Un ricordo di un amico schivo, perbene e rispettoso delle regole!
Era una persona colta, un magistrato straordinario: intelligente e incomparabilmente umano, che riusciva ad interpretare la legge sotto l’aspetto umano, sociale, ma soprattutto della giustizia. La sua scomparsa ha creato un grande vuoto, non solo nei familiari e nei parenti, ma anche negli amici che lo hanno conosciuto e con cui hanno lavorato insieme: colleghi, avvocati, l’ apparato giudiziario. Morire a 53 anni, nel pieno della maturità professionale, culturale, umana e sociale è davvero drammatico. Ancor di più quando si lascia una moglie e due figli di 2 e 10 anni.
Sicuramente Piero Calamendrei, se l’avesse conosciuto, nel suo libro “ Elogio dei magistrati”, l’avrebbe sicuramente annoverato tra i giudici migliori, cioè tra quei magistrati che non si risparmiano, pur di fare il proprio dovere. Non a caso, nel suo libro si legge: “… anche sovraccarichi così, riuscivano, rubando le ore al sonno, a studiare con scrupolo diligenza tutte le cause ad essi affidate…”.
Carmine Olivieri era una persona straordinaria di cui mi onoravo di essere amico. Quando parlavo con lui di un problema, era abituato a confrontarsi con serenità e senso costruttivo, dicendo la sua con molta onesta intellettuale e pacatezza.
In merito, nell’articolo scritto per “il Sud-la Giustizia” (vedi allegato: – Il Sud_ la Giustizia_Carmine Olivieri), si può cogliere tutto il senso di come intendeva il rapporto tra la magistratura, la stampa e la società civile.
L’ ho ospitato, spesso, sul giornale “il Sud” mezzogiorno d’Italia, in particolare proprio quando usciva unitamente a “la Giustizia” il giornale degli avvocati salernitani. I suoi articoli erano improntati ai VALORI soprattutto sociali, senza nessuna retorica e reverenza per nessuno; per questo molti suoi colleghi, un po’ sotto sotto, facevano capire che non era il caso, ma lui amava il suo “mestiere” ed era lontano anni luce dal sistema che ha travolto la magistratura, per alcuni episodi poco edificanti.
I suoi pezzi parlavano della realtà “giustizia-istituzioni-politica” ed erano molto apprezzati da tutti coloro che avevano a cuore la cosiddetta “giustizia giusta”. Costringeva tanti operatori del Diritto a riflette sui loro atteggiamenti e il loro modo di fare, spesso, non ortodosso, per chi si occupa di giustizia.
Di tanto in tanto, ci incontravamo per parlare del rapporto tra giustizia e stampa ed il loro ruolo sociale. Per la verità, una delle ultime volte, parlammo del processo al sottoscritto ed al collega Ermanno Corsi e della condanna, in primo grado, per un “accento” sbagliato dal Pm, relativo ad una parola di ambito religioso, in uso nelle parlate dialettali delle nostre terre, interpretata come un termine dal significato blasfemo.
Racconto questo aneddoto, per mettere a fuoco il grande equilibro di Carmine Olivieri, quando raccontavo del disastro che aveva fatto il “buon giudice” di primo grado, nell’occasione delle condanna dei giornalisti autori di un articolo, equivocato, a causa di uno scarso approfondimento della problematica trattata. Nell’arringa d’APPELLO, l’avvocato, si soffermò sul fatto che il giudice di I grado, della religione cristiana, non aveva nessuna nozione, forse perché non aveva frequentato nemmeno il catechismo da piccolo o nella sua giovane età.
In conclusione, in appello fummo assolti perché il fatto non sussisteva.
Di fronte a due sentenze diametralmente opposte nessuno aveva detto niente.
In quell’occasione mi chiesi: non sarebbe stato giusto che il vertice del Tribunale di Salerno, dopo la sua istruttoria, segnalasse al CSM il tutto? Non è questo un buon autogoverno?
Far finta di niente e delegare solo ai cittadini la difesa dai soprusi dei giudici è giusto? Come cittadino, penso che ogni magistrato fa quello che vuole, nel bene e nel male.
Da questo aneddoto, si capisce un’altra cosa: Carmine Olivieri aveva un’altra grande capacità e pregio: saper ascoltare, una merce molto rara tra i comuni mortali.
Infatti, anche in questo caso, ascoltò, con molto garbo e cortesia, il mio sfogo e poi, per la verità, con una scrollatina di spalle, non fece nessun commento o difesa d’ufficio, e nemmeno difese il primo giudice. Apprezzò molto quelli d’APPELLO che avevano fatto giustizia.
In questi ultimi tempi, con Carmine Olivieri non ci siamo incontrati di persona, ma ci tenevamo in contatto, attraverso whatsapp. L’ultimo messaggio risale al suo onomastico, più o meno un mese fa, in cui mi scriveva: “ Grazie Nicola. Ti abbraccio forte. Up WIth news!!!” La sua morte quindi, per me, è stata un fulmine a ciel sereno.
Una persona straordinaria, per cui la sua scomparsa mi rattrista moltissimo: per me è un amico che porterò sempre nel cuore, con tanti positivi ricordi.
Questo breve ricordo vuole, innanzitutto, esprimere alla famiglia tanta, ma tanta stima e cordialità, per la scomparsa del loro congiunto, che meritava questa mia riflessione di stima verso un uomo straordinariamente umano e professionale. (Nicola Nigro).