

“Ermanno Corsi vive”
Abbiamo il piacere di ospitare l’intervento di Giovanni Corsi, ingegnere, primogenito di Ermanno, tenuto alla Fondazione “Circolo Artistico Politecnico”, nell’incontro dal titolo: “Ermanno Corsi vive”, organizzato dalla Fondazione e dall’Ordine dei giornalisti della Campania.
Dopo i saluti del presidente della Fondazione, Adriano Gaito, e del presidente dei giornalisti, Ottavio Lucarelli, si sono susseguiti altri interventi: Vittorio Del Tufo, vice direttore de “il Mattino”, amico e collega di lavoro di Ermanno di tanto tempo fa, quando lavoravano insieme a via Chiatamone, che ha portato il saluto del direttore Napoletano e della redazione, Teresa Armato, Assessore al Turismo e alle attività produttive del Comune di Napoli, collega di Ermanno, che ha sottolineato la sua dote di essere sempre attento alla crescita del territorio. Poi è stata la volta di Lucia Valenzi, Presidente della Fondazione Valenzi, e di Sergio Sciarelli, presidente Musap, Fondazione di Partecipazione.
Tutti gli intervenuti hanno raccontato un aneddoto che evidenziava la grande cultura e capacità operative e di stimolo che Ermanno ha avuto nella definizione e nella realizzazione della Fondazione dei Momenti culturali, nel corso degli anni. E’ stata sintetizzata l’eredità di un grande uomo di cultura, ma anche quella di un padre attento che, con il suo pensiero, dava vitalità e serenità sempre. Ermanno, oltre ad essere stato un grande giornalista, è stato uno scrittore notevole.
I lavori sono stati coordinati da Antonello Paolo Perillo, Condirettore TGR RAI Campania.
Poi, come ho richiamato sopra, l’intervento molto toccante è stato quello di Giovanni Corsi, ingegnere e figlio primogenito di Ermanno. Magistralmente, egli ha condiviso ricordi personali e familiari, mettendo a fuoco un ritratto intimo ed amorevole del suo papà.
Negli interventi è stato evidenziato che Ermanno Corsi è un patrimonio della città di Napoli, ma anche per l’intera Paese, un protagonista nel mondo del giornalismo campano e nazionale. Gli scritti e i libri di Ermanno continueranno ad arricchire il mondo culturale, soprattutto dei giovani, perché continua a parlare al presente. I suoi scritti sono fonte di riflessioni su cosa rappresenta l’informazione, oggi, e sulle responsabilità istituzionali, civili e su ciò che può diventare una società senza informazione. Gli interventi si sono anche soffermati sull’eredità del pensiero critico, sempre alla ricerca e sulla riflessione sulla natura della realtà. Sulla natura della società e sulle possibili soluzioni ai problemi legati alle norme sociali, Ermanno non faceva sconti a nessuno, ma era amabile e gentile che credeva nella vera amicizia. Insomma, l’amicizia era per Ermanno un punto di arrivo e di partenza, per stare bene insieme. Nel ricordarlo sul giornale online “il Sud”, ho cercato di evidenziare i momenti straordinari che ho avuto la fortuna di vivere con lui (https://www.giornaleilsud.com/2025/06/21/).
Quindi, nell’incontro è emerso tutto il significato dell’affermazione “Ermanno Corsi vive”. Dio sa quanto la nostra società ha bisogno di persone di tale levatura, adesso che l’informazione e l’etica pubblica hanno raggiunto valori molto bassi. L’insegnamento di Ermanno è una sfida fondamentale e permanente per il futuro della nostra democrazia.
Ermano amava il lavoro, come se stesso. Anche nei suoi ultimi giorni, prima dell’intervento, aveva lavorato intensamente, con la professoressa Rita Bellelli e il professore Giuseppe Funicelli, sul concorso di poesia Paestum 2025, e sull’ultimo libro dedicato a Nicola Amore, ex sindaco di Napoli, con la collaborazione della nipote. Un tributo alla memoria di una città straordinaria, Napoli, che egli tanto amava.
