Tribunale di Vallo della Lucania: Francesco Rotondo, nuovo Procuratore Generale. Un magistrato dotato dell’amore per la giustizia, la solidarietà ed il Bene comune


Carriera, giustizia e amore per il territorio

Non voglio soffermarmi solo sulla brillante carriera giudiziaria di Francesco Rotondo, 57 anni, neo Procuratore Generale del Tribunale di Vallo della Lucania (Sa), dove ha già lavorato come sostituto Procuratore, prima di approdare alla Procura distrettuale antimafia di Salerno. Un’altra tappa professionale che va ricordata è quella maturata in Calabria, a Vibo Valentia. Qui si è misurato anche con la delinquenza organizzata, la ‘ndrangheta, una mafia considerata una delle più ricca al mondo, che ha come riferimento anche la massoneria deviata, capace di infiltrarsi ovunque. La struttura interna della ‘ndrangheta poggia sui membri di un nucleo familiare, legati tra loro da vincoli di sangue.
Francesco Rotondo è un magistrato che ama profondamente la sua terra e le zone del Sud, come il Cilento, che accusano anni di ritardi e mala gestione. Da tempo si lavora per bloccare lo spaccio di sostanze stupefacenti in zone bellissime  sul piano ambientale e culturale, dove il turismo di anno in anno cresce sempre di più, ma anche carenti di infrastrutture capaci di valorizzare le risorse locali. Non va dimenticato che il Sud è anche la terra dove è nata la Dieta Mediterranea. Purtroppo, non sempre sono state ben utilizzate le risorse pubbliche e la Giustizia non sempre è stata all’altezza e perentoria, anche per la lentezza dei processi che hanno condizionato l’utilizzo delle risorse per lo sviluppo reale del territorio.
Sono stato sempre convinto che, per avere una società democratica, essa dev’essere  costituita da persone perbene, oneste e produttive, inserite in un contesto di sinergie tra istituzioni locali, nazionali ed europee. Tutti che contribuiscono ad applicare la legge, oltre che rispettarla. Un buon magistrato non solo fa i processi, ma mette la sua scienza, coscienza e capacità operative al servizio della comunità dove opera, per garantire giustizia e diritti a tutti, in particolare agli amministratori, per farli sbagliare meno possibile.
A proposito di diritti e giustizia, voglio, qui, ricordare una frase di Papa Francesco: “Una società senza diritto sarebbe una società priva di diritti. Il diritto è condizione dell’amore”.

L’amore per il proprio territorio e la giustizia

Il giudice Francesco Rotondo ama il proprio territorio dove è cresciuto e vissuto con la sua famiglia, per cui, il suo essere va oltre il mero affetto superficiale, ecco perché ha scelto di viverci. La sua azione rappresenta un impegno profondo verso la comunità, la cultura e l’ambiente ove si è vissuti e si vive. E’ inutile sottolineare che questo sentimento non solo arricchisce la vita, ma ha un impatto duraturo sulla società nel suo complesso, ma innanzitutto sui rapporti umani e sociali.
Per tutto questo, i cittadini di Capaccio Paestum e del Cilento apprezzano e stimano il giudice Francesco Rotondo, non solo per  la sua professionalità, ma anche per  il rigore morale, nobile e leale. A questo va aggiunta la sua correttezza, l’umiltà e la disponibilità ad ascoltare i problemi e le preoccupazioni, in primo luogo degli abitanti dei piccoli paesi del Cilento e, quindi, degli amministratori onesti che non sanno come uscire da un eventuale ginepraio burocratico di cui il nostro apparato legislativo è ricco.
Tutti coloro che si occupano di giustizia parlano del dott. Francesco Rotondo come di una persona intellettualmente onesta che svolge le sue funzioni con scrupolo, osservanza del dovere, dimostrando doti di intelligenza, di comprensione e di preparazione giuridica. Si rivolge al suo interlocutore sempre con il sorriso e la  gentilezza. Ciò è anche il “pezzo forte” della sua indipendenza e serenità nell’esercizio delle sue funzioni, meritando la stima incondizionata dei Superiori, dei colleghi, dell’avvocatura e del pubblico. Tutto questo scaturisce dalla testimonianza dell’abnegazione al servizio, dal suo valore morale, dalla serietà e dal sacrificio con il quale vive la propria funzione di magistrato.
Proprio  la quantità e qualità del lavoro prestato dal dott. Francesco Rotondo, nel corso di questi anni, e, quindi,  i conseguenti plausi ricevuti, hanno indotto il CSM a nominarlo  Procuratore Generale dello storico Tribunale di Vallo della Lucania.

