Consiglio d’Europa, fondato nel 1949, un Ente nato per promuovere la democrazia e proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa.
di Michele Di Lieto*
Solo qualche giorno fa il Consiglio d’Europa ha denunciato forme di razzismo ancora diffuse nelle nostre forze di polizia e, nei loro discorsi “divisivi”, da politici italiani.
La denuncia fa seguito a una indagine dell’ECRI, organo indipendente, composto da 46 membri, quanti sono i paesi rappresentati, che svolge funzioni di osservatorio e di contrasto ad ogni forma di razzismo in Europa. Le nostre forze di polizia sono accusate, anzitutto, di profilazione (brutto termine mutuato dalle scienze statistiche) razziale nei confronti di rom e neri africani. I politici invece, anche quelli con alte responsabilità istituzionali, vengono accusati di alimentare forme di razzismo, in parte radicate nelle forze politiche oggi al governo, che comunque le forze politiche oggi all’opposizione non hanno contrastato né sembrano in grado di contrastare. Le reazioni al rapporto sono state dure, soprattutto a livello governativo. Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, difende le forze dell’ordine che lavorano per la sicurezza dei cittadini, di tutti i cittadini senza distinzioni; Matteo Piantedosi, Ministro degli Interni, ha parlato di insulti alle forze dell’ordine; Antonio Tajani, Ministro degli Esteri, si è detto sdegnato; stupore per il rapporto e solidarietà verso le forze dell’ordine ha espresso Sergio Mattarella.
Non mi sembra qui il caso di innescare una ennesima polemica contro gli uomini di governo per le repliche, in alcuni casi scomposte o spropositate. Si veda, ad esempio, che cosa ha dichiarato Matteo Salvini, Ministro per le infrastrutture: “Se a questi signori piacciono tanto rom e clandestini, se li portino a casa loro”. Non basta. Lo stesso Salvini, avendo appreso della morte di un giovane nero originario del Mali ferito a morte con un colpo di pistola da un poliziotto che pare fosse stato aggredito dal giovane armato di coltello, ha così reagito: “Con tutto il rispetto non ci mancherà”.
Altro che rispetto. Raramente capita di sentire parole così sulla morte di un giovane, nero o bianco che sia: parole ciniche, che suonano sprezzo per la morte, a seconda del colore della pelle della vittima, parole prive di pietà cristiana, pronunciate per giunta da un uomo delle istituzioni. Non voglio entrare nel merito della vicenda: spetterà al magistrato ricostruire la dinamica dell’incidente: ma questo attiene all’aspetto giudiziario.
Sotto altri aspetti, non si può non trascurare la gravità delle parole del ministro che paiono a me, e non solo a me, prive di senso morale. E non aiutano a risolvere i problemi di fondo sollevati dall’ECRI e dal Consiglio d’Europa. Esiste o no razzismo tra le forze di polizia?
Esiste o no razzismo tra gli uomini politici?
Esiste o no razzismo nella società che abbiamo creato?
Tutti sanno, o dovrebbero sapere per averlo appreso dalla relazione e dalle polemiche che ne sono nate, che il Consiglio d’Europa, fondato nel 1949, subito dopo la guerra, è una organizzazione internazionale ed è cosa diversa dal Consiglio e dalla commissione, che sono gli organi dell’Unione europea. Si tratta di un Ente nato per promuovere la democrazia e proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa: di un Ente che potrebbe considerarsi parallelo alla Corte di Giustizia europea, la CEDU, entrambi con sede a Strasburgo, e opera con inchieste, indagini, risoluzioni, che non hanno valore vincolante per gli Stati cui sono indirizzate: di un Ente che deriva la sua forza dalla moralità indiscussa e dalla competenza dei propri componenti.
Ciò detto sulla competenza, e sui limiti di efficacia degli atti del Consiglio d’Europa, mi sembra di poter dire che nessuna delle dichiarazioni rese dagli organi di governo ribatte, o tenta di ribattere una delle accuse del Consiglio d’Europa: quella che concerne la forma, sempre più xenofoba, e pertanto più divisiva, dei discorsi pubblici della nostra politica.
Scrive l’ECRI che il discorso pubblico italiano è diventato sempre più xenofobo e che i discorsi politici hanno assunto toni sempre più divisivi e antagonistici, in particolare nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, rom e Lgbt. E’ questo il nodo dei nodi del problema. Sono razzisti i nostri politici? è razzista una parte della nostra politica? quanto di questo razzismo è penetrato nella coscienza sociale.
