Repubblica democratica del Congo: un Paese ricchissimo di risorse naturali, diamanti, giacimenti minerari, oltre a un patrimonio forestale gigantesco e un potenziale idroelettrico, ma dove la miseria si “taglia con il coltello”.

Repubblica democratica del Congo: un mio piccolo contributo alla memoria delle vittime.

di Michele Di Lieto*

Pare che Mario Draghi  al governo non porti buono: l’altro ieri la scissione del M5S, una grana anche per il Primo Ministro, che si è visto sconvolto l’assetto parlamentare,  l’agguato che ha ucciso Luca Attanasio, Ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, e Vittorio Iacovacci, carabiniere di scorta. Pensavo per la verità che la notizia avesse maggiore risalto, come una di quelle notizie capaci di risvegliare quel senso di appartenenza, di comunanza, di unità valoriali che fa tutti cittadini dello stesso Paese, anche se questo è compreso in organizzazioni più vaste, frutto di processi di integrazione, che nessuno vuole discutere né rinnegare. Mi sbagliavo. Soprattutto i primi giorni, quando è arrivata la notizia, i giornali dedicavano, quando dedicavano, pochissimo spazio all’evento, relegato a piè di pagina dalle notizie sul virus, sulle varianti, sui vaccini, sui colori, e quant’altro, ma sempre in ordine al virus, non ai morti nel Congo (sono tre, ai due italiani dovendo aggiungersi un congolese, Mustafà Milango, autista). Di qui la necessità di ampliare il ritratto dei cittadini italiani  coinvolti nello scontro che ne ha cagionato la morte, e di aggiornare le nostre conoscenze sulla Repubblica democratica del Congo, paese allo sbando, sulla regione, nord Kivu, dove si è verificato l’attacco, sull’area, quella a nord est del paese, vicina al Parco Virunga, dove è avvenuto lo scontro. Cominciamo dalle vittime. Luca Attanasio, Ambasciatore italiano, 43 anni, nato a Saronno, cresciuto a Lambiase, sposato con Zakia Seddiki, che aveva conosciuto in Marocco, quando era Console a Casablanca, e gli ha dato tre figlie. Stava nel Congo dal 2017. Abbiamo già detto che la Repubblica del  Congo è paese insicuro, ma nel Congo niente è sicuro. La scelta di Luca Attanasio di vivere in Congo sarà stata condivisa dalla moglie Zakia, impegnata in missioni umanitarie proprio in Congo, a Kinshiasa. Avrei qui finito con l’Ambasciatore, se non ritenessi doveroso ricordare il precedente, Kindu 1961, sempre nella Repubblica congolese, in danno di italiani, quattro volontari dell’associazione “Mondo Giusto” e due bambini, la madre rimasta gravemente ferita ha perso l’uso delle gambe, anch’essi impegnati in missioni umanitarie. Né possiamo tacere di quello che viene ricordato come il vero eccidio di Kindu, avvenuto nel 1961 in danno di 13 aviatori italiani, in missione per conto dell’Onu.  Non sappiamo se l’Ambasciatore e la moglie sapessero di questi precedenti, che destarono in Italia notevole scalpore. Se pure sapevano né l’uno né l’altra avrebbero immaginato una morte che gli somigliasse. Vittorio Iacovacci, carabiniere di scorta, 30 anni, originario di Sonnino, provincia di Latina, in servizio a Gorizia, si sarebbe sposato la prossima estate. Di Vittorio Iacovacci sappiamo poco, se non della brillante carriera nell’Arma (apparteneva a un reparto di élite) e dell’attaccamento al paese natale (si era fatto la casa a Sonnino, a Sonnino avrebbe coronato il suo sogno d’amore). Entrambi, l’Ambasciatore e la scorta,  sono morti in un attacco, non si sa ancora da chi organizzato, non si sa chi, oltre all’ambasciatore la scorta e l’autista, ne sia rimasto vittima. Repubblica democratica del Congo. E’ un Paese vastissimo (otto volte l’Italia) dell’Africa centrale a cavallo dell’Equatore. E’ un Paese ricchissimo di risorse naturali, diamanti, giacimenti minerari, oltre a un patrimonio forestale gigantesco e a un non meno ingente potenziale idroelettrico. Potrebbe essere, come è stato, un paese ricchissimo, se non fosse stato depredato prima dai belgi, che l’avevano  colonizzato (e allora si chiamava Congo Belga) poi da governanti incapaci, incompetenti e corrotti che hanno portato il PIL del Paese a uno dei livelli più bassi al mondo. Oggi dunque la Repubblica democratica del Congo è un Paese povero, reso ancora più povero da guerre, anche intestine, tra bande di diversa etnia, assai più diffuse nelle province del Nord-est del Paese. Né sono valse le missioni di pace (in particolare quelle dell’ONU), che hanno finito per consegnare il Paese a potenti multinazionali che hanno conquistato il monopolio delle industrie estrattive e del commercio estero della Repubblica del Congo. E qui passiamo a parlare del Nord Kivu. E’ una vera e propria terra di nessuno, contesa da bande rivali e tribù armate dove la sopravvivenza è spesso affidata al caso. L’unico modo per evadere era ed è l’arruolamento nelle milizie congolesi perché dove c’è violenza, l’unica protezione è assicurata proprio dalle milizie. Questo è almeno il parere di Luca Iourdan, professore all’Università di Bologna, che è stato in Congo e ha studiato la provincia di cui parliamo.  Il Nord Kivu è  comunque la regione più ricca del paese, ricca di foreste, ricca di giacimenti minerari, ricca in particolare di diamanti e minerali pregiati (cobalto e coltan). Parco del Virunga.

