Il prof. Vincenzo Patella, neo Presidente SIAAIC, dichiara che sosterrà con forza l’immunoterapia, per le allergie respiratorie e le punture d’ insetto.


 Un reparto punto di riferimento non solo provinciale
Al Presidio Ospedaliero “S. Maria della Speranza” di Battipaglia c’è il Dipartimento di Allergologia – G.O.I. (Gruppo Operativo Interdisciplinare) di Medicina Interna a indirizzo del sistema immunitario e allergologico della Asl Salerno, diretto dal prof. Vincenzo Patella.
La struttura funziona magnificamente bene, nonostante  i tanti problemi organizzativi, di personale e strutturali della sanità italiana. Nel reparto diretto dal prof. Patella tutti gli operatori danno più del massimo, sulla scia del loro “capo” che dà il buon esempio, diventando un punto di riferimento non solo per i cittadini salernitani.
Professione, lavoro e famiglia
Gli ottimi servizi del reparto del presidio ospedaliero, stimolano molti pazienti, che sono di altre Regioni, a chiedere “ospitalità”, perché trovano professionalità ed umanità e, ovviamente, servizi di qualità. Il prof. Patella è molto legato alla famiglia e, nonostante i tanti impegni, cerca di essere oltremodo presente, ma non trascura nemmeno i buoni legami, con gli amici di sempre. Sposato con la dottoressa Ada Giuliano, il figlio Francesco, era molto legato al compianto papà, dott.  Francesco, medico veterinario e dirigente sanitario. Un rapporto particolare con mamma Concetta Di Tommaso, che è tanto orgogliosa dei successi del suo figliolo medico, ma non di meno anche dell’altro figlio Antonio, funzionario di banca.
Problemi di organico, efficienza e organizzazione
Lo staff organizzativo del personale del reparto è stato ben programmato, anche se sotto organico. Si lavora con entusiasmo, facendo ognuno il massimo. Questo perché il prof. Patella ha messo tutti a proprio agio e per qualsiasi problema lui c’è sempre.
A capo dell’organizzazione ha scelto la dottoressa Tina Bosco, sposata con Giuseppe Lascaleia, due figlie: Clelia e Gaia. Una professionista attenta, scrupolosa e molto generosa e tollerante, predisposta al dialogo. Ha la capacità di gestire in modo sano ed equilibrato tutto: dai pazienti, che hanno bisogno di cure, ai colleghi del reparto che sono costretti a fare turni stancanti, proprio per il fatto di essere sottorganico. Insieme si cerca di colmare il vuoto, con tanti sacrifici anche individuali.
Elezione del prof. Patella a Presidente SIAAIC
Intanto, le qualità professionali del prof. Vincenzo Patella  sono rimbalzate in tutto il territorio nazionale, al punto che i suoi colleghi lo hanno valuto, con forza, come Presidente della SIAAIC (Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica), che associa circa 2 mila allergologi del mondo universitario, ospedaliero e delle strutture territoriali.
Non si sono fatti attendere i propositi del neo Presidente SIAAIC, infatti il prof. Vincenzo Patella ha dichiarato: <<  È mia intenzione mettere al centro dell’azione della SIAAIC l’impegno per favorire un più equo accesso ai vaccini per le allergie su tutto il territorio nazionale.
Attualmente, infatti, l’immunoterapia specifica viene rimborsata nelle regioni “a macchia di leopardo” e resta una chimera per milioni di pazienti, pur essendo la migliore terapia raccomandata dalle linee guida internazionali per le allergie respiratorie e quelle alle punture di insetto. Daremo, inoltre, impulso – evidenzia il prof. Patellaalle conoscenze sulle allergie ai farmaci, soprattutto agli antibiotici, attraverso corsi di formazione e una campagna di ‘de-labelling’’ volta a verificare la reale presenza di allergie, in quanto risultano molto frequenti i casi di pazienti erroneamente etichettati come allergici a farmaci che non hanno mai ricevuto una conferma clinica da test diagnostici. Ovviamente – sostiene il presidente Patellanon ci sfuggirà l’impatto dell’ambiente sull’aumento delle patologie allergiche e immunologiche con iniziative che faremo sul territorio. In merito siamo già al lavoro per collaborare alla realizzazione di eventi scientifici internazionali sia con la WAO (World Allergy Organization) che con la EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immunology) da svolgere, naturalmente, in Italia nel corso del prossimo biennio.