Dalle dichiarazioni degli uomini di governo sopra riportate parrebbe proprio di sì. Se un Ministro commenta così la morte di un nero, è chiaro che il suo punto di vista può influenzare le forze di polizia e la pubblica opinione, se siamo arrivati a forme di razzismo nello stesso mercato degli affitti, come vogliamo che non entri nella coscienza collettiva, sino a diventarne una caratteristica fondamentale?
Il guaio è che una campagna di informazione, di sensibilizzazione della pubblica opinione dovrebbe partire dalla scuola, ma la scuola non dà più garanzie. E se il razzismo fosse già penetrato anche nella scuola?
Ma, a parte questo, quando io parlo di razzismo come fenomeno sociale, intendo riferirmi al razzismo penetrato ad ogni livello nella coscienza sociale, quale che sia la corrente politica alla quale si appartiene. Da una indagine statistica effettuata dalla Ipsos su un campione rappresentativo di 800 persone emerge che sette italiani su dieci ritengono i migranti africani vittime di razzismo. Lasciamo andare il valore che può attribuirsi alla percezione di fenomeni non altrimenti accertati, si tratta di cifre comunque allarmanti che dimostrano quanto sia estesa la percezione di tali fenomeni e quanto possa essere esteso il convincimento che la lotta al razzismo sia utile e giustificata.
Secondo l’ECRI invece esistono lacune nella politica delle autorità di governo che debbono essere colmate. Intanto viene auspicato un organo di rilevazione e confronto completamente indipendente dalle autorità di governo e viene segnalata una serie di problemi nascenti dalle varie attività esplorate. Le persone Lgbt, secondo l’ECRI, continuano a subire pregiudizi e discriminazioni nella vita di tutti i giorni.
La scuola, altro esempio, nonostante che l’educazione civica sia stata introdotta come materia obbligatoria, ha carattere tutt’altro che inclusivo. La casa: essendo il mercato degli affitti immobiliari di fatto precluso ai rom e alla popolazione africana, anche se si tratta di immigrati regolari con un contratto di lavoro che consenta di pagare. Insomma: l’impressione che si trae dal rapporto dell’ECRI è quella poco confortevole che appare nel vedere come precetti costituzionali (il diritto di eguaglianza, il diritto allo studio, il diritto alla casa) siano nei confronti di particolari categorie di persone tutt’altro che attuati, e come sia ancora lunga e difficile la strada della convivenza, della solidarietà, della inclusione, che costituiscono la premessa fondamentale per combattere la mala pianta del razzismo. Si aggiunga a questo che una lotta così fatta esige l’adesione dei politici, a qualsiasi livello, a precetti non ancora attuati. E invece si assiste a dichiarazioni di politici di livello, che quasi quotidianamente non fanno che ribadire il loro diritto alla libertà di opinione, un pretesto per sostenere politiche razziste, l’esatto contrario di quello che è previsto dal diritto di eguaglianza (anche per i rom e la gente africana).
Se infine si pensa all’esempio fornito da gente di altissimo livello, che non solo ha sostenuto le sue idee razziste e fobiche, così le chiama l’ECRI, ma continua a sostenerle, e ne scrive, e si dice orgoglioso di professarle, avremo del fenomeno un quadro quasi completo.
Il fatto è che esempi di questo genere portano alla banalizzazione del fenomeno. Riferendosi a questa parte del rapporto, relativa alle parole di odio razziale che provengono da politici anche di alto livello, Augusto Minzolini ha dichiarato che in tutti i paesi “esistono minoranze che coltivano un modo di pensare di questa natura”: ma, ammesso e non concesso che si tratti di minoranze, proprio per questo dovremmo sentire il dovere di combatterle, le minoranze e le loro idee razziste. Almeno finché c’è tempo. Io non sono ottimista.
Le conclusioni del rapporto ECRI, che pure ammettono progressi notevoli conseguiti dalle autorità di governo, da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni in Italia, non sono incoraggianti. Soprattutto quando si consideri che il razzismo contrasta con precetti costituzionali, che la Costituzione non è stata attuata, e c’è chi mira cambiarla. Speriamo, spes ultima dea, speriamo che in questo disegno di stravolgimento dell’assetto costituzionale, ci sia ancora posto per l’art. 3 e per il principio di eguaglianza senza distinzioni di razza, speriamo che per il razzismo non ci sia più voce.
*Magistrato in pensione e scrittore