E’ Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, luogo unico per la ricchezza della sua biodiversità, pari solamente al Parco dell’Amazzonia, in Brasile, a migliaia di chilometri di distanza. Il parco Virunga è conosciuto in tutto il mondo come l’estremo rifugio del gorilla di montagna, ma è diventato una polveriera al confine col Rwanda, teatro di guerra di gruppi armati che si combattono tra loro e contro le forze destinate alla tutela del Parco (600: troppo pochi), ma anche covo di banditi veri e propri che si dedicano ad attività criminali: dall’incendio di boschi al commercio di legna e di animali protetti, dall’imposizione  di tasse e balzelli ai rapimenti di persona a scopo di riscatto.  Sappiamo del resto che nei Paesi dotati di ricchezze naturali la condotta degli attentatori è quasi sempre la stessa: e va dall’abbattimento sterminato di piante (per farne legna) agli incendi boschivi (per farne carbone), dalla caccia alla fauna protetta (che non si riduce al gorilla di montagna ma abbraccia numerose altre specie) al commercio di minerali. A queste attività che costituiscono veri e propri attentati alla biodiversità della regione, causando l’estinzione di specie e diventando un pericolo anche per l’uomo, si aggiungono, nella Repubblica del Congo, ma non fanno parte degli attentati ambientali, gli stupri, le tassazioni illegali,  i rapimenti a scopo di riscatto, non solo di adulti, ma anche di bambini (arruolati come bambini-soldato addetti al massacro, nella falsa credenza che i ragazzi  siano più crudeli dei soldati veri e propri): e una delle ipotesi nella ricostruzione ancora sommaria dell’agguato è proprio il tentato rapimento sfociato in conflitto a fuoco. E qui avrei veramente finito, perché è troppo presto per trattare compiutamente dell’incidente, delle modalità dello scontro, delle responsabilità da accertare. L’intento principale che ispira questo foglio è quello di dare nel mio piccolo un contributo alla memoria delle vittime che mi pareva assente (o quasi) nei mezzi di comunicazione di massa. Perché, a parte il Carabiniere di scorta che va senz’altro accomunato nel ricordo delle vittime, la morte di un Ambasciatore è sempre la morte di un Ambasciatore, soprattutto se segua a un attacco di bande. L’Ambasciatore è il rappresentante del Capo dello Stato nel paese ospitante: come tale, tutela gli interessi dei cittadini italiani là residenti, cura i rapporti diplomatici, promuove la collaborazione economica, culturale e scientifica, diventa parte, nei paesi instabili, dei compiti affidati alle missioni ONU, che dovrebbero garantire pace, ma anche aiuti economici, come generi alimentari alle famiglie più bisognose. A una di queste missioni, la Monusco, collaborava l’Ambasciatore Attanasio, rimasto vittima dello scontro.  Quali poteri, quali funzioni fossero demandate al nostro Ambasciatore (viaggiava senza scorta? se sì, chi era garante della sicurezza?): sono  tutte domande alle quali potranno rispondere solo le istruttorie in corso: e dico “istruttorie” perché indagini sono state avviate non solo in Italia ma anche nel Congo e nei paesi vicini (e già si vedono gli Stati confinanti rimpallarsi le responsabilità: dissensi essendo già insorti tra il Congo e il Rwanda, già protagonisti della guerra “mondiale” africana, ancora protagonisti della guerra  di bande nel Nord Kivu), a parte l’indagine sollecitata dal nostro paese alle Nazioni Unite, delle Nazioni Unite essendo il convoglio della missione attaccata nel Congo). La massima sollecitudine è stata assicurata dal nostro Ministro degli Esteri che, nell’informativa al Senato, ha promesso di fare tutto il possibile per accertare responsabilità che, se fossero provate, potrebbero anche giustificare adeguati risarcimenti. Il discorso di Luigi Di Maio, a parte alcune espressioni retoriche (vile agguato, eroi, così ha definito le vittime, straziante, così ha detto del saluto alle salme) mi è sembrato sincero e toccante (si è emozionato lo stesso Ministro). Una buona premessa non solo per le indagini, ma anche per il tributo dovuto alle famiglie toccate da una così grave sciagura.

*Magistrato in pensione

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