La prostituzione in una società “bigotta” che mette la testa sotto la sabbia, ne parla Elvira Morena nel suo nuovo romanzo: “Le solite notti”

Nicola Nigro

Elvira Morena è l’autrice de “Le solite notti”, edizioni Marlin, un romanzo straordinario che affronta in maniera cruda e a tratti sognante il tema della prostituzione, lo sfruttamento femminile sulla strada, gestito da uomini di “potere”.

La presentazione ci sarà

Sabato 7 agosto ore 21.00,

presso il

CASTELLO DI CASTELLABATE

 

  • In presenza dell’autrice, parteciperanno il Sen. Luigi Compagna e il giornalista Antonio Manzo, modererà l’arch. Giuseppe Ianni.

Chi è Elvira Morena?

Elvira Morena

Va subito detto che è un eccellente medico cardio-anestesista dell’Azienda ospedaliera universitaria “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno, è una scrittrice colta e raffinata che affronta tematiche sociali attraverso il mondo interiore delle donne.

Insomma, la scrittura da un hobby iniziale è diventata una “cosa seria”, perché la Morena sa scrivere e bene sa interpretare anche il lato oscuro del sociale.

Flora, la protagonista de “Le solite notti”, rappresenta una figura concreta, che dopo il licenziamento come commessa in un negozio alla periferia di Bologna, si ritrova sola, lontana da casa.

Non ha quattrini e il futuro è un buco nero. E come spesso accade, c’è sempre qualcuno che ne approfitta, che offre una chance ai disperati. Così Flora finisce sulla strada.

La trama del libro porta ad  alcuni interrogativi: come e perché Flora arriva a prostituirsi?

E’ una scelta subita, libera, razionale, emotiva? Come si giudica, Flora?

La dottoressa Morena arriva alle risposte, tratteggiando con abilità le personalità degli uomini e

delle donne che popolano le pagine del suo romanzo. Attraverso le righe, fa capolino  la “Questione Meridionale”, mai risolta; si annusano le logiche del patriarcato, ancora presenti nella mentalità popolare. Non è un caso che Flora abbia origini meridionali; non è un caso che, dopo essere rimasta orfana, parta come emigrante dal paese del Sud (uno sputo di anime) in cerca di migliori fortune nella città ubicata a Nord…

Ma nei passaggi narrati, dove si colloca lo Stato garante della Sicurezza, del diritto al lavoro? Chi mette in pratica le tanto sbandierate politiche sociali?

Un romanzo può fare da specchio alla vita reale?

La risposta ultima è “si”. Perché la realtà è sotto gli occhi, e chi non la vede fa sua la scelta di negazione. La Litoranea, degradata e abbandonata, è l’esempio a Noi più prossimo.

La Pineta Grande, descritta con cupezza nel libro, potrebbe essere qui, ad un passo da Noi. Quando ad un Comune non bastano 20 anni ed oltre, per approvare e definire un Pip (Piano di insediamento produttivo), nonostante abbia consumato fondi che sono soldi investiti in progetti, significa che il lavoro e la dignità dell’uomo diventano chimere. Libere astrazioni..

La “grande impresa” realizzata dalla dottoressa Elvira Morena nel suo romanzo, è l’aver trasformato il dramma umano di Flora nel miracolo dell’amore, della libertà urlata, anche in condizioni di schiavitù.

Il linguaggio e lo stile di scrittura inducono il lettore a riflettere, a trarre spunti sulla personale esistenza. Giacché non si è mai troppo distanti anche da chi è solo in apparenza diverso.

Un altro elemento che troviamo nel libro “Le solite notti” è la presenza strisciante dell’ipocrisia propria di una certa borghesia, che si insozza e, come  Pozio Pilato, se ne lava le mani! Si arriva in un punto della lettura in cui è naturale chiedersi: la “mignottocrazia” che quotidianamente ci accompagna assolve la battona di strada? E se il giudizio fosse un pregiudizio?

Flora ci offre la sua versione: “I perbenisti predicano la provvidenza per tutti, ma provvedono e ben pensano solo per sé”.

A tal proposito, ricordo una mia inchiesta di cronaca per “il Giornale di Napoli”, che ho ritrovato in un capitolo del romanzo della Morena. Un operatore delle Forze dell’ordine addetto ai turni di guardia per incastrare una prostituta, se ne serviva in prestazioni a pagamento, fino ad arrivare ad ammanettarla nell’abitazione della donna stessa, con l’accusa di esercizio abusivo della prostituzione. Quanto è costata allo Stato una tale missione? E…poi?

 

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