La relazione all’Assemblea pubblica, in occasione dei 100 anni dell’Associazione, del Presidente della Confindustria di Salerno Andrea Prete, con la partecipazione del Presidente Nazione Confindustria Vincenzo Boccia, presenta molti spunti interessanti che meritano qualche riflessione, mentre la cosiddetta “ abstract “ per la stampa la riproponiamo, qui di seguito, in allegato Pdf.
Da tempo ci stiamo occupando dello sviluppo e dell’occupazione nel Sud, ma alla luce dei fatti siamo inascoltati. I problemi riguardano, tuttavia, l’intero Paese.
La sua classe dirigente, in 150 anni di Unità, ha dimostrato di valere ben poco, se un procuratore della Repubblica afferma che essa è peggiore della mafia. Ed il presidente della regione Calabria condivide e sottoscrive. Una risposta da far cadere le braccia.
L’unica spiegazione possibile è legata alla cultura del suddito, per cui nulla cambia e nulla deve cambiare. Questo presidente appena insediato, a ragion veduta, avrebbe potuto passare alle vie spicce, accantonando chi remava contro, bloccando, come spesso avviene, la macchina amministrativa, immettendo forze fresche, oneste, magari comandate da altre amministrazioni. Per invertire, ad esempio, il ritmo di spesa dei fondi ad essi assegnati, oggi pari al misero 10-15 per cento della capacità di spesa.
Giustamente, il Presidente Prete denuncia: “… il nemico numero uno resta l’eccesso di burocrazia, letteralmente il «potere degli uffici, l’intero sistema imprenditoriale italiano spende oltre 57 miliardi di euro all’anno per espletare gli adempimenti, i permessi e tutte le pratiche burocratiche richieste dall’amministrazione pubblica».
Viene spontaneo chiedersi: perché non si arriva una volta per tutte ad una semplificazione reale e non di facciata?
Perché i governanti non ascoltano chi meglio sa di queste cose?
Qualcuno di loro dice: “ Siamo davvero messi male. Ma perché?
Nessuno sa effettivamente come stanno le cose! Nemmeno i governanti a qualsiasi livello. Sono proprio loro i veri colpevoli. Perché la gente li vota?
E’ questo il problema.
Sulla questione, Platone scriveva: “Una delle punizioni che ti spettano per non aver partecipato alla politica è di essere governato da esseri inferiori”.
Il presidente Prete evidenzia, nella sua relazione, le possibili cause di questo “dramma” tutto italiano, con le cifre. “Nel nostro Paese si stima che ci siano 160.000 norme, di cui 71.000 promulgate a livello centrale e le rimanenti a livello regionale e locale. In Francia, invece, sono 7.000, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3.000. Abbiamo provato a censire gli adempimenti cui sono sottoposte le imprese: 22 pagine di documenti da presentare in materia ambientale, privacy, lavoro, sicurezza, export, solo per tenere conto di aree trasversali alla gran parte di esse. Atti ridondanti, spesso di difficile interpretazione, tanto che le verifiche ispettive il più delle volte non sono oggettive”
Il ragionamento porta ad una reazione di sconforto, allontanando la speranza di un qualche miglioramento o inversione di tendenza: tante leggi, la burocrazia che la fa da padrona, politici vanagloriosi che la sera dicono una cosa ed il mattino successivo l’opposto. Ma davvero si può sopportare che tutti parlano, parlano a vuoto, quando occorrerebbe partire dalle cose semplici semplici.
Per un appalto poche regole ma chiare e semplici, con una chiara responsabilità individuale, civile e penale.
E’ chiaro che, con il contributo di tutti, anche il piccolo agricoltore potrebbe campare onestamente senza preoccupazioni, sapendo che i suoi prodotti sono pagati nella logica di costi-ricavi per tutta la filiera.
