La redazione ha ricevuto dal giudice Michele Di Lieto, un interessante articolo che volentieri pubblica.
Un pezzo scritto con molta meticolosità che induce a chiunque ad una maggiore riflessione sui valori della vita quotidiana.
Lo scrittore e il giurista Michele Di Lieto si sofferma anche sui valori della vita di tutti i giorni ed affronta problematiche, come: la vita, la morte, la vita ultraterrena, infine si chiede se tutto finisce con la morte oppure no.
Poi si chiede: “Se Dio è il Creatore chi ha creato Dio?” Ancora si interroga: “… Sulla religione e sulla fede, da fronti opposti, si sono inventati il dogma: credo perché credo e basta. E chi non crede?”. Inoltre si domanda: “… E io dovrei credere alla vita ultraterrena solo per effetto di una tradizione, che non si sa quanto duri, quanto sia durata in passato, quanto durerà in futuro?…”.
In più sottolinea: “… per uno come me, abituato al sapere scientifico ma anche alla logica giuridica, è come non esistesse affatto, quindi, la mia soluzione è la più semplice, la più coraggiosa. Non esiste sopravvivenza, non esiste la vita dopo la morte”….
In conclusione, il dott. Di Lieto, evidenzia: “ … Rilievo questo che aiuta quelli che negano la vita ultraterrena e negano l’esistenza di Dio. Tra scettici e agnostici, senza grosse differenze, mi ci metto anch’io”.
Qui di seguito l’articolo del giudice Michele Di Lieto
Michele Di Lieto, anni 85, è stato magistrate prima che scrittore, ha scritto di tutto. Romanzi, racconti, novelle, scritti di diritto, note politiche. In questa nota l’Autore affronta problemi esistenziali, la vita, la morte, la vita ultraterrena, l’esistenza di Dio. Senza pretese di completezza trattandosi di argomenti che qui sono condensati come si conviene a una nota, mentre nel corso dei secoli hanno formato oggetto di trattati interi.
Michele Di Lieto ringrazia ancora una volta l’amico dott. Nicola Nigro, per l’ospitalità che gli è stata sempre concessa, sulla la testata on line “il Sud”, di cui è Direttore.
Pochi anni fa, a cavallo tra secolo vecchio e secolo nuovo, ha ripreso vigore un dibattito antico quanto Dio. Fin dai tempi più remoti, a partire dal buddismo indiano. Duemila e cinquecento anni prima di Cristo. Se ne sono occupati storici, filosofi, teologi, liberi pensatori, compatibilmente, si intende, con lo stato delle conoscenze acquisite. Il contrasto che dà luogo al dibattito verte sui problemi fondamentali dell’esistenza: la vita, la morte, la vita ultraterrena, e si chiede se tutto finisce con la morte, se non esiste una specie di trapasso che consente alla vita di proseguire sotto alter forme. Strettamente collegato è il quesito: esiste Dio?
Il dibattito attuale, numericamente dominato dalle correnti di pensiero che ritengono essenziale una forma di sopravvivenza, ed affermano l’esistenza di Dio, è stato alimentato, a giudizio di chi scrive, da due cause parallele: il progresso scientifico, che ha toccato vertici mai raggiunti prima, e la crescita dell’età media della popolazione, che giunge ai centenari meno raramente che prima. Come è noto, i progressi registrati in medicina, in biologia, in chirurgia, in astronomia, in antropologia, in tutte le scienze ormai, hanno reso possibili interventi mai studiati prima. Anche se ciascuno apporta il suo contributo a seconda delle sue conoscenze (col rischio che le nozioni acquisite in un ramo possano confondersi e sovrapporsi con quelle di un altro). Un esempio di commistione ci è fornito dalle centinaia di convegni scientifici organizzati con cadenze periodiche in ogni parte del mondo e dallo spazio che vi dedica la stampa anche non specialistica purché di grossa tiratura. Apprendiamo così dal NYT che i moderni sistemi di rilevazione (i telescopi stellari: permettono oggi di quantizzare il mondo di stelle e pianeti che girano vorticosamente assieme a noi nell’universo infinito. Cifre da capogiro. Duecento trilioni, dico trilioni, di corpi stellari, di cui una parte, ma solo una particella, è occupata dalla Via Lattea, a una velocità di milioni di anni luce. Orbene, tenuto conto del fatto che ogni stella si porta appresso uno o più pianeti, deve ritenersi del tutto improbabile che in questi pianeti non si trasmetta una vita analoga alla nostra. Ora, è ben vero che per vita ultraterrena si intende anche quella che esiste, o dovrebbe esistere fuori del nostro pianeta, ma è altrettanto vero che fino a ieri l’altro il concetto di vita ultraterrena è stato limitato alla vita che esiste, o dovrebbe esistere dopo la morte. Collegare alle dimensioni dell’universo un fenomeno, che non spiega perché una vita analoga alla nostra sia la stessa che sopravvive, se sopravvive, alla morte degli umani, questa conclusione a me pare azzardata. Come mi sembra azzardato collegare i movimenti planetari, le precisioni estreme di quello che gira attorno a noi, all’esistenza di un creatore, che non può essere che Dio. Resta un dubbio amletico. Se Dio è il Creatore chi ha creato Dio?
Quanto all’età, oggi l’uomo raggiunge facilmente i novant’anni, meno facilmente i cento. Ce ne sono che si portano appresso gli acciacchi dell’età, dai disturbi vascolari alla demenza senile: ma ci sono anche di quelli che a novant’anni, o poco meno, osano mostrare tutta la forza polemica di cui sono dotati (si tratta in genere di politici che hanno conservato intatte le facoltà mentali, e sono capaci di reggere il peso di una conferenza stampa). Cambiano così anche le attività, le aspirazioni di ciascuno: e la domanda ricorrente non è più la stessa, ci arrivo o non arrivo, ai cento anni, ma l’altra: come ci si arriva?
