Il discorso di Draghi, non mi è piaciuto, poi tanto, soprattutto per le cose taciute
di Michele Di Lieto*
Discorso Draghi. E così Mario Draghi si è presentato alle Camere per la fiducia. Lo ha fatto con un discorso al senato che, se mirava a scoprire qualcosa di nuovo, avrà scontentato più d’uno. Il discorso non è stato né breve né lungo: poco meno di un’ora, ed ha trattato tutti i temi del momento, dalla pandemia alla scuola e alla giustizia, ma non ha avuto impennate, non ha mostrato lampi di genio nascosto: se qualcuno li attendeva, sarà rimasto deluso. Nel discorso c’è di tutto, forse anche troppo. C’è di tutto. Il discorso di Draghi ha affrontato tutti i problemi del momento: dalla pandemia allo stato dell’economia; dal turismo all’ambiente, dai giovani ai vecchi, dal nord al sud. Draghi ha parlato della necessità di riforme: della scuola e del fisco; della Pubblica Amministrazione; della giustizia. Ma di tutti questi temi Draghi ha trattato freddamente, senza passione, senza metterci qualcosa di suo. Se c’è, occorre scovarlo tra le righe. Così è a dirsi della parte che riguarda le donne, i giovani, il sud, la corruzione, la ripresa, che non potrà essere separata dalle riforme, e deve guardare al passato, alla ripresa dalla seconda guerra mondiale. Veniamo a quello che è stato taciuto o mi è sembrato di troppo. La giustizia. Draghi ha ripetuto quelle che erano le direttive della Commissione europea, già recepite dal vecchio Ministro nella redazione del Piano: la giustizia civile, l’aumento dei posti in organico, maggiore velocità dei processi, sentenze più rapide. Non una parola ha speso sulla giustizia penale, che pure presenta problemi notevoli, a partire dalla prescrizione, sulla quale persistono opinioni diverse. Pandemia. Draghi ha parlato della vaccinazione come di un fatto scontato, senza far cenno dei limiti del vaccino, di tutti i vaccini, dei quali è incerta l’efficacia nel tempo, non superiore comunque all’anno, se già si parla di rinnovi annuali. Fisco. Ne ha parlato come di un sistema complesso, composto di tanti tasselli legati l’uno all’altro: non si può, secondo Draghi, riformare una tassa alla volta. Mi verrebbe da dire: cominciamo con una, poi verranno le altre. Il Primo Ministro ha trattato anche del Recovery fund, legando quel che farà a quello che è stato già fatto (“la grande mole di lavoro” realizzata da Conte e dal suo governo). Il nome di Conte è stato fatto espressamente all’atto del ringraziamento a chi aveva affrontato “una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia”. Parole queste che, assieme agli altri apprezzamenti per il vecchio governo, a me sono sembrate sincere, ma inopportune, per l’interrogativo che potevano giustificare sul vero perché del licenziamento di Conte. Inopportune mi sono sembrate anche le parti del discorso indirizzate a Salvini. Parlo dell’euro, e della difesa (“irreversibile”, così ha definito la scelta) della moneta unica, che, se diretta a Salvini, dimostra che lo stesso Draghi non è convinto della svolta dichiarata dal Capo della Lega. Lo stesso è a dirsi della parte dedicata all’europeismo, che non poteva non essere indirizzata a Salvini, fino a ieri acclamato antieuropeista, o della parte dedicata alla parità di genere e alla donna, da sempre ridotta da Salvini al ruolo di madre feconda. Non mi è poi piaciuto quel richiamo insistito alla necessità dell’unione tra le forze politiche che, se dovesse comprendere Salvini e la Lega, rischierebbe di mettere a tacere ogni voce di dissenso. Neppure mi è piaciuto l’ammiccare insistito a quella parte di lavoratori, scesi in piazza per protestare contro le proroghe, frequenti nel passato governo, di restrizioni e divieti decise all’ultimo momento, e contro il ritardo ingiustificato dei “ristori”. Ben vero che la categoria degli operatori sciistici (a quella si riferiva Draghi) è stata tra le più tartassate dalle proroghe imposte dal dilagare della pandemia. Ma non è la sola. In tutta Italia vi sono centinaia di aziende costrette a chiudere, migliaia di operai rimasti senza lavoro, centinaia di migliaia di famiglie ridotte alla fame. E gli operatori turistici, di cui gli operatori sciistici fanno parte, sono diffusi in ogni parte d’Italia, al nord come al sud, e sono rimasti investiti dalle conseguenze economiche della pandemia: se tutti fossero scesi sulle piazze avremmo parlato di rivoluzione alle porte. A me non