E’ di oggi: arrestata la “maestra” di Prato!

Prato: l’insegnate finisce agli arresti domiciliari, il giudice Michele Di Lieto* avevamo distinto la posizioni del marito dalla moglie, esprimendo un giudizio negativo sulla condizione della donna.


*Magistrato di Corte di Appello, in pensione, ed autore di libri

Il dott. Michele Di Lieto

E’ finita agli arresti domiciliari la donna di Prato indagata per una relazione con un ragazzino, minore di età all’epoca dei fatti, dalla quale è nato un bambino. Pare che con l’ordinanza di custodia cautelare (alla donna) sia stato notificato un avviso di garanzia (al marito) indagato per “alterazione di stato”. Del caso ci eravamo occupati qualche giorno fa con un articolo che ci permettiamo di segnalare a chi non lo avesse letto.


http://www.giornaleilsud.com/2019/03/23/di-lieto-non-odio-le-donne-la-storia-della-professoressa-di-prato-con-il-suo-giovanissimo-studente-stravolge-ogni-regola-del-buon-senso-socio-morale/


Ci si perdoni l’autocitazione, ma l’articolo sembrava anticipare gli sviluppi dell’indagine che ha portato gli inquirenti ai due provvedimenti, custodia cautelare ed avviso di garanzia. In realtà avevamo distinto le due posizioni, rifiutando un giudizio, quanto meno prematuro, sulla condizione del marito, esaltata da qualcuno al limite dell’apologia, esprimendo un giudizio negativo sulla condizione della donna, che sembra ancor oggi, per quel che trapela sulla stampa, non rendersi conto del male che ha fatto. “Male a se stessa, non potendo più sottrarsi a vicende destinate a segnarne la vita. Male al marito, anche se nega (e come può negare) di averlo tradito. Male al ragazzino, che si ritrova padre mentre i suoi coetanei sono ancora bambini. Male al bambino che è nato, che non si sa se e quando conoscerà il vero padre. Male ai genitori del ragazzo-padre, che si saranno pure pentiti di aver dato vita (con la denuncia) al processo che ne è nato”. Questo dicevamo allora: aggiungendo che la donna veniva indagata per violenza su minore (art. 609 quater c.p) e che il processo “è una cosa seria, non uno scherzo”; aggiungendo oggi che la condizione giuridica della donna non è cambiata. Cambiata invece sembra la condizione del marito, indagato per “alterazione di stato” (art. 567 c.p.). Non sappiamo quali elementi siano in possesso degli inquirenti per giustificare un atto che rimane pur sempre un avviso di garanzia, un atto a tutela, non a carico dell’indagato. Il segreto istruttorio, lo avevamo già notato, è in questo caso rigorosamente osservato, e i mass media, oltre alla notizia, non offrono altro. Ma il delitto di “alterazione di stato” è, appunto, un delitto, e suppone il dolo: esige pertanto che l’autore del fatto (nel caso concreto il presunto padre) sia consapevole del fatto che altri (nel caso concreto il ragazzo padre) sia il padre naturale. Per riportarci al caso concreto occorrerebbe che l’uomo che ha fatto denuncia al’ufficio di stato civile sapesse della relazione (della moglie col vero padre), sapesse cioè che il bimbo nato non era suo figlio. Il che cambierebbe da così a così anche il giudizio sul marito; e giustificherebbe le esitazioni sulle prime dichiarazioni (“gli ho fatto da padre, continuerò a farlo”) del padre apparente, nelle ricostruzioni giornalistiche affrettatamente trasformato in eroe. Il che giustifica questo nostro secondo intervento, che potrebbe anche apparire una chiosa del primo. E’ inutile dire che, se così fossero andate le cose, aumenterebbe quel senso di tristezza che nell’articolo precedente mi auguravo potesse essere sanata “per i protagonisti della storia, per me che scrivo”.

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