Allo stato attuale, mi raccontava un agricoltore, per esempio, un chilo di fragole viene pagato un euro 1,50 dal grossista, mentre, al pubblico, il costo è di 6, 00 euro. Il fatto più grave è che, per i costi alti, la gente non mangia fragole, per cui finiscono per marcire nel terreno, perché non trovano mercato.
Insomma, siamo in un’Italia fatta di “se” e di “ma” e non si sa da dove cominciare, perché, soprattutto in questi ultimi venti anni, la classe dirigente ai vari livelli ha rivelato tutta la sua inadeguatezza, rivelandosi incapace di dare una soluzione ai problemi che diventano sempre più pressanti.
Non parliamo della Legge finanziaria ed il connesso mercato delle vacche. Come da tradizione, la classe politica nell’ultimo quadrimestre dà il peggio di se stessa. In merito a questa lotteria, il presidente Prete ha parlato della “plastic tax”, giustificata con un’attenzione verso la sostenibilità ambientale. Nel Salernitano, questo settore ha un fatturato di circa un miliardo ed occupa circa 5000 persone, compreso l’indotto. Dalla mattina alla sera, esso deve cambiare la sua programmazione. Una classe dirigente seria si mette intorno ad un tavolo e trova una soluzione equa tra interessi dei cittadini, delle aziende, dell’ambiente e delle casse dello Stato.
Altro problema, affrontata nella relazione della Confindustria che davvero dovrebbe far riflettere. Il tasso di abbandono scolastico dei ragazzi e delle ragazze italiane è ancora peggiorato nell’ultimo anno, raggiungendo il 14%. Questo potrebbe anche significare che le famiglie in grosse difficoltà economiche mandano i ragazzini a lavorare e questo uno stato democratico non può permetterselo. Occorre aiutare le famiglie non a parole, ma con i fatti, concretamente.
Un altro punto dolente emerge da questa analisi a tutto campo.“Una mancata attenzione che viene da lontano, ma che si è acuita quando si è scelto di spostare – per meri fini elettorali – le risorse dalle imprese alle persone: leggi quota 100 e reddito di cittadinanza. Sono stati sprecati 20 miliardi, senza che questi provvedimenti fossero utili a creare occupazione o a facilitare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro”.
Per una società civile e democratica, i pilastri di primaria importanza dovrebbero essere la Scuola e la Giustizia, ma in Italia questo sta diventando un optional, visto quello che succede ai ragazzini sopra accennato.
Per la giustizia spesso ci troviamo di fronte a magistrati che a volte si comportano come burocrati. Ma c’è qualche spiraglio. Per fortuna non tutti si comportano così e ci sono anche magistrati che si calano nella realtà e trovano la giusta soluzione la cui decisione conduce alla giustizia.
E’ il caso di una sentenza, di qualche anno fa, che fece un po’ da apri pista, del Tribunale di Firenze che non condanna l’imputato, nonostante non abbia corrisposto all’erario 176 mila euro di Iva.
Secondo il giudice, il soggetto si era trovato in grave difficoltà per aver incassato la metà (1, 5 milione di euro) delle spettanze da una società, a cui aveva fatto dei lavori.
La somma era stata utilizzata per pagare gli stipendi dei dipendenti ed i fornitori, per completare nei tempi i lavori.
Conclusione: il fisco ha incassato i soldi, l’imprenditore non è fallito ed il Giudice ha capito le regioni delle parti, emettendo una sentenza giusta ed equa che oggi consente a quell’imprenditore di continuare a produrre per sé e per gli altri. Ma è sempre così?
No, perché troppo spesso lo Stato è distante. Nel caso di specie, l’imprenditore, la burocrazia ed il Tribunale sono stati impegnati, dal 2007, a rincorrere un qualcosa che, con un po’ di logica, poteva essere ottenuto in pochi mesi, con buona pace per tutti.
Da inguaribili ottimisti, pensiamo che, nonostante tutto, qualche speranza si possa ancora nutrire. Non si sa fino a quando.
Fernando Iuliano*
Allegato_ relazione_abstract stampa
*Docente e presidente dell’Associazione “il Sud”