Tantissimi i saggi, molti dei quali dedicati a Napoli, città che lo ha adottato dai tempi degli studi universitari, quando arrivò da Carrara, dove era nato. Cinque figli e un amore per Capri e per il Cilento, dove aveva ricevuto la cittadinanza onoraria in sei Comuni.
Presente tanto pubblico e molte autorità che hanno anche preso la parole per ricordare il legame con Ermanno, tra queste persone ricordiamo la dottoressa Maria Rosaria Covelli, Presidente della Corte d’Appello di Napoli, l’avv. Domenico Ciruzzi e il giornalista Carlo Verna.
Erano presente, altresì, tanti giornalisti tra questi il prof. Giuseppe Funicelli, la dottoressa Rita Bellelli, il dott. Nicola Salati, il dott. Alfredo Boccia e tanti altri che hanno reso l’incontro un sentito dono e rispetto alla figura di Ermanno.
Nicola Nigro
Di seguito, il toccante intervento
dell’ingegnere Giovanni Corsi:
Buonasera a tutti,
Premetto di non avere nessun merito per essere qui a ricordare la figura di Ermanno Corsi, se non quello di essere, tra i cinque figli, quello più anziano. Quindi un “merito” semplicemente anagrafico.
E quindi anche a nome dei miei fratelli, ringrazio gli organizzatori di questo evento; il Presidente del Circolo Artistico Politecnico dott. Adriano Gaito, il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, dott. Ottavio Lucarelli, e il Prof. Sergio Sciarelli, Presidente del Museo Artistico Politecnico.
Potete immaginare, da figli, il piacere e l’orgoglio che proviamo nel vedere la realizzazione e il successo di un evento intitolato “Ermanno Corsi vive”.
Mio padre, nella sua lunga carriera professionale, è stato molte cose: iscritto all’Ordine dei Giornalisti nel 1960, ha collaborato come redattore per molte testate giornalistiche, tra cui la lunga esperienza ne “Il Mattino”, fino a vedere la nascita del TG3 Campania nel 1978, dove è stato uno dei “volti noti”, in qualità di caporedattore e conduttore, fino al 2004.
Poi è stato saggista, scrittore, uomo di cultura instancabile. Non si risparmiava a collaborare con iniziative culturali, non solo a Napoli, ma anche in tante realtà della Campania. Non lo faceva per voglia di protagonismo o presenzialismo. Ma perché credeva nella validità di quelle iniziative per la diffusione della cultura.
Come ho detto quindi, è stato molte cose, ma suoi colleghi e amici molto più autorevoli di me lo hanno ricordato in quelle vesti.
Per me, prima di tutto, è stato mio padre. Un padre autorevole, serio, a volte severo. Presente, anche se non nella routine di tutti i giorni, nei momenti importanti.
Da figlio, devo dire che fin da ragazzi, non ci ha mai imposto le sue convinzioni, ma ci dava l’esempio.
Era esigente, certo, ma con una autorevolezza che ci faceva capire che quella era la cosa giusta.
Ed oggi, posso dire che tutti noi figli abbiamo fatto tesoro dei suoi più grandi insegnamenti:
In primis:
L’importanza dello studio
e della cultura.
La nostra casa, e in particolare il suo studio, erano pieni di libri. L’amore per i libri era la materializzazione del suo amore per la cultura. Per noi, da ragazzi, crescere in quell’ambiente ha significato imparare presto il valore della parola scritta, il rispetto per le idee, e la passione per lo studio.
Una volta, ero uno studente di ginnasio di metà anni Ottanta, e stavamo dialogando sull’importanza di studiare le materie classiche. Gli dissi: “…ma in fondo, lo studio non è il fine nella vita, ma un mezzo…”. Lui mi rispose con il suo consueto stile perentorio: “Nella vita di una persona, lo studio è un mezzo, ma è così importante, così formativo, così determinante, da diventare esso stesso un fine”.