piacciono le rivoluzioni, a me non piacciono le manifestazioni di forza. Per questo non ho accettato il discorso di Draghi nella parte in cui si è detto consapevole delle difficoltà della categoria alla quale ha comunque promesso ristori adeguati e un passo anche diverso nella comunicazione. Io sarei stato più severo. E più severo sarei stato con quei Ministri e parlamentari, tutti della Lega, che hanno fomentato la protesta con incontri, dibattiti, videoconferenze, e non hanno esitato a protestare contro un provvedimento adottato da un membro dello stesso governo, prima ancora che fosse immesso nell’esercizio delle sue funzioni, non avendo neppure giurato nelle mani del Capo dello Stato. Né mi sarei soffermato su quelle distinzioni tra governo politico e governo tecnico, essendo evidente che il tecnico membro del governo per ciò stesso faccia politica e diventi un politico. Questo è quel che mi è sembrato di troppo nel discorso di Draghi. Io mi attendevo un discorso stringato, concentrato su pochi argomenti: la pandemia, naturalmente, coi suoi riflessi sociali, e i temi strettamente economici nei quali Draghi è un maestro. Ma quel troppo che più mi ha lasciato perplesso è il richiamo insistito a Salvini, che non è stato mai nominato, ma che tutti hanno riconosciuto come destinatario delle polemiche sull’euro, sull’europeismo, sulle donne, sull’ambiente, che sono poi i punti essenziali del nuovo governo. E questo non perché io sia un nostalgico dei tempi andati, un appassionato sostenitore di Conte e del suo governo: che anzi ha commesso tanti di quegli errori ed è incorso in tanti di quei ritardi che, forse, avrebbe avuto veramente bisogno di tecnici al fianco: questo, ripeto, non per difendere Conte, ma perché fa sorgere degli interrogativi sulla necessità di imbarcare Salvini nel nuovo governo: sulla base di una svolta dell’ultimo momento, e suscettibile delle interpretazioni più svariate. Credo che la scelta di Draghi sia stata dettata dall’intento di assicurarsi una maggioranza sufficiente al senato e di evitare i patemi d’animo che dovette subire il Capo del passato Governo dopo la votazione che inscenò la crisi risolta dal governo attuale. E credo che la scelta di Salvini sia stata dettata dall’intento di assicurarsi una veste europea per conquistare fiducia, oltre che in Italia, anche nell’Unione Europea. Ma credo che il prezzo versato da Draghi sia sproporzionato di fronte a quello versato da Salvini. Il Capo della Lega ha ottenuto di entrare nel nuovo governo con tre ministeri neppure di poco conto (Garavaglia al Turismo, Giorgetti allo Sviluppo economico) facendo di sé un Giano bifronte, con libertà di fare opposizione quando ritenga. Il Capo del Governo ha ottenuto la maggioranza più ampia possibile, che gli assicura ampia libertà di azione. Essendo Salvini rimasto libero di fare che crede, essendo ogni decisione soggetta ai suoi cambi di umore, pare evidente quel che ha ottenuto Draghi, cioè nulla. La svolta, lo abbiamo detto, è stata comunicata all’ultimo momento, quando i giochi erano fatti, e la squadra di governo già pronta. Può darsi che Draghi non abbia avuto neppure il tempo di informare Mattarella della svolta. E Mattarella potrebbe richiamare il suo discorso alla nazione, nella parte in cui ribadiva la necessità di un governo di “alto profilo”, che non si identificasse in alcuna formula politica. Ma il discorso era diretto anche a tutte le forze esistenti in Parlamento, e nulla vieta di pensare che il Presidente Mattarella, come ha collaborato con Draghi per la composizione del governo, così abbia suggerito di accogliere Salvini all’ultimo momento, facendo propria la decisione di Draghi. Se ciò fosse vero, aumenterebbero le mie perplessità su questi interventi palesi o nascosti di Mattarella nella composizione stessa della compagine governativa, che può essere, come ho già detto, il primo passo verso la modifica in senso presidenziale della nostra forma di governo. Nel mio precedente intervento, mettevo pure in guardia da eventuali interventi successivi alla formazione della lista. Nel discorso di Draghi, non nella parte strettamente economica, qualcuno ha visto la mano di Mattarella. Che il Capo del governo, che tutti pronosticano come futuro Presidente della Repubblica, stia già preparando il terreno per se stesso? Che il suo discorso sia il primo di una serie di discorsi a quattro mani?
*Magistrato in pensione