Un Governo dall’alleanza Salvini-Di Maio alla formazione del governo Di Maio-PD, le parole e gli insulti non hanno più senso in un’Italia che sta precipitando sempre più giù

Il dott. Michele Di Lieto, magistrato in pensione, nostro  collaboratore, ci fa pervenire questo pezzo, che chiude il lavoro non ancora pubblicato su Salvini e Di Maio, ”sovranisti al potere”.  il brano è il grido di dolore, la confessione desolata del magistrato scrittore che non cessa di farsi ammirare per le sue opinioni.

E qui, dovendo concludere, e concludere sul serio, dovendo allacciarmi all’inizio, debbo ammettere che anche questo saggio si sottrae agli impegni assunti col lettore. Disegno iniziale (progetto di massima) era quello di analizzare l’esperienza di governo Salvini-Di Maio, così anomala da potersi definire eccezionale, e di dare un giudizio sull’ultimo anno di vita politica italiana. Ma il precipitare degli eventi, la rottura repentina dell’alleanza, la successione di alleanze tra forze politiche che niente avevano in comune, la formazione di un nuovo governo che sembrava nascere con le stimmate del primo, mi hanno indotto ad estendere l’indagine alla fine dell’alleanza Salvini-Di Maio, alla formazione del governo Di Maio-PD,  ai primi passi del nuovo governo: dal che è nato il saggio come appare finito, con un tema di indagine  ampliato  rispetto al previsto, e con un giudizio che copre non solo la esperienza di governo Salvini-Di Maio, ormai esaurita, ma anche l’esperienza Di Maio-PD, non ancora esaurita ma in via di esaurimento. Debbo però sottolineare che mai come stavolta queste modifiche, queste variazioni non si traducono in danno per il lettore. Perché l’ampliamento dell’analisi, la possibilità di esprimere un giudizio, fondato su due esperienze di governo anziché una, la valutazione di somiglianza che copre l’una e l’altra, dovrebbero fornire un quadro più completo, se possibile definitivo.

Il giudizio non può essere che negativo. Per la prima e per la seconda esperienza. Per la prima non vedo che si debba aggiungere a quello che ho detto sul conto del Movimento, sul conto di Di Maio. Non ho forse detto abbastanza di un Movimento politico nato sotto il segno del cambiamento, che aveva fatto nascere tante speranze tutte rimaste deluse?