I successi e l’arricchimento professionale  
Il prof. Patella è molto attivo professionalmente, come si capisce dal suo ricco curriculum. Infatti, oltre a essere Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna ad indirizzo Immunologico e Respiratorio, presso l’Ospedale di Battipaglia, è Professore di Malattie Dell’Apparato Respiratorio e Malattie Dell’apparato Cardiovascolare, Tecniche della Prevenzione nell’ambiente e nei Luoghi di Lavoro alla Scuola di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Salerno, (1 CFU).
Inoltre, è Professore incaricato presso la Scuola di Specializzazione di Allergologia e Immunologia Clinica, Scuola di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Napoli, Federico II, mai suoi impegni di arricchimento professionale, non solo sono avvenuti nei centri di eccellenza di Immunologia Clinica ed Allergologia  in Italia, ma anche all’estero, come Professore ospite della Divisione di Clinjcal Immunology and Allergy, Johns Hopkins Baltimora Maryland, Stati Uniti ed altri presidi sanitari, sempre negli Stati Uniti.
Impegni editoriali e libera docenza
Dal 2020, ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale 06/dl-med/10, per l’insegnamento come Professore di II Fascia delle Malattie Dell’apparato Cardiovascolare e Malattie dell’Apparato Respiratorio.
Il prof. Patella è anche Autore di oltre 150 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali, a severo controllo redazionale. E’ autore di 8 capitoli, per monografie e test didattici in Allergologia e Immunologia Clinica.
Operatori nella sanità pubblica e privata
In Italia alcune strutture della sanità pubblica, ormai da tanto tempo, non garantiscono neanche i livelli minimi di assistenza, con lunghe liste di attesa, per un esame neanche tanto complesso. Questo si verifica soprattutto per la carenza di personale, ma anche per macchinari guasti e  locali non idonei.
Intanto, però, il personale sanitario più qualificato, in particolare i medici specializzati, fugge verso il settore privato, con condizioni di stipendi e turnazione migliori. Chi eroicamente resta nel pubblico e rende il suo reparto un’eccellenza, come nel caso del Dipartimento di Allergologia – G.O.I. (Gruppo Operativo Interdisciplinare) di Medicina Interna, diretto dal prof. Patella, non viene adeguatamente supportato, rischiando anche l’incolumità personale, come avviene nei pronto soccorsi. Ovviamente, le professionalità eccellenti non sempre sono disponibili a sacrificarsi, senza un riconoscimento adeguato e rispetto del proprio lavoro. Naturalmente, per tutti i medici e sanitari che hanno scelto il pubblico, come il prof. Patella, il Governo dovrebbe fare meno chiacchiere e più fatti, in modo che questi professionisti sacrifichino meno anche la loro vita privata. Questo dovrebbe significare più personale, meno turnazione, più serenità e rispetto nei presidi sanitari, in cui si svolge la propria attività.   Insomma, bisognerebbe fare maggiori sforzi per la sanità pubblica, affinché ritorni ad essere al centro: la salute del cittadino e degli operatori, come una volta, dovrebbero fare la corsa per lavorare nel pubblico, cosa che adesso si fa per le strutture private. Tutto questo è possibile solo se davvero si rafforza il pubblico e il nostro sistema sanitario prende in carico, nel modo corretto, le esigenze degli utenti, soprattutto creando una sinergia strutturale, a partire dal territorio e dalla medicina generale. I pronto soccorsi devono essere considerati come il riferimento per l’emergenza e per le patologie acute, non risolvibili dal Medico di medicina generale o dal pediatra. Occorre, quindi, un vero filtro.
