metà del secondo tempo e seminando il panico nelle file avversarie. L’Argentina ha forse pagato il prezzo dello sforzo sostenuto in tutto il primo tempo, meno male che c‘è stato Messi; la Francia ha ottenuto il pareggio segnando due reti in due minuti, una vera mazzata per i giocatori argentini, ma ha pagato ai rigori, dove ha trionfato la maggiore freddezza degli altri. Sia Messi che Mbappé hanno onorato il calcio con una prestazione da manuale, non solo segnando ai rigori, ma assumendosi la responsabilità di calciare per primi, per dare sicurezza ai compagni che sono venuti dopo: la cosa è riuscita al primo, non al secondo. Tutto sommato ha vinto il migliore. Chi ha visto il primo tempo dell’Argentina ha assistito a uno spettacolo fatto di passaggi brevi e allunghi improvvisi per il giocatore meglio piazzato: di qui i due gol di vantaggio che hanno chiuso la prima frazione. Dopo la squadra bianco celeste  ha peccato per eccesso di sicurezza quando nessuno, compresi i giocatori argentini, pensava che i francesi potessero rimontare: ma Scaloni aveva un Messi  strepitoso, e contava sulla volontà, e sulla determinazione della squadra, mai venuta meno anche quando i francesi sembrava potessero passare. Perché nei tempi supplementari i giocatori tutti, pur fiaccati dallo sforzo, hanno messo in campo tutto quanto avevano in corpo: le azioni si sono svolte rapidamente, in tutta velocità, da una parte e dall’altra, mettendo con pochissimi assist un giocatore in grado di segnare. Uno spettacolo nello spettacolo mai visto su un campo di calcio. Ho già detto che la sorte ha favorito i migliori. Gli argentini hanno avuto ragione di scendere a  milioni sulle strade per festeggiare la terza coppa del mondo. Unico neo: la veste, di tipo arabo, fatta indossare a Lionel Messi prima che sfilasse nel campo con la Coppa in aria. Sarà stata una trovata degli organizzatori o dello stesso emiro di Arabia. Che si vuole? Il Qatar è oggi in grado di sborsare mazzette per corrompere mezzo mondo, anche per comprarsi il calcio: che volete che conti una maglia, o una veste, fatta indossare, e indossata di malavoglia dal giocatore, per mostrare sul campo dell’emiro padrone il simbolo della vittoria?