Quanto all’esistenza di Dio, la risposta è più semplice. Chi crede non può negare l’esistenza di un sommo Creatore, come chi non crede, non crederà neppure sull’esistenza di Dio. Sulla religione e sulla fede, da fronti opposti, si sono inventati il dogma: credo perché credo e basta. E chi non crede? Solo il credente attinge alla superstizione per giustificare la sua fede. Ne sono esempio tipico i miracoli, qualcosa che è privo di valore scientifico e sconfina nel soprannaturale. La guarigione ad esempio da una malattia considerata incurabile. In questo caso, nessuno ci assicura che quello che viene considerato incurabile oggi possa diventare curabile domani: il che toglie ogni valore ai giudizi di scienziati anche di alto livello, che nel contrasto tra religione e scienza optano per la prima. Oppure il caso di un investimento evitato per un soffio: è capitato a me l’altro giorno. L’autista della vettura non mi ha toccato, con una deviazione arrischiata non mi ha toccato, ma sono egualmente caduto (un eccesso di precipitazione, una perdita di equilibrio), riportando lesioni alla fronte giudicate fortunatamente non gravi al primo posto di pronto soccorso. Ripeto: l’incidente, inteso come scontro, non si è verificato. Non sono stato toccato, sono caduto da solo. Se appena mi avesse toccato, l’automobilista (che tra l’altro è scappato), mi avrebbe tolto la vita. Hanno tutti parlato di miracolo. Un cero a Sant’Antonio, hanno sentenziato gli operatori sanitari del pronto soccorso, e sono andato via. Mi è rimasto un grosso bitorzolo nella regione frontale, che ancora mi duole. Ma è stato un caso, e solo un caso, il miracolo non c’entra. In questi casi, la religione viene evocata per la forza della tradizione, in ciò che si tramanda di padre in figlio, senza che alcuno possa controllare ciò che ha detto il primo – Chi non ha fede rifiuta la tradizione, perché non ne ha bisogno. Per l’ateo tutto finisce con la morte, non vi è trapasso tra vita terrena e vita ultraterrena, affidata al peso della tradizione, non controllata né controllabile.. Alla vita terrena non se ne sostituisce un’altra, la vita dello spirito. Per quanto mi riguarda, e per quanto possa valere il parere di un agnostico, la mia è una posizione cambiata col tempo: alla fede dell’età infantile, col seguito di preti, rituali, sagrestie e seminari, si è sostituita col passare degli anni una visione più razionale, pervasa dal dubbio. Alla fede dell’infanzia si è sostituita una visione più razionale. incrementando il dubbio. Alla fine è prevalso il dubbio.
E’ comparso lo scettico, e poi l’agnostico, e poi l’ateo, il senza Dio. Io sono un senza Dio. La soluzione mi pare più logica, più personale: soprattutto mi evita cambiamenti di rotta, dovuti più spesso di quanto non si creda, a paure, anche inconsce, senz’altro più difficili da superare (molto più facile, più percorribile, essendo l’idea del trapasso da una vita all’altra, da quella fisica a quella ultraterrena). A questa mia soluzione hanno sicuramente contribuito i raffronti tra morte fisica e morte delle altre specie naturali. Se muore il rametto di carrubo di fronte a casa mia, e nasce un altro rametto diverso dal primo, nessuno penserà che il vecchio rametto sia stato sostituito dal nuovo per affrontare una vita diversa, non sappiamo quale. Perché la stessa cosa non si può dire dell’uomo, che non lascia traccia in una vita ultraterrena ed affermare senza più dubbi che le credenze religiose, quelle che chiamano fede, non trovano altra giustificazione se non la tradizione, che sconfina nella superstizione. E io dovrei aderire all’opinione corrente per effetto della tradizione che sconfina nella superstizione? E quanto dura la tradizione? Quanto ci è voluto perché entrasse nella coscienza del singolo la consapevolezza che delitti praticati per secoli non trovino alcuna giustificazione morale, penso alla corruzione, alla simonia. E chi ci assicura che forme di corruzione altrettanto invasive non esistano anche nel mondo di oggi? E io dovrei credere alla vita ultraterrena solo per effetto di una tradizione, che non si sa quanto duri, quanto sia durata in passato, quanto durerà in futuro. Come ognun vede, si tratta di questioni assai delicate, che assillano l’uomo dalla notte dei tempi, per lo meno dai tempi dei buddisti indiani, due tremila anni prima di Cristo. Lascio immaginare quanti sconvolgimenti, quante distorsioni, quante variazioni si siano verificate nel corso dei secoli nella pratica religiosa. In omaggio alla tradizione. La mia soluzione è la più semplice, la più coraggiosa. Non esiste sopravvivenza, non esiste la vita dopo la morte. Quello della sopravvivenza o è una sciocchezza o, se esiste, non è soggetta a prova, e per uno come me, abituato al sapere scientifico ma anche alla logica giuridica, è come non esistesse affatto. Quanto all’esistenza di Dio, che nasce, lo abbiamo visto, dalla religione e dalla fede, è stato anch’esso un problema dibattuto, dai Greci, dai filosofi medioevali a Marx e a Nietzsche. Quello che sorprende però e che, quale che sia la soluzione, essa si basa sul ragionamento logico, senza alcun riferimento a dati scientifici. Rilievo questo che aiuta quelli che negano la vita ultraterrena e negano l’esistenza di Dio. Tra scettici e agnostici, senza grosse differenze, mi ci metto anch’io.
Michele Di Lieto (agosto 2025).