E non è forse abbastanza quello che ho detto su Di Maio, definito volta a volta politicamente “incapace”, “attaccato alla poltrona”, “voltagabbana”, non so che altro? Il discorso sarà necessariamente più lungo per la Lega, per Salvini, senza trascurare valutazioni diverse, comunque proposte ma  comuni ad entrambe. Una delle critiche che viene generalmente fatta alle forze politiche che hanno dato vita alle ultime esperienze di governo è quella che si fonda sulla mancanza  di una idea ispiratrice, di un ideale comune. Ma un ideale comune suppone una comunanza di intenti, una visione unitaria dei problemi, uno spiraglio di luce egualmente diffusa. E qui bisogna rassegnarsi: perché per ogni problema, anche il più blando, si affacciano idee diverse, diverse soluzioni: che riflettono la diversità di fondo tra forze politiche diverse, tanto diverse che non potevano e non possono essere fuse. Non possono, perché lo stesso problema, per blando che sia, nasconde una diversa visione, quella propria ai singoli partiti, non quella che nasce da una sintesi intelligente e riflette gli interessi del paese. Il che giustifica il continuo tentennare, il continuo cambiare idee, il continuo tergiversare di forze politiche che non hanno mai interrotto il gioco elettorale, tanto da suggerire l’idea che le elezioni non sono mai finite. Si badi che persino alle elezioni partiti e movimenti si presentavano separati, in competizione tra loro, e si scambiavano accuse infamanti, protratte fin quasi alla composizione dei governi. Faccio un esempio, il primo che mi viene in mente. Il secondo governo Conte, che faceva seguito alla rottura di Salvini e alla alleanza M5S – PD, entrò in carica ai primi di settembre del 2019, quasi senza interruzione con l’alleanza M5S – Salvini e il primo governo Conte. Bene: nel giugno del 2019, era scoppiato in Italia il caso Bibbiano, una inchiesta su presunto commercio di minori, prontamente cavalcato dalle forze di destra (il sindaco di Bibbiano era un piddino) per coprire di fango non solo il sindaco, ma operatori sanitari e assistenziali e non so chi altro. Il caso, alimentato da una forsennata campagna di stampa, era destinato a sgonfiarsi, ma Lega e M5S lo avevano sfruttato per fini di partito, e Bibbiano era assurto a simbolo di abuso e di corruzione. Si era arrivati al punto che l’affronto meno grave dell’uno all’altro partito era questo: “voi siete quelli di Bibbiano”. Ora, che lo stesso Movimento fosse pronto ad allacciare una relazione politica col partito investito dallo scandalo e a formare il nuovo governo col PD dopo averlo pesantemente insultato,  questo non è facile da capire. Soprattutto perché lo stesso Movimento è stato spesso costretto a rimangiarsi quel che aveva detto solo qualche mese prima sul conto del PD prima avversario, poi alleato di governo. Ma il fenomeno, vistoso in qualche caso, meno in qualche altro, si sarebbe ripetuto e non avrebbe più fatto notizia. Resta il fatto che contrasti e divergenze insorgono di continuo, non solo tra le forze politiche, ma all’interno dei singoli gruppi politici, alimentando una situazione di stallo, o di lotta continua, non solo verbale, ma fisica, nelle aule parlamentari, come da immagini televisive trasmesse a chiunque, anche all’uomo della strada. Un vero e proprio caos,  che testimonia non solo del grado bassissimo al quale è giunta la nostra classe politica, ma mette in luce anche gli errori di fondo che sono alla base di governi tra forze politiche diverse, che nessuno avrebbe osato avvicinare, tanto meno al governo del Paese. Tra questi errori, mi sembra di dover ri-marcare la condotta del Capo dello Stato, che sembra attaccato alla maggioranza numerica possibile tra le forze chiamate a governare, senza curarsi della loro natura e della loro composizione, concorrendo alla nascita di governi eterogenei come quelli che ci siamo dati nelle ultime tornate: uno sconcio. Voglio augurarmi che il Presidente della Repubblica, aderendo a una corrente di interpretazione più larga, estenda i suoi poteri di scioglimento delle Camere anche al caso di maggioranza numerica composta da forze politiche diverse, incompatibili, purché, naturalmente, si tratti di differenze vistose, rilevabili ictu oculi, quando per esempio l’una sia per lo sterminio, l’altra per la negazione dello sterminio degli ebrei. Solo così ritengo si possa dar vita a governi degni di questo nome; solo così ritengo si possa evitare quella situazione di continua incertezza, quel  lasciar correre in vista di non so che cosa; solo così ritengo possa essere garantita la serietà delle istituzioni. Io mi chiedo che cosa impedisca a Sergio Mattarella l’esercizio di questi poteri, che cosa trattenga il Capo dello Stato dal ricorso al messaggio. Messaggio alle Camere, messaggio al  Paese. Mi chiedo se il nostro Presidente possa ancora guardare imperterrito l’Italia com’é ridotta, uno straccio, e il Parlamento diventato esperto nell’arte del nulla, dell’eterno rinvio, delle assenze improvvise, mentre i problemi marciscono, e tutto il paese langue, non solo la parte in miseria. Mi chiedo ancora se Sergio Mattarella possa tollerare che una forza politica, il Movimento (il Movimento per il quale ho votato), avendo ottenuto alle elezioni di marzo 2018 un successo impensato, e un numero di parlamentari  sproporzionato rispetto alle attese, avendo sperperato il consenso in meno di un anno fino a dimezzare le percentuali ottenute, per diventare la terza o quarta forza politica da prima che era, continui a tenere in ostaggio le camere, e gli impedisca di legiferare, di fare il suo mestiere, valendosi di una forza parlamentare del tutto sproporzionata rispetto alla forza reale che vanta in paese. Mi chiedo infine se il nostro Presidente non veda la sua opera stessa paralizzata da una condizione politica che non favorisce una soluzione quale che sia ai problemi del lavoro, degli investimenti, del fisco. In attesa di che? Forse dell’uomo forte di cui parla il rapporto del Censis?

Il bilancio dell’esperienza di governo, delle due esperienze di governo, è negativo: aggravato il secondo da un vizio di origine che non può essere sottaciuto, il secondo governo Conte essendo nato per impedire il voto, che avrebbe premiato Salvini, e gli avrebbe consentito di portare un uomo di destra al Quirinale: e quando un governo si forma per intenti che non so come definire se non meschini, la sua sorte non può non essere segnata. Io mi chiedo che c’è di male se il popolo, la gente comune, vuole l’uomo forte, vuole Salvini, e che ci sarebbe di male se Salvini portasse un uomo della Lega al Quirinale (ma le elezioni per la Presidenza si terranno fra due anni, a marzo 2022). Forse si dimentica che le regioni del nord sono in mano alla Lega, e che personaggi di spicco si trovano anche nelle forze di destra, che amministrano da tempo regioni evolute. Bilancio dunque negativo per il governo Conte uno e per il governo Conte due. Per colpe non dell’uno né dell’altro. Perché i problemi venuti alla luce sono problemi risalenti nel tempo, problemi vecchi di anni.