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  • Così si è concluso nel Qatar il campionato del mondo di calcio. Organizzato alla perfezione con dovizia di uomini e mezzi. Non poteva essere diversamente per un uomo, l’emiro, tra le persone più ricche del mondo, e per un paese, il Qatar, ricco di petrolio e di gas, ingredienti naturali di qualsiasi riserva energetica, di qualsiasi paese dell’occidente europeo. Non avevo mai sentito parlare del Qatar prima del 2010, quando la FIFA decise di assegnare al Qatar l’edizione dei mondiali del 2022. Dopo, fin quasi all’inizio della competizione, non si seppe, almeno io non seppi più nulla. Il fatto è che dal 2010 al 2022, il paese arabo è diventato tutto un cantiere. Otto stadi, uno iconico, l’altro disegnato a forma di tenda beduina, e infrastrutture, come alberghi, metropolitane, supermercati, stazioni ferroviarie, centri di accoglienza. Una operazione di facciata per dimostrare di che cosa era capace il Quatar agli occhi del mondo. Operazione che un paese di soli tre milioni di abitanti non avrebbe potuto realizzare senza l’apporto di lavoratori stranieri. Di qui l’ingresso di milioni di persone, emigrate dai paesi asiatici, per trovare un lavoro pagato purtroppo con salari di fame. Di qui l’alto numero di morti, chi parla di centinaia, chi di migliaia di morti. Che, aggiunte ai vizi di origine del paese arabo, dominato dalla sharia, hanno suscitato polemiche violente contro il Qatar e contro l’emiro, colpevole di avere assunto milioni di lavoratori sottopagati e senza protezioni. Polemiche alimentate da enti assistenziali e organizzazioni non governative, nell’assenza di interventi della FIFA, che fino all’ultimo ha difeso il Qatar e l’emiro, ignorando le denunce per  violazione dei diritti umani, discriminazioni sulla base del sesso, persecuzione degli omosessuali, non so che altro. Infine, e proprio in occasione dei Giochi, è scoppiato il Qatargate. E allora si è capito come e perché la candidatura del Qatar sia stata appoggiata e difesa ad oltranza dalla FIFA e dai suoi rappresentanti ufficiali. Erano corse, forse corrono ancora, mazzette per milioni di dollari. Sono scattati gli arresti, le perquisizioni hanno consentito di considerare il reato in flagrante. Ma quale reato. Corruzione, dicono i giudici belgi. Che avranno un bel da fare per prevenire o ribattere le obiezioni di una difesa, si presume agguerrita e lautamente pagata. Corruzione. Ma chi è il corruttore? Il Qatar? Ma quella penale è responsabilità personale. L’emiro allora, in concorso coi suoi rappresentanti, ivi compreso il Ministro che ha trattato direttamente con personalità dell’Unione Europea? Oppure la trattativa è avvenuta attraverso intermediari, quegli stessi arrestati in flagrante? E i corrotti, chi sono i corrotti? Gli intermediari, in concorso coi parlamentari che hanno votato per l’assegnazione al Qatar dei giochi della Coppa del mondo di calcio. Hanno pure i parlamentari incassato mazzette? Come si vede, il discorso si allarga e diventa più complicato mano a mano che si va oltre le mazzette trovate. Questo sotto il profilo penale. Diverso è il discorso sotto il profilo morale. Qui si può parlare di corruzione: una corruzione di vaste proporzioni che minaccia da presso la stessa credibilità dell’istituzione europea. E l’Italia? Che fa l’Italia? Diciamo subito che una indagine come quella belga in Italia non sarebbe possibile. Lo vietano le norme sulle immunità, che vietano pure intercettazioni e perquisizioni personali o domiciliari. Questo per i membri del Parlamento (la vice Presidente UE è stata arrestata). Per il cittadino comune esistono limiti e restrizioni che trovano radice in diritti costituzionalmente protetti e che oggi si vorrebbe abolire. Per il resto i politici italiani si sono limitati a dichiarazioni, prese di posizione, accuse reciproche fra partiti: solo parole, poi più nulla. Come se i parlamentari, i sindacalisti italiani non vedessero che la crisi scoperta e denunciata alla luce del sole dal Parlamento europeo mina anche la credibilità delle istituzioni e degli Stati che ne fanno parte. Un emiro qualsiasi, non solo quello del Qatar, oggi è in grado di comprarsi la sede dei Campionati di calcio: ma la forza del danaro non ha limiti e nulla vieta che l’emiro del Qatar possa avere imitatori, sia egli stesso la punta di un iceberg di proporzioni colossali. Un emiro qualsiasi, non solo quello del Qatar, oggi è in grado di condizionare le scelte, anche economiche, di qualsiasi Paese dell’Unione. Si veda come il Qatar ha reagito alle iniziative sui diritti umani: facendo valere la forza del petrolio, del gas naturale, e del danaro. E questo alimenta la crisi in atto delle democrazie occidentali. Come vogliamo uscire dal clima di diffidenze che alimentano l’altissima percentuale di astenuti alle ultime votazioni politiche? Basterà ancora dire che occorre un passo radicale, un rivolgimento epocale, e lasciare le cose come stanno? Per quanto tempo ancora? Al momento, occorre attendere gli sviluppi dell’indagine in corso presso l’autorità giudiziaria belga, al momento basta avere scoperto che l’emiro arabo è in grado di comprarsi il calcio e, forse, la  politica dei paesi europei. L’ultima dimostrazione è proprio in quella maglia, in quella tunica che Leo Messi è stato costretto a indossare prima di levare al cielo la Coppa del trionfo, lui che a trentacinque anni è ancora in grado di impartire lezioni, e dire: sono il migliore (anche in Qatar, anche per l’emiro).   L’opinione pubblica europea è rimasta scossa dallo scandalo. In molti hanno parlato di scandalo italiano per le personalità che vi sono coinvolte. E’ questo l’ultimo tassello di una serie di fatti che hanno pregiudicato gravemente la credibilità del nostro paese a livello europeo. Non a caso, per l’approvazione del Recovery Fund, si è creata una vera e propria divisione tra paesi “frugali” e non. E’ inutile dire da che parte è stata considerata l’Italia. Che dire? Occorre solamente sperare che la Coppa del mondo, e lo scandalo venuto alla luce in occasione dei Giochi, siano d’insegnamento per i nostri politici e i nostri governanti. E’ troppo anche e solo sperare?

Michele Di Lieto*

*Scrittore e magistrato in pensione

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