Il giudice Di Lieto esamina il caso di Monterotondo sulla legittima difesa: i limiti della nuova legge

Il dr. Michele Di Lieto, giudice in pensione, collaboratore di questo giornale, ha deciso, in questi ultimi tempi, di dedicarsi ad analisi più specificamente politiche, relative alle ultime esperienze di governo. Non mancano commenti a leggi recenti (la riforma della legittima difesa) o a fatti di cronaca ancora più recenti, come quello che qui pubblichiamo.

Decima novità!

Il dott. Di Lieto

E qui avrei finito il discorso sulla legittima difesa, se non si fosse verificato quello che i mezzi di informazione definiscono il primo caso di legittima difesa dopo la riforma (che, tra l’altro, non è entrata ancora in vigore). E’ successo questo. A Monterotondo, nei pressi di Roma, un giovane, ventinove anni, ha lasciato esplodere colpi di pistola (regolarmente denunciata: il ventinovenne, appassionato d’armi, fa tiro per hobby) contro tre ladri, o presunti tali, che si erano introdotti in casa, ferendone uno gravemente all’addome. Il fatto si è verificato di pomeriggio, nel tardo pomeriggio di tre giorni fa. Il ferito, sedici anni, è stato accompagnato (probabilmente dai complici) e abbandonato all’ingresso dell’Ospedale Gemelli, dove è stato ricoverato e sottoposto ad intervento chirurgico: i medici non disperano di salvarlo. Le circostanze di fatto non sono state chiaramente accertate. Pare che gli inquirenti, più o meno alla stessa ora in cui si verificava l’aggressione al domicilio di chi ha sparato, abbiano ricevuto da persona diversa denuncia per tentata rapina. Pare che i due fatti siano stati collegati e che, prima che il ferito venisse ricoverato, tentato furto e tentata rapina siano stati considerati compiuti ai danni della stessa persona. Di qui informazioni lacunose od ambigue, che non hanno facilitato una ricostruzione sicura: ricostruzione che resta ancor oggi affidata alle parole dello sparatore. Vediamole assieme. “Se non fosse entrato nella proprietà, ha dichiarato, tutto questo non sarebbe successo. Sono le parole di Salvini? Forse no, ma il discorso è quello”. “Come è accaduto a me, poteva accadere a un vicino, o a mia madre mentre io non c’ero. Questo è il fatto che mi ha scosso di più, l’imprevedibilità di un evento simile”. Ancora: “C’è stata questa intrusione in casa. Ho sentito dei rumori, sono andato a prendere la pistola in cassaforte. Poi sono andato verso la stanza dalla quale provenivano i rumori. Ho sparato e loro si sono dati alla fuga”. E infine: “Quanti colpi ho sparato? Non lo sapevo. La cosa che mi ha colpito è che il rumore dei colpi, sotto l’effetto dell’adrenalina, sembrava rumore di miccette”. Sarei molto cauto nel valutare queste dichiarazioni. Può darsi, e non c’è motivo per non credere al feritore, che esse rispondano alla verità dei fatti. Ma le dichiarazioni sono così infarcite di termini tecnici (“entrato nella proprietà”, “imprevedibilità dell’evento”, “intrusione in casa”,”sotto l’effetto dell’adrenalina”) che sembrano uscite dalla bocca di un esperto che abbia studiato la legge o dalla bocca di chi abbia seguito sui media, ma con estrema attenzione, le vicende della legittima difesa. Lo stesso espresso riferimento a Salvini, da tutti considerato autore della riforma, conferma questa impressione, e può ingenerare il sospetto che si tratti di dichiarazioni dirette a costruire una linea difensiva che, sia applicabile o meno la nuova disciplina, potrebbe valere ad escludere la punibilità di chi la invoca. Per questo, prima di pronunciarmi, attenderei un ulteriore approfondimento (sia da parte della polizia giudiziaria, sia da parte del Pubblico Ministero che pare non abbia ancora deciso se iscrivere o meno il feritore nel registro degli indagati). Certamente, non mi farei sorprendere dalle battute di Salvini (“se non avesse fatto il rapinatore starebbe bene a guardare Ballando con le stelle”), il quale, tra l’altro, sembra dare per scontato che il fatto ricade nell’ambito di applicazione della nuova disciplina. Cosa da escludere, la nuova legge essendo stata solo promulgata, forse neppure pubblicata: e solo la pubblicazione lascia decorrere il tempo (I famosi quindici giorni di vacatio) per l’entrata in vigore. Il fatto del quale si discute è quindi soggetto alla vecchia disciplina: e l’indiziato, se verrà indiziato, non potrà neppure godere delle nuove e più ampie presunzioni introdotte da Salvini. Faccio qui notare che le circostanze di fatto, che occorre ancora accertare, sono legate alle dichiarazioni del feritore. In base a queste dichiarazioni diamo tutti per scontato che le tre persone sorprese nell’abitazione fossero ladri o rapinatori. Ma, anche se ciò fosse vero, dove sarebbero le altre condizioni della legittima difesa? Dove sarebbe l’attualità della reazione, dove la necessità di difendere sé e i propri beni, dove la proporzione tra beni in gioco, se l’offeso, inizialmente aggredito, corre ad armarsi e torna a sparare? Su questo punto, che sembra togliere qualsiasi valore alla vita, anche se la vita appartiene a chi delinque, e che io stesso ho denunciato come vizio di destra della nuova riforma, ho letto nel numero del 28 aprile della rivista on line Today, un commento di Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (OPAL) di Brescia, che voglio qui riprodurre a beneficio del lettore più attento. Vediamo. “Stanno emergendo, scrive l’analista, impulsi a farsi giustizia da soli, che la propaganda della difesa “sempre” legittima ha sdoganato e sta ampiamente alimentando. Quello che sorprende in questo come in altri casi recenti è, infatti, che non solo non risulta alcuna minaccia in atto, ma che il proprietario, armandosi di pistola, va ad affrontare i ladri”. E qui, aggiungo io, dove sono finite le discussioni sul commodus discessus o comoda ritirata? L’analista conclude il suo intervento, rilevando, lui che è un esperto d’armi, e già si è pronunciato sugli effetti della riforma prima ancora che fosse approvata (vedi intervista a “Pressenza”, agenzia di stampa internazionale per la pace, del 16.3.2019) rilevando che il possesso di armi in casa “rappresenta una formidabile tentazione di usarla”: di qui la necessità di rivedere in senso restrittivo le norme sulle licenze, ed esercitare controlli più ampi: che, detto fra noi, è l’esatto contrario di quello che sostiene chi ha voluto la riforma della legittima difesa, la Lega essendo pronta, già dopo l’approvazione della legge, a rivendicare norme a favore, non a sfavore, di chi fabbrica e di chi vuole possedere armi, non solo in casa.


Michele Di Lieto

About Redazione