Sanità pubblica e carenza di un progetto
Con una maggiore e migliore programmazione, si avrebbero servizi migliori, personale motivato, a costi molto più bassi. Nel corso degli anni questo non si è voluto. Perché?
Intanto, il privato è cresciuto molto, proprio a discapito del pubblico; ma alla fine anche il privato sta male perché non riesce a soddisfare la richiesta a tariffe basse. Anche in questo caso si è passati dalle eccellenze di studiosi e ricercatori a tappabuchi del pubblico, senza quei benefici di un rapporto pubblico/privato, con la creazione di una rete territoriale di una buona sanità che guarda all’emergenza ed all’urgenza. Anche i numeri, in Italia, dimostrano che, per quanto riguarda il Pronto soccorso, oltre il 90% dei pazienti preferisce il pubblico.
Un tempo erano pochissimi, quasi inesistenti, i Pronto soccorsi privati. Oggi i Pronto soccorsi privati, in genere, salvo le dovute eccezioni, offrono assistenza immediata, per patologie non critiche, garantendo tempi di attesa ridotti e un trattamento personalizzato. Ma se ci trovassimo di fronte a criticità, che succederebbe?
Quindi, si stanno diffondendo anche in Italia, con l’obiettivo di garantire cure immediate, evitando le code, ma si paga di tasca propria. Nuovi ambulatori di emergenza vengono aperti da Nord a Sud.
Questo significa che non ci dovrebbe essere spazio per la sanità privata? Assolutamente no!
Gli ospedali e cliniche private vanno benissimo, ma che senso può avere un ospedale pubblico e uno privato, a qualche chilometro di distanza, che fanno le stesse cose?
Ed ecco che i presidi sanitari privati dovrebbero venire in aiuto al pubblico. Dove e quando il pubblico è carente, interviene il privato in sinergia; però occorre anche che ci sia una vera regia che si occupa delle possibili collaborazioni.
E’ chiaro che per raggiungere tutto questo benessere per i cittadini e ridurre le diseguaglianze non si può continuare nella logica degli schieramenti (Governo-opposizione), ma lavorare insieme, nello
spirito della Costituzione, per dare ai concittadini la possibilità concreta di accedere alle prestazioni mediche di cui hanno bisogno nei tempi giusti.
Autonomia Differenziata e LEP
Per questo, non è sufficiente costruire infrastrutture eccellenti, concentrandole, ma vanno distribuite in modo uniforme nel Paese,
facendoci carico degli operatori e dei servizi. Invece, è stata fatta una legge, cosiddetta dell’Autonomia Differenziata, senza aver prima approvato i LEP (Livello Essenziale nelle Prestazioni).
Allora era tutto un imbroglio verso il Sud?
Il tempo lo chiarirà!
Già adesso, secondo l’analisi della Fondazione GIMBE, relativa al 2023, la spesa pro-capite per il personale dipendente in Italia, presenta differenze. Per esempio, nella Provincia autonoma di Bolzano si spendono 1.405 euro, mentre in Campania 559.
Non a caso, quando parliamo di LEP, parliamo non solo di servizi socio-sanitari, ma anche di asili nido, assistenti sociali, trasporto studenti con disabilità, ecc..
L’Italia davvero può permettersi di non avere più una sanità pubblica?
Penso che neanche la sanità privata voglia questo.
Che futuro può avere un Paese che non consente ai suoi cittadini di accedere ai servizi essenziali?
Davvero vogliamo che anche da noi, come in America, quando hai bisogno di cura in un ospedale, prima ti chiedono la compagnia assicurativa?
Il parlamento e le istituzioni, una volta per tutte, devono farsi carico della salute dei cittadini, ben sapendo che ciò implica una enorme responsabilità, che non può essere delegata solo a organizzazioni private, costruite attorno a numeri ed efficienza, con scopi diversi.
