Il nuovo libro del giudice Michele Di Lieto guarda alle “bellezze naturali della Costiera” che, per come vengono raccontate, fanno bene anche al cuore, ma non trascura la costa cilentana, dove Michele Di Lieto è stato Pretore mandamentale, lasciando una impronta sua personale in tutto ciò che ha fatto come magistrato.
Un libro che fa bene alla mente ed al cuore con tanti aneddoti e riferimenti storici, insomma un libro utile anche per i ragazzi, ma l’eventuale adozione di un testo nella scuola, come si sa, dipende molto dall’insegnante e dal dirigente scolastico.
In questi giorni nonostante la calura di agosto ho letto il libro di Piero Calamandrei “ Elogio dei giudici” ed a pagina 270 ho letto dei giudici superficiali, contrari alla verità, ma anche dei giudici pignoli e scrupolosi “che, anche sovraccarichi così riuscivano, rubando le ore al sonno, a studiare con scrupolosa diligenza tutte le cause ad essi affidate e a riferire in camera di consiglio senza dimenticare la virgola di un documento…”.
Questa frase mi ha colpito particolarmente perché ho riscontrato in essa due aspetti che mi riportano alla mente Michele Di Lieto, magistrato in pensione, mio carissimo amico da oltre 40 anni.
Primo aspetto: Di Lieto quando lavorava era proprio così: scrupoloso, attento e studiava ogni minima cosa e si ricordava tutto, anche la virgola.
Secondo aspetto: oggi che è arrivato ad ottant’anni ha qualche dimenticanza o non ricorda ed ecco che il buon Michele si arrabbia e dice che sta malissimo perché non ricorda ed ha dei vuoti di memoria. Purtroppo, quando ricordo al caro Michele che ha una certa età si arrabbia e dice: “ma questo mi fa star male, la memoria è stato sempre il mio forte”.
Un mio professore di farmacologia – parliamo di oltre mezzo secolo fa – diceva che quando si cura una malattia bisogna tener conto innanzitutto dello stato psicologico del soggetto, perché, prima ancora di individuare il farmaco, è giusto tener conto della psiche del soggetto malato che, secondo lui, può incidere anche per il 40/50% sulla cosiddetta malattia somatica.
Qualcuno, fino a qualche tempo fa, considerava tutto questo come una stregoneria, anzi addirittura vi individuava un insegnamento negativo. Oggi, dopo tutti questi anni, al buon professore di farmacologia è stata data ragione. Scientificamente è stato dimostrato che la psiche incide molto sulle patologie. Ma Michele Di Lieto non ne vuole sapere, la sua mente deve comunque funzionare perfettamente e, quindi si arrabbia molto, se funziona male o funziona poco..
Dopo questa premessa va ricordato che Michele Di Lieto, oltre ad essere stato un ottimo magistrato è anche un bravo scrittore. La sua prima opera: “il Pretore soppresso”, parliamo del 2001, è un vero capolavoro che metteva a fuoco i limiti del sistema e ne suggeriva in un certo senso le soluzioni, ma nessun governo politico-istituzionale si è preoccupato di trarne un insegnamento: se qualcuno lo avesse fatto, forse, oggi non avremmo conosciuto il “sistema Palamara”.
Il nuovo lavoro di Michele Di Lieto si occupa della divina costiera, dove è nato cresciuto, ha studiato ed ha anche lavorato, ma, come sopra si è detto, non trascura la terra del Cilento, dedica ampio spazio ad Agropoli, a Castellabate, a San Marco di Castellabate, ad Ogliastro Marina, ad Agnone, a Trentova.
Un libro completo pieno di aneddoti e riferimenti anche storici che solo un animo sensibile ed una persona colta come Michele Di Lieto poteva scrivere.
A Michele Di Lieto auguro lunga vita ed un grande successo per questo suo ultimo lavoro. Come dice il proverbio “ chi trova un amico trova un tesoro” ed io ho trovato un vero amico, tanti, tanti anni fa. Ed ecco la nota che abbiamo approntato per l’ultimo libro appena uscito.
“Amalfi terra mia”.