La famiglia, i sacrifici, il Sud e il magistrato

Perciò, ci troviamo di fronte ad un magistrato scrupoloso e solare, con cui  si può parlare tranquillamente, anche della sua vita in generale fuori dalle aule. Parliamo di un professionista serio e scrupoloso, ma soprattutto di una persona perbene, cresciuta e formatasi in una famiglia molto rispettata a Capaccio Paestum, ben inserita nel tessuto sociale. Francesco Rotondo si è ben “nutrito” di umanità, solidarietà e rispetto per il prossimo.
Il dottor Rotondo nasce, dunque, in una famiglia a dir poco straordinaria, sul piano sociale ed umano. Il papà Antonio, un appuntato dei Carabinieri fedele e leale al suo dovere, con un rapporto cordiale e costruttivo con la comunità in cui operava, ma soprattutto con i suoi commilitoni. A confermarlo sono gli amici dell’Associazione Nazionale Carabinieri, sezione di Capaccio Paestum. In merito, il presidente, maresciallo Nicola Guariglia, e l’addetto alla comunicazione, Glicerio Taurisano, evidenzia che l’assenza del compianto, appuntato Antonio Rotondo si sente eccome, per la sua saggezza e disponibilità verso i colleghi. Vincenzo Matonte, commilitone ed amico, conferma la sua capacità di rapportarsi nella comunità locale, rispettando le regole istituzionali, sociali ed umane. Il sottoscritto ha avuto il piacere di conoscerlo. Devo dire che il comandante Rotondo – così lo chiamavo ogni volta che ci incontravamo – era una persona straordinariamente garbata che ti metteva a tua agio e per questo mi sentivo suo amico, in genere. Quando ci incontravamo era così tempestivo, che mi anticipava sempre nel saluto: “ Buongiorno dottore, come va?
Dopo, ovviamente se non c’era molta fretta, ci scambiavamo qualche riflessione su fatti accaduti. Approfitto per raccontare un aneddoto, l’ultima volta che ho visto in vita il comandate Antonio Rotondo. Avvenne a Salerno all’Ospedale Ruggi D’Aragona, dove era ricoverato ed io gli avevo fatto visita. Quando mi vide dal suo letto di ospedale, mi fece una festa e non la finiva di ringraziarmi, tanto che ne parlò ai familiari. Dopo qualche tempo, fu proprio il Procuratore Francesco a parlarmi della mia visita al papà. La mamma, Annunziata Gaglione, è stata un’insegnate, prima a Salerno e, poi, raggiunto il coniuge, a Capaccio Paestum. L’insegnate Gaglione era molto apprezzata e voluta bene dai ragazzi e dalle loro famiglie, perché oltre ad essere buona, era competente e preparata, autorevole ma non autoritaria, giusta, con capacità di far riflettere i suoi alunni sulle cose, dimostrandosi simpatica, divertente, coinvolgente, gentile, ma soprattutto paziente, che sapeva aiutare chi aveva difficoltà.

Il Sud, le famiglie e lo sviluppo socio-economico possibile

Annunziata Gaglione è stata anche una mamma accorta che, insieme al suo Antonio carabiniere, hanno fatto molti sacrifici. Non a caso, i figli sono tutti laureati, così come in tante famiglie del Sud. Nel dopoguerra, l’obiettivo principale era quello di farsi la casa, fare una vita dignitosa, ma soprattutto far studiare i figli.
Intanto, a partire dagli Anni 60, il sistema economico marciava a pieno regime, il reddito nazionale stava crescendo e la gente era rinfrancata dall’incremento dell’occupazione e dei consumi. Anche per la famiglia Rotondo, con due stipendi, uno di insegnate e uno di carabiniere, le cose andavano benino. Si guardava maggiormente al futuro, soprattutto dei figli, buttandosi alle spalle gli anni bui del secondo dopoguerra, quando il Paese era ridotto in brandelli.
È pur vero che tanti erano ancora i problemi da affrontare in tutto il Paese, tra questi la carenza di servizi pubblici, di scuole, di ospedali e di altre infrastrutture civili. Ma, nel complesso, prevaleva un clima di ottimismo in tutta la popolazione e il lavoro non mancava. In una società, quando c’è lavoro, c’è vita. Insomma il lavoro è un bene dell’uomo ed è un bene per la sua umanità. L’uomo mediante il lavoro trasforma la realtà e l’adatta alle proprie esigenze e necessità, in questo modo realizza se stesso come uomo e componente sociale, diventando un protagonista della comunità in cui vive.
Oltre al Procuratore Francesco, nella famiglia Rotondo ci sono altri due figli: Angelo, Funzionario Inps che lavora nella provincia di Bergamo, e Mariapina, molto impegnata nel sociale e nelle iniziative dell’Unitalsi e della Chiesa San Vito di Capaccio Scalo.

