Di Lieto: non odio le donne. La storia della professoressa di Prato con il suo giovanissimo studente, stravolge ogni regola del buon senso socio-morale?



Michele Di Lieto*: non mi vorrei trovare nei panni di chi dovrà giudicare la donna e il bambino

L’uomo di Prato, sposato e già padre di un bimbo, che si è scoperto padre illegittimo di un altro figlio, nato dalla relazione della moglie con un quattordicenne molto più giovane di lei: di questo tratta l’ultimo articolo di Michele di Lieto.
Il marito della donna, padre del bimbo solo in apparenza, pare che abbia perdonato la moglie e non abbia “niente da rimproverare” alla donna con cui vive e ha messo al mondo un bambino, per la relazione allacciata con un ragazzino.
Il dottore Di Lieto si chiede: della donna sì può dare un giudizio?
In particolare non per il fatto che abbia tradito il marito (che sembra l’ami anche oltre il consentito), ma più semplicemente per il male che ha fatto.
In tutto questo, non va dimenticato che la donna è imputata del reato previsto dagli articoli 609 bis e quater del codice penale per cui non si tratta di una cosa di niente.
*Magistrato di appello in pensione ed autore di diversi libri e romanzi

“Anche il killer può far pena

Il giudice Michele Di Lieto

Non odio le donne: mi sono sposato, tardi l’ho fatto, ma conosco le donne e so l’amore cos’è. Odio invece il femminicidio, l’estrema forma di violenza contro la donna perché donna. Non odio il giudice donna che ha concesso le attenuanti generiche al marito separato che l’aveva ammazzata: le riconosco anzi il coraggio di aver saputo contemperare la gravità del fatto col sentimento di pena provato per l’imputato, perché “anche il killer può far pena”. Fatte queste premesse, che dovrebbero servire a capire che penso delle donne in generale, debbo tuttavia confessare che sono rimasto l’altro giorno leggermente perplesso (solo leggermente, perché nella torre di babele che avvolge qualsiasi aspetto della vita italiana è oggi difficile distinguere anche il giornalista serio da quello meno impegnato) nel leggere non so più dove un pezzo dedicato all’uomo di Prato, sposato e già padre di un bimbo, che si è scoperto padre illegittimo di un altro figlio, nato dalla relazione della moglie con un quattordicenne molto più giovane di lei (e anche di lui). Dal pezzo del giornale e dalla ricostruzione giornalistica l’uomo ne esce esaltato al limite del sacrificio personale (che mi sembra troppo). I fatti. La donna, infermiera, insegnante a tempo perso, si offre di far lezioni private al ragazzo, vicino di casa, studente alle medie e bisognoso di aiuto. Nasce tra professoressa ed allievo una relazione amorosa che porta alla nascita del bimbo. Che somiglia (o sembra somigliare: la scoperta avviene col bimbo a sei mesi) talmente al ragazzino, da tutti (sembra persino dalla donna che lo ha partorito) indicato come padre naturale del bambino. Vengono a conoscenza del fatto i genitori del ragazzo padre, che sporgono denuncia. Di qui le indagini, di qui il processo (contro l’infermiera professoressa imputata di violenza sessuale su minorenne, 12 o 13 anni al momento del concepimento): viene ordinata l’analisi del DNA che conferma tutto quanto era stato oggetto di illazioni e chiacchiere di paese: il minorenne è il padre del bambino. E il marito della donna, padre dell’altro bambino? Le notizie sono scarse. Gli inquirenti cercano di tutelare il segreto istruttorio: a ragione, perché qui trovano spazio, e debbono essere egualmente tutelate, la ricerca del materiale di prova e la curiosità della gente. Pare che il marito della donna (che aveva naturalmente registrato il secondo figlio allo stato civile) si sia lasciato andare ad affermazioni tipo: Gli ho fatto da padre, continuerò a farlo. Pare che il marito della donna, padre del bimbo solo in apparenza, abbia perdonato la moglie, rea di avere allacciato una relazione e di avergli dato un figlio senza che ne sapesse niente. Pare insomma che il marito della donna non abbia niente da rimproverare alla donna con cui vive e ha messo al mondo un bambino. Se questo fosse vero, e ho già detto che occorre estrema cautela, le parole del marito tradito (al quale non può essere imputata neppure sotto il profilo indiziario la tempestiva registrazione allo stato civile) sarebbero comunque meritevoli di stima: ma da questo a farne un eroe, protagonista dell’apologia (che mi è sembrato di scorgere nell’articolo letto), ce ne corre. Non è mia intenzione dare qui una valutazione (necessariamente approssimata e superficiale) della condotta dell’uomo tradito. Ma della donna sì, posso dare un giudizio. Che deve essere necessariamente un giudizio negativo. Non perché abbia tradito il marito (che sembra l’ami anche oltre il consentito), ma più semplicemente per il male che ha fatto. Lo ha fatto a se stessa, non potendo più sottrarsi a vicende destinate a segnarne la vita. Lo ha fatto al marito, anche se nega (e come può negare) di averlo tradito. Lo ha fatto al padre-bambino, che si ritrova padre mentre i suoi coetanei sono ancora bambini, lo ha fatto al bambino che è nato, che non si sa né come né quando conoscerà il vero padre, lo ha fatto ai genitori del ragazzo padre, persone offese dal reato, che si saranno anche pentiti di aver dato vita (con la denuncia) al processo che ne è seguito. Veramente, non mi vorrei trovare nei panni di chi dovrà giudicare la donna e il bambino. Per la donna, si tratterà di un processo normale, e vi farà seguito una sentenza normale. Processo penale. La donna è imputata del reato previsto dagli articoli 609 bis e quater del codice penale: e il processo è un processo vero, non è uno scherzo, e non può non meravigliare che qualcuno abbia accusato il giudice e i mass media di aver dato notizia del DNA e degli esiti del DNA, invocando la tutela della privacy per una ordinaria ricerca dei mezzi di prova (che avrebbe dovuto fare l’inquirente per accertare chi fosse il padre se non ricorrere al DNA?). Sentenza penale. Non vorrei trovarmi nei panni di chi dovrà irrogare la pena, sempre e quando una pena sia irrogata. Pena che comunque dovrà tener conto della peculiarità del caso concreto, che somiglia sempre più a una tragedia familiare. Per il ragazzo, divenuto uomo prima del tempo, ci sarà molto probabilmente l’intervento di un centro sociale o di un qualsiasi ente di assistenza. Sarei proprio curioso di sapere l’esito di una perizia sul giovane quando sarà adulto, quando si sarà attenuato lo shock emotivo e si sarà colmata la morbosa curiosità che avvolge la vicenda. Per il momento basta. Niente elogi, niente apologie. Resta del fatto una profonda tristezza, che mi auguro possa essere sanata, per i protagonisti della storia, per me che scrivo.


Michele Di Lieto

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