Sanità pubblica, carenza e disorganizzazione
Comunque va detto, senza ombra di dubbio, che in Italia, al di là della carenza di risorse nella sanità pubblica, c’è un’enorme disorganizzazione: la mano destra non sa cosa fa la sinistra. E questo perché? Ma perché chi comanda deve fare il proprio comodo, anche perché i controlli, spesso, sono fatti dagli stessi che poi si comportano male. L’esempio più calzante sono gli Ospedali universitari con i medici specializzandi. Lo Stato consuma circa un miliardo all’anno per la formazione. Da quello che si legge sui giornali, una buona percentuale dei medici abbandona prima del tempo. Eppure, parliamo di una borsa di studio che costa alla collettività circa 25 mila euro all’anno, con una perdita nel 2024 di circa 50 milioni. Ovviamente, il sistema è autoreferenziale, per cui viene difeso in tutti i modi  e ciò consente di avere “lavoratori” a poco prezzo. A nulla è valsa la legge dell’Osservatorio nazionale interministeriale, perché il monitoraggio dovrebbe essere certo e puntuale e da parte delle Università ospedaliere. Cosa che non avviene, viste le continue denunce degli interessati.
Per troppi anni, ci sono stati pochi incentivi ai giovani ad essere medici, infermieri, ricercatori. Molti di quelli che si sono laureati se ne vanno all’estero, ma questo la politica lo sa e, quindi, non deve fare chiacchiere, ma deve fare fatti e trovare soluzioni.
I governi che si sono succeduti negli anni, a partire da quello del 2010, poco o niente hanno fatto, per sostenere davvero il pubblico. Eppure nel 2011, uno studio dell’Anaao, prevedeva che, entro il 2020, ci sarebbe stata una carenza enorme di personale sanitario e amministrativo, nelle strutture pubbliche. Ma tutti i governi  che si sono susseguiti, come dicevo prima, hanno fatto finta di niente, fino a disarticolare la sanità pubblica e creare i disastri attuali.
All’indomani del Covid, tutte le forze politiche dichiararono che bisognava voltare pagina. Purtroppo così non è stato, perché un vero progetto sulla sanità attualmente non esiste. Quello che esiste è il solito chiacchiericcio e, spesso, la classe politica di fronte a problemi seri, invece di trovare soluzioni litiga. Tutto questo lo paga sempre il cittadino per la carenza di assistenza, soprattutto nei Pronto Soccorsi. Adesso si sta delineando anche la crisi della Medicina Generale (tantissimi medici di famiglia, attualmente, vanno in pensione, senza essere rimpiazzati). Eppure, la legge 833/78, aveva ben definito i ruoli della sanità pubblica e privata. Nel mio libro: “ I Distretti Sanitari”, scritto all’indomani della legge nazionale e di quelle regionali, veniva descritta la pianificazione e l’organizzazione dei servizi sanitari sul territorio e l’integrazione delle attività di prevenzione, cura e riabilitazione. Ovviamente, la maggior parte di queste attività si fondavano sul medico di famiglia (a turno, coordinatore e fiduciario del distretto) che doveva essere la colonna portante del sistema, puntando anche sulla medicina domiciliare.
Scelte del Parlamento e “mobilità sanitaria”
E’ inutile evidenziare che il lavoro di medici, infermieri ed altri operatori va remunerato adeguatamente, per questo è giunto il momento che il parlamento, con una sessione straordinaria, definisca quanto servirebbe per rimettere in ordine il Servizio
Sanitario Nazionale; ma soprattutto stabilire quale servizio davvero si vuole e come sostenerlo, per non ritrovarsi fra qualche anno nelle stesse condizioni di oggi.
Giuseppe Remuzzi, su “Corsera”, scriveva: “Howard Brody che è stato professore di medicina nel Texas ha scritto: «È ora di passare dall’etica dei tagli all’etica di evitare gli sprechi» e, Dio lo sa quanti sono stati gli sprechi e le ruberie nella sanità nel corso degli anni, basta dare un’occhiata ai vari processi nei Tribunali italiani”.