Lo sono i problemi economici, se ILVA, Alitalia, Wirlpool e le altre affondano la crisi lontano nel tempo. E lontani nel tempo appaiono oggi i problemi nascenti dal debito pubblico, dalla crescita scarsa, dalla corruzione, dalla debolezza delle istituzioni, dal divario Nord-Sud, che costituiscono  i punti dolenti di qualsiasi programma di governo da almeno trent’anni. Da quanto tempo parliamo di processo penale, della lunghezza intollerabile dei processi penali, del diritto dell’imputato ad ottenere una sentenza, quale che sia, in tempi ragionevoli? Ed hanno fatto niente i governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi venti o trent’anni? E se niente hanno fatto i governi di prima, che cosa vorremmo facessero i governanti di adesso? Si badi: i problemi rimasti insoluti richiedono tempo, capacità, competenze. Si tratta di corposi dossier, lunghi migliaia di pagine, che, solo a leggerle, ci vogliono anni. E noi vorremmo che quello che non è stato fatto da venti, trent’anni venisse fatto da un governo di  forze diverse, Salvini-Di Maio, tra loro inconciliabili o, peggio, da un governo nato col proposito di fare fuori uno dei contendenti, Salvini, il più accreditato secondo i sondaggi. Questo per dire che non mi meraviglia la crisi che attraversa il paese, non mi meraviglia l’entità della crisi che investe non solo l’economia (anche se sono i milioni di poveri, i milioni di persone sulla soglia della povertà, i milioni di gente che nasconde problemi  di aziende decotte, a dover preoccupare), ma altri settori della vita sociale, come la scuola, la famiglia, le donne, i “diversi”.

Ho letto non so dove che uno studente italiano su quattro, secondo un istituto di ricerca non so quale, non è in grado di comprendere il testo che legge: in altri termini non sa leggere, non comprende l’italiano. E dove ci vogliamo avviare. Ricordi di famiglia (mio padre era maestro, io sono stato suo allievo) mi portano indietro nel tempo, quando era da tutti tollerato uno scappellotto, o una serie di scappellotti ad alunni riottosi, refrattari ad ogni rimprovero, ad ogni disciplina (si trattava di ripetenti, già adolescenti, minimo  dodici, tredici anni di età). Non ne nasceva, non è mai nato, un conflitto con la famiglia. Io stesso ho assistito all’incontro con genitori che ringraziavano il maestro, approvavano il castigo, promettevano di incrementare loro stessi la pena. Niente liti, dunque, niente denunce, niente rapporti: che è il minimo che possa capitare oggi al maestro, se non trova il giudice aguzzino che lo porti a giudizio (per maltrattamenti, forse per altro).

Quanto alle donne, non v’è telegiornale che non dia notizia di stupri e violenze, se non di femminicidi. Quanto ai “diversi”, non v’è programma TV che non si occupi di lesbiche o gay, che prima non esistevano, o si occupavano d’altro. Questo per dire che la crisi è profonda, estesa ad ogni campo della vita sociale. E che non mi meraviglia più il successo di un uomo come Salvini che viene visto, soprattutto dalla gente comune, come l’uomo della Provvidenza, l’uomo “forte” capace di affrontare, non dico risolvere i problemi del Paese. Il che, detto da chi come me ha sempre professato idee di sinistra, è significativo. Si dice, si è detto che Salvini è un fascista, del fascismo peggiore, e che un governo in mano a Salvini aprirebbe le porte a un nuovo Mussolini. Ma, a parte che il fascismo, quello che abbiamo conosciuto, è fenomeno storico irripetibile, legato al successo di un uomo che non può essere lo stesso dell’altro, è facile obiettare che la gravità della crisi è tale che qualsiasi tentativo, anche se fatto da destra, deve essere condiviso. Se la sinistra ha fallito, riducendo il paese a uno straccio, affidiamoci alla destra. Affidiamo alla destra i nostri figli, i nostri nipoti. Non gli auguro di vivere le mie stesse emozioni (1).

1) Ritorna qui il pessimismo comune a tutte le mie fatiche. Pessimismo largamente condiviso. Non v’è analista  di pregio che oggi non parli di paese in sfacelo, di paese in dissesto, di paese devastato. Non solo dagli eventi climatici, ma dall’insipienza dei nostri governanti. Protratta per venti o trent’anni. Di fronte a una crisi di queste proporzioni mi sembra giustificato il pessimismo dell’uomo comune. Che qui diventa anche il mio. Così come mi sembra giustificata l’idea dell’uomo “forte”, della “forte” soluzione. Richiederà, la  soluzione, qualche sacrificio. Soprattutto in chi è stato abituato a vedere solo i pregi della democrazia rappresentativa. Ma così come siamo conciati occorre accettare, i nostri figli accetteranno anche qualche sacrificio. Dico la verità: mi dispiace. Ma peggio di così non poteva capitare.   

                                                                   Michele Di Lieto

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