Esce coi tipi de L’Argolibro editore l’ultimo libro di Michele Di Lieto, ottantenne scrittore magistrato in pensione. Ha per titolo: Amalfi terra mia, ed è il tributo che l’Autore ha voluto dedicare alla costa dove è nato e ha trascorso gli anni della prima giovinezza, senza trascurare le città della costa cilentana, Agropoli in primis, dove è stato per lunghi anni magistrato, prima di passare alla Corte di appello di Salerno, dove ha concluso il suo percorso professionale. Il libro nasce, come è detto nelle pagine introduttive, dai ricordi imposti dalla solitudine e dal coronavirus, ed è dedicato ai centri costieri legati alla storia della repubblica marinara: Amalfi, anzitutto, Atrani, Minori, Maiori, Cetara, Vietri sul mare da un lato, Positano, Praiano, Furore e Conca dei marini dall’altro. Senza dimenticare, per esigenze comparative, i centri costieri di Agropoli e Castellabate, delle frazioni costiere di Agnone e Trentova. Ricordi però conditi sempre da un che di personale, soggettivo, che collega la storia narrata alla vita del narratore. Gli esempi sono infiniti: ci limiteremo a farne qualcuno. Amalfi. La scala che collega il duomo alla piazza, sessanta scalini: “ma io ne ricordo un altro, in piano, a pochi passi da Campolillo, che era la splendida piazza, sulla quale affacciava la scuola media, che era anche la mia”. Atrani. La Chiesa di Santa Maria del Bando: “offre al visitatore un panorama unico al mondo”… “ecco il sito che ciascuno di noi dovrebbe godersi almeno una volta nella vita. Da vicino, non da lontano, come fanno in tanti, me compreso, che a Santa Maria del Bando non ci sono mai stati”. Agnone. “la prima volta che ci sono stato, di Agnone conoscevo solo il nome: Agnone Cilento, frazione di Montecorice, da non confondere con Agnone, comune autonomo in provincia di Campobasso”. Agnone è rimasta col suo pino di Aleppo, con la macchia mediterranea, con le posidonie e i gigli del mare, uno dei punti più belli della costa opposta a quella di Amalfi. E qui basta. Basta per dimostrare che “Amalfi terra mia” non è solo una esposizione di dati, staccati dalla persona che scrive, come li si può trovare in qualsiasi testo di storia, amalfitana o cilentana, ma è sempre una serie combinata di fatti storici e ricordi personali, che ne fanno un’opera inconfondibile. Così come fanno di “Amalfi terra mia” un’opera inconfondibile i continui ma brevi richiami al coronavirus, che costituiscono la ragione, il perché, il pretesto del libro. Basteranno anche qui pochi esempi. “Il coronavirus. E’nera. Con centinaia, migliaia di morti. Morti sepolti senza funerale, senza corteo, senza più parenti né amici, con diecine di bare che neppure l’esercito riesce a trasportare all’obitorio per la cremazione”. Le misure preventive. I provvedimenti del governo. I riflessi economici. “Che già si vedono. Nell’aumento dei prezzi, nella diminuzione dei consumi, nella recessione già in atto, nella fame che serpeggia, nelle fabbriche chiuse”. Nell’ultima parte, il discorso si estende al dopo coronavirus, ad ipotesi di lavoro concrete, a riforme che lo scrittore ritiene non più procrastinabili: la sanità, la scuola, il fisco, la giustizia. Per quest’ultima, Michele Di Lieto trova persino lo spazio per un codicillo, Palamara, che ha rivelato “un connubio scandaloso tra politica e magistratura, tra politica e affari, tra nomine e pressioni, interferenze non so quanto lecite, correnti politiche e correnti giudiziarie”. Un libro, quello appena letto, che lo stesso autore invita a leggere per i molteplici interessi scoperti: l’interesse linguistico, l’interesse urbanistico, l’interesse architettonico, l’interesse storico-culturale. Un libro, insomma, che si rivolge a una schiera di lettori la più disparata: dal colto all’incolto, dal giovane al vecchio, dal più fortunato a quello meno. Un libro che potrebbe essere proposto anche alle scuole per un percorso di formazione che abbracci scienza ed arte, storia e linguaggio. Un libro al quale facciamo tanti auguri, come tanti ne facciamo all’Autore, ancora capace, coi suoi ottant’anni di età, di tenere desta l’attenzione del lettore (Nicola Nigro).