Mezzogiorno: lo sviluppo possibile attraverso la valorizzazione delle risorse locali, senza se e senza ma

Un Progetto per le Aree interne del Paese (*)
di Cosmo Guazzo

(*) Riflessioni, che prendono spunto dalle conclusioni del Seminario “Nuove strategie per la programmazione 2014-2020 della politica regionale: le aree interne” – (Roma, 15 dicembre 2012).

Le aree interne,

confronto tra “Testimoni privilegiati”

Cosmo Guazzo


S’adda i addu patutu e no’ addu saputu” – Bisogna rivolgersi alle persone che hanno sofferto e non alle persone istruite. “I territori sono sacri”. “Le aree interne sono a rischio abbandono”. Questi sono i due filoni da sviluppare.
Quali proposte, allora, si possono attivare, per un rilancio politico, economico e sociale di questi territori! Occorre avviare, “in primis”, un dibattito sulle aree interne, dando voce “ai testimoni privilegiati”. La linea e il filone sono sempre intesi, per recuperare un possibile raccordo e lanciare delle proposte condivise, per il rilancio delle aree interne.
Il problema di queste aree, da alcuni anni sta diventando una preoccupazione non tanto e non solo del Meridione ma, di tutta l’Italia. In questo lavoro di analisi e di documentazione a favore delle aree interne del Meridione ed in particolare del Cilento, è interessante, far parlare, “I testimoni privilegiati”, che operano nelle zone interne e per le zone interne, in ossequio ai loro rispettivi ruoli (professionali, politici, sociali e personali).
La metodologia che si può seguire, sulla falsa riga di quanto dichiarato da autorevoli protagonisti, è indicata dalle loro citazioni, che riporto integralmente: Papa Paolo VI diceva che “non abbiamo bisogno di maestri, ma di testimoni”. Papa Francesco, dice: “Il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di testimoni!”.
“Le Aree Interne rappresentano una parte ampia del Paese – circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione – assai diversificate al proprio interno, distanti da grandi centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili ma, tuttavia dotate di risorse che mancano alle aree centrali, con problemi demografici ma anche fortemente policentriche e con forte potenziale di attrazione”. Intervenire, nel contempo, in modo deciso, con un impegno politico, che nello stesso tempo, diventa doveroso e sfidante.
L’intervento, richiede una visione d’insieme, un’azione coordinata e una mobilitazione di “comunità”. Richiede attenzione sul fatto che da queste aree vengono beni necessari per tutti noi: acqua, aria buona, cibo, paesaggi, cultura.” …”Terra e cultura” più che “cemento e uffici”. Prodotti tipici da consumare, non solo nelle sagre. Canti e teatro al posto delle betoniere. Svuotare le coste e riportare le persone sulle montagne.
Sistemare le strade provinciali, togliere le buche, restaurare i paesaggi, le pozze d’acqua per gli ovini, ripulire i fiumi, i torrenti. Ora al sud si fanno buoni vini, ma il pane potrebbe essere migliore. E così pure il latte. Imparare a fare il formaggio. Dare ai giovani le terre demaniali. Coltivare un pezzo di terra… (Franco Arminio, paesologo)” …
Nell’ultimo secolo, è l’abbandono delle aree agricole, il fenomeno più rilevante, pari a circa 100.000 ha. all’anno, a cui segue la forestazione post abbandono. … È necessario operare una revisione critica del modello di sviluppo, prendendo atto, che i sistemi agroforestali, costituiscono parte fondamentale di quel “capitale” su cui si fondano le possibilità di sviluppo economico e di conservazione ambientale, ma sono indissolubilmente legati all’opera dell’uomo. …
Sviluppare una pianificazione che punti a realizzare una efficace integrazione dei processi sociali, economici ed ambientali, riducendo la polarizzazione fra sistemi produttivi e sistemi naturali, fra società urbana e società rurale”. (Mauro Agnoletti, Università di Firenze).

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