Veneranda Mastrogiovanni, oggi, compie 100 anni e non li dimostra, per niente. Una nonnina arzilla, che da Orria, emigrò in Francia, facendo lavori duri con molta dignità

Il 10 febbraio 1922, ad Orria in provincia di Salerno, nel cuore del Cilento, nacque Veneranda Mastrogiovanni.

Dopo 100 anni, Veneranda è una nonnina arzilla ed ancora attiva che, con il suo dinamismo ed il suo affetto, riesce a parlare ancora del futuro, con i suoi cinque figli: Silvana, Marisa, Giuseppe, Meraldo e Benito. Oggi, nonna Veneranda è circondata dall’affetto, non solo dei figli, ma anche di 12 nipoti e 18 pronipoti: insomma una famiglia allargata che ha come protagonista proprio lei, nonna Veneranda. Il suo attivismo, nonostante i 100 anni, è forte. Basti pensare che ancora lavora all’uncinetto, trasformando i desideri dei suoi cari in piccoli capolavori, partendo dal filo di lana o di cotone alla coperta, alle babbucce, alla maglia; insomma, mille idee che hanno origini popolari, perché nonna Veneranda ha imparato, a suo tempo, da sua nonna e da sua madre. Infatti, non è andata a scuola per imparare a sferruzzare con il punto a croce, oppure con il punto maglia.

Le sue origini contadine l’hanno indotta a rimboccarsi le maniche, con i suoi fratelli e sorelle, da subito, nei campi di Orria, alla più tenera età. Allora non si conosceva la problematica legata al lavoro minorile.

Orria è un Comune della provincia di Salerno che si trova nel Cilento, che  ha raggiunto il massimo della popolazione – 2175 abitanti – nel 1951. Oggi conta 991 residenti (Istat 01/01/2021). La frazione di Piano Vetrale  dista dal capoluogo circa 2,5 km e conta circa la metà della popolazione.

A quei tempi la famiglia, era sostanzialmente una comunità di lavoro e il fatto che i figli dessero il loro contributo era una questione esistenziale. Non appena un bambino era abbastanza grande, dava una mano a lavorare. Nel Cilento era il lavoro dei campi o la cura degli animali, in cui i bambini avevano il “battesimo del fuoco” della vita.

I bambini non avevano modo di realizzare i loro desideri. Già dai primi anni di vita, trascorrevano la maggior parte del tempo a fare lavori ripetitivi. Molti andavano a scuola soltanto di rado e non avevano nemmeno la possibilità di giocare e socializzare con i coetanei.

Nonna Veneranda, dopo la fase di adolescente e di signorinella, vissuta nei campi, in aiuto alla famiglia, si sposò con Saverio. Con lui, sempre lavorando, ha costruito negli anni una famiglia estesa.

La signora Rosa Sica, che mi ha chiamato per parlarmi dei 100 anni di nonna Veneranda, mi ha riferito che è stata una meravigliosa mamma ed una brava e amorevole compagna di Saverio. Con lui ha fatto tutto ciò che faceva il popolo contadino di allora, per cui la terra era tutto.

Nonna Veneranda, come tante altre donne contadine, è stata anzitutto moglie, quindi fulcro dell’economia della casa e dell’equilibrio della famiglia. Non a caso, i ruoli delle donne non si esaurivano in questo, ma intervenivano anche  nei campi, per la spigolatura, la vendemmia, la raccolta delle olive; intervenivano in mancanza di manodopera maschile; coltivavano l’orto; allevavano animali da cortile; si dedicavano a piccole forme di commercio, come la vendita delle uova; occupavano il tempo libero con lavori di filatura, rammendo, ricamo, maglieria, per sopperire ai bisogni implacabili della miseria; in caso di vedovanza o di assenza del marito, in guerra o emigrato, la sopravvivenza della famiglia dipendeva da lei.

Un altro importante fatto che tocca nonna Veneranda è la cosiddetta “grande emigrazione”. Ha vissuto in prima persona l’esperienza migratoria in Francia; ovviamente è andata incontro ad una vita non molto dissimile a quella che aveva lasciato in patria.

Purtroppo nonna Veneranda in Francia non poté scegliere il lavoro da fare, ma si rimboccò le maniche, facendo la mondina nelle risaie. Un lavoro duro che consisteva essenzialmente nell’estirpare le erbacce infestanti che crescono insieme al riso.

Anche l’abbigliamento delle mondine indicava la durezza del lavoro: un cappello in paglia dalle falde larghe e da un fazzoletto annodato sotto al mento o avvolto attorno al collo, per proteggersi da eventuali punture di zanzare particolarmente presenti nelle risaie, così come dai raggi del sole, lunghe calze realizzate in cotone e ampie gonne. Per fortuna, nel corso degli anni, le cose sono migliorate ed il lavoro di queste donne è scomparso, sostituito oggi  dai diserbanti.

Mondare la risaia è una delle fatiche più pesanti in agricoltura. Come dicevo sopra, significava togliere le piante infestanti che mettevano a rischio la crescita del riso.

Ancora oggi, nonna Veneranda nonostante l’età, ricorda quel periodo che è stata una storia, soprattutto, per le donne impegnate in quel settore, di sfruttamento e malattia, costrette a turni massacranti e giornate intere con le gambe immerse nell’acqua fino alle ginocchia, a piedi nudi e con la schiena curva.

Alla signora Rosa ed all’intera famiglia allargata ai parenti ed amici e a tutti coloro che contribuiscono, anche con la loro presenza, a determinare nella mente di nonna Venerandavisto che è lucida ed attiva, come si vede nella foto di 5 anni fa – un’emozione indelebile  per i suoi 100 anni va un plauso. Una festa che rappresenta una celebrazione, anche come esempio per le  future generazioni.

Per quanto mi riguarda, dico grazie alla signora Rosa che mi ha coinvolto in questa magnifica e storica celebrazione.

Auguri, ancora auguri, nonna Veneranda, anche da parte mia.

Nicola Nigro

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