Un intervento molto articolato che, nonostante è un po’ lungo, vale la pena leggere perché spiega le ragioni giuridiche e sociali di una “rivolta” di un pezzo di popolo, anche se una minoranza, anche se irrisoria, in un Paese democratico devono trovare sempre la libertà di manifestazione, col diritto di esprimere la propria opinione, ciò secondo i dettami della Carta costituzionale, ma tante manifestazioni che si susseguono, in tutta Italia, non possono trovare una spiegazione solo nell’uso o meno del vaccino, nell’uso o abuso del green pass. Il giudice Michele Di Lieto arriva ad un’altra conclusione e