La chiesa di Gromola: un tonfo regressivo?

Una riflessione dell’architetto Alfonso Di Masi,

sullo stato attuale della chiesa “Santa maria Goretti” di Gromola

 

“Taliesin West” trasferita a Gromola!

La chiesa di Santa Maria Goretti è sicuramente uno degli esempi italiani più emblematici dell’architettura organica italiana degli anni ’50.

Questo strano paese, tanto attento alle reliquie del passato sembra altrettanto distratto rispetto a quei rarissimi esempi di vera modernità. Se non altro per la elevata qualità dell’impianto urbanistico e tipologico dell’intero borgo, la memoria si riporta a nostalgiche rimembranze o sul riconoscimento di una “modernità tradita”.

Prevale lo sconcerto per la endemica ignoranza di “addetti ai lavori” e utenti, non tanto sul più generale ruolo dell’architettura, ma sul, più spicciolo, senso di una comunità più dedita a becere tradizioni che a una riflessione attenta sul rapporto tra storia e contemporaneità.

Arrivando a Gromola, ma come al Cafasso o a Ponte Barizzo, si percepisce il sordo silenzio della storia, offesa dall’incuria, dal disordine urbanistico condito dal più sfrenato “lassez faire” edilizio. In questo contesto la presenza di edifici di valore, quelli del diciottesimo e diciannovesimo secolo (la cosiddetta Paestum minore), sembra, ironicamente, quasi essere una incombenza fastidiosa. Un inutile quanto improbo anelito al perfettibile.

Il sottile gioco di equilibri della chiesa di S. Maria Goretti e delle sue erudite geometrie; dei sapienti tagli di luce nella struttura; la incontrastata qualità dei sui spazi esterni ed interni

di una modernità quasi pretestataria, non l’hanno sottratta al vandalismo e all’incuria nell’indifferenza generale.

Nella stessa indifferenza generale, di recente, si sono perpetuati  dei pseudo-intervento di manutenzione, privi della benché minima sensibilità, con la stessa logica con cui si interviene su un capannone agricolo o su uno dei tanti squallidi edifici che ci circondano, tingendo il campanile color cocozza o cingendo il lussureggiante volume  della chiesa con canalette e gronde in lamiera color cacca. Ancora una volta trionfa l’ignoranza a scapito della storicità (o della modernità) e a spregio della qualità architettonica.

Domanda?

Dove è finito il grande lampadario centrale (che ricordava le opere di Jan Mirò), o le pregevoli panche degne del più ravveduto design, sostituite con anonime panchette lignee?

Forse la risposta stà nel fatto che, in un paese che non sa riconoscere e valorizzare il proprio passato, la modernità diventa addirittura irritante!

O forse sta nel fatto che tanta qualità, per qualcuno, a Gromola, forse, era sprecata, sbagliandosi.

Chissà perche mi vengono in mente “I miserabili” di Victor Ugò!

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