Il lavoro, il comportamento e il pensiero del giudice

Oggi il Procuratore Francesco Rotondo, sposato con la dottoressa Anna Grimaldi, vive a Capaccio Paestum.
Ho voluto, sommariamente fare una riflessione anche sui suoi affetti di famiglia, per dare davvero una dimensione completa dell’uomo, una persona perbene, colta, leale che davvero crede in quello che fa. Per lui la legge va applicata in egual misura per tutti, indipendentemente dallo stato sociale. Il procuratore Rotondo è molto severo, soprattutto con se stesso, per cui è una persona autentica, solare che esprime la propria natura, in armonia con chi gli è intorno.
Chi lo conosce sa che il suo linguaggio è chiaro, lineare e gentile, senza paroloni. Ciò non poteva essere diversamente. La semplicità e l’umanità sono tratti caratteristici trasmessigli dai genitori.
Il dott. Francesco Rotondo  si sente un servitore dello Stato e non un privilegiato.
Egli incarna una qualità di gentilezza e accettazione che passa dall’affetto, non solo per i suoi cari, ma per tutti coloro che sono deboli e desiderosi di giustizia.
Sono stato sempre convinto che il dottor Francesco Rotondo appartenga a quel tipo di persona che pensa, ascolta e osserva, come farebbe un genitore amorevole verso il figliolo, con l’obiettivo di comprendere, prima che di giudicare e correggere.
Il suo patrimonio genetico è fatto di cultura, educazione e buone maniere, doti fondamentali di un uomo, per percorrere la strada  di imparare a criticare se stessi, il più delle volte, per assicurarsi di essere accettati da più persone possibile e per prevenire – giocando d’anticipo – le critiche che gli altri potrebbero muovergli. Come a dire: ci penso io, prima che  lo fai tu.
Tutto questo si sposa perfettamente con le funzioni di Giudice o di Pubblico Ministero, il cui compito è quello di far rispettare e applicare il diritto in forza dello Stato, attraverso la conduzione di un processo in tutte le sue fasi.
Ed ecco che la risposta arriva puntualmente dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Castel Capuano, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede della Scuola Superiore della Magistratura. In quell’occasione evidenzia: “… Siete soggetti solo alla legge, che è opera di parlamentari eletti dal popolo…”
Inoltre, Mattarella sottolinea che, in una democrazia compiuta,  va riconosciuta l’«indipendenza» della Magistratura, ma anche i limiti della funzione giudiziaria, che, nel penale, deve provvedere all’«accertamento dei reati» senza lasciarsi sedurre dall’ambizione di accogliere «tutte le istanze». Ci sono «rivendicazioni umanamente comprensibili», ma che possono trovare risposta nei «compiti» e nelle «decisioni» proprie di «altri organi, titolari di altri poteri». Ed ancora, a questi altri poteri, che Mattarella non elenca, ma che sono chiaramente il legislativo, l’esecutivo e la stessa presidenza della Repubblica, deve essere riconosciuto lo stesso «rispetto» che va assicurato alla «irrinunziabile indipendenza della funzione giudiziaria».
Insomma, si capisce che il Giudice esercita una funzione giudicante, cioè decide sulle controversie; Il Pubblico Ministero, invece, esercita la funzione requirente, vale a dire svolge e dirige le indagini. Gli altri poteri: Parlamento, governo, autorità di controllo, compresa l’avvocatura, ecc., devono esercitare la funzione che la Costituzione assegna a tutti loro.
Ed ecco perché il dottor Francesco Rotondo è un buon servitore dello stato, visto che in lui, per quello che lo conosco, ci sono tutte queste consapevolezze, descritte, nel suo puntuale intervento, dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Castel Capuano.

Nicola Nigro

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