Diversi anni dopo, alla fine del mio percorso universitario che mi portò a laurearmi in ingegneria, ricordo bene cosa mi disse il giorno della laurea: “La laurea è un punto di arrivo finché non l’hai conseguita. Poi diventa un punto di partenza. Non smettere mai di studiare, di informarti, di aggiornarti, perché questo rende la persona viva”.
Un altro valore che è stato cardine nella vita di mio padre:
La centralità del lavoro nella vita della persona.
All’indomani della sua scomparsa, uno degli articoli pubblicati sui vari giornali era intitolato: “La RAI di Napoli era la sua casa”.
È stato veramente così, nel senso che noi figli, da ragazzi, a casa non lo vedevamo quasi mai.
Rientrava a casa dopo l’edizione serale del TG3 delle 22,30. E solo allora si riusciva a trovare uno spazio per aggiornarsi “sulle cose di famiglia”.
Successivamente abbiamo capito quanto lavoro e quanto impegno ci fossero dietro poche decine di minuti di telegiornale.
Lui stesso viveva il giornalismo non come una semplice professione, ma come una responsabilità. Un giorno ci disse: “Ogni articolo, ogni servizio giornalistico, deve essere approfondito e verificato. Perché chi segue il telegiornale si fida di noi e noi abbiamo il dovere e la responsabilità di essere credibili”.
Un’ultima considerazione, un’altra costante che ha attraversato la vita, anche professionale, di mio padre: l’amore per Napoli.
Originario di Carrara, trasferitosi da ragazzo a Torre del Greco e poi, nel 1972, a Napoli, si definiva “Napoletano, anzi Luciano”, in onore di via S. Lucia, dove ha vissuto per più di cinquant’anni.
L’amore per Napoli l’ha concretizzato in molti libri, tra cui: “L’Ultima Napoli”, nel 92, “Napoli Contemporanea”, nel 95, “La città ogni giorno”, nel 96, fino a “Il sindaco in fuga” del 2015 e, in ultimo, il recente libro su Nicola Amore, il sindaco che, come diceva Matilde Serao, “ha portato la città nello Stato e lo Stato nella città”.
Amore per Napoli sincero. A volte indulgente, ma sempre consapevole delle tante problematiche che affliggono la città.
Non sopportava i luoghi comuni su Napoli. Durante un convegno, ad un giornalista che menzionava la pericolosità di Napoli, ed eravamo nel 2015, rispose: “…Napoli non è la città più pericolosa d’Italia, ma è di certo la più raccontata. Secondo le statistiche ufficiali, la città più pericolosa d’Italia è Milano, seguita da Roma, Firenze e Torino. Per trovare Napoli bisogna andare oltre il decimo posto. Ma un fatto di cronaca accaduto a Napoli ha sempre maggiore risonanza, alimentando quei luoghi comuni, smentiti dai numeri”.
Eppure, discutendo dei problemi di Napoli, a volte non rinunciava alla sua dose di ironia.
In una presentazione de “Il sindaco in fuga”, venne menzionato l’annoso problema del risanamento edilizio. All’interlocutore rispose: “L’abusivismo edilizio e il risanamento urbano sono problemi di cui si parla da centinaia di anni. Probabilmente, la prima pietra su cui venne fondata Partenope fu, essa stessa, abusiva”.
Non mancava la critica ad una certa classe politica locale: “Molti politici usano il partito come un taxi. Salgono, si fanno portare dove vogliono e, una volta arrivati a destinazione, scendono e vanno via…” Non aveva la presunzione di avere la soluzione, ma in un’intervista sul libro “Napoli Contemporanea” dichiarò: “Solo se la borghesia napoletana si trasforma, o se ne forma una nuova, i cui valori non siano la rendita o la protezione di sé stessa, ma l’iniziativa e la legalità…il riscatto durevole della città potrà avvenire”. E quindi, tornando al titolo di questo evento: “Ermanno Corsi vive”. Si, per noi figli vive attraverso i suoi libri, i suoi scritti, il ricordo delle sue parole e, soprattutto, attraverso i suoi insegnamenti e grazie a tutti Voi che lo ricordate.
Giovanni Corsi