Ogni monitoraggio dimostra che i livelli essenziali di assistenza sono molto bassi o addirittura inesistenti. Tra le regioni che hanno raggiunto i punteggi più alti, infatti, vi sono solo regioni del Nord, due del centro, e nessuna del Sud. Questo favorisce la cosiddetta “mobilità sanitaria”, cioè lo spostamento dei cittadini sul territorio nazionale, per accedere alle cure di cui hanno bisogno. Anche in questo chi non può, per questioni economiche, soccombe alla malattia e, quindi, si avvia a soffrire ed a morire. Può continuare tutto questo in un Paese civile?
Pubblico e privato: anche al Nord problemi
Il Nord è ricco di strutture private, anche di eccellenza, che per certi aspetti ha sostituito il pubblico, trascurando anche la medicina generale ( chi non ricorda le denunce dei cittadini nel periodo del Covid?).
Non a caso, la maggioranza ha voluto, con forza, la legge sull’Autonomia differenziata, in parte bocciata dal Corte Costituzionale e con un Referendum sulla testa. Nonostante questo, ancora c’è chi insiste, ben sapendo  che questa necessità non esiste, ma occorre riscrivere un progetto sanitario per tutta l’Italia, in modo da evitare  la “mobilità sanitaria attiva” che può essere considerata un sintomo positivo dello stato del servizio sanitario  regionale. Ma è tutto oro quello che luccica?
Perché anche al Nord esistono lunghi periodi di prenotazione per un semplice esame clinico?
E’ così che la classe politica, soprattutto del Nord, vuole una sanità pubblica, cioè rafforzando sempre di più il privato?
Poi, pensando al periodo del Covid, quando il Nord stava peggio del Sud, chi non ricorda ancora le file dei camion militari a Bergamo che trasportavano salme. Allora come la mettiamo?
La sanità, in Italia, va riorganizzata
La sanità va riorganizzata in tutta Italia. Ormai è assodato che tutto questo è dovuto alla mancanza di offerta e di cure adeguate, anche per la carenza di personale. Il fatto sconcertante è che ai bandi di concorso per specialisti, spesso, non si presenta nessuno, al Sud come al Nord. Mancano medici, infermieri ed anche medici di famiglia (durante il Covid al Nord risultavano pochi per le scelte fatte nel passato). Per quanto riguarda i medici di famiglia, sono spesso costretti a colmare le lacune dei servizi sul territorio e svolgere sia funzioni ordinarie sia d’urgenza, al di fuori delle loro possibilità. Le preoccupazioni crescono di giorno in giorno, perché sono previsti molti pensionamenti nei prossimi anni, perciò la situazione potrebbe ancora di più peggiorare. Nel frattempo, ai bandi di concorso per l’assunzione di nuovi medici ospedalieri partecipano in pochissimi, rispetto alle necessità.
Tutto questo dovrebbe preoccupare davvero il governo, se ha a cuore il benessere dei cittadini. Il Sistema Sanitario Nazionale non sta funzionando. Direzioni di distretto, assessorati regionali, ministeri ed altri Enti intermedi, per una volta, potrebbero lavorare insieme per obiettivi semplici, semplici, quanto ambizioso, per migliorare le cose?
In merito, va ricordato che i rapporti del CENSIS indicano il Sistema Sanitario Nazionale come un pilastro dello sviluppo dell’economia e della società italiana, poiché è un ambito in cui le risorse pubbliche operano come investimenti ad alto impatto su economia, occupazione, ricerca e coesione sociale, per il benessere di tutti i cittadini; ma soprattutto garantisce la salute a chi lavora e fa camminare la macchina produttiva. Non a caso il diritto alla salute è un diritto Costituzione.
                                                                                                                                                     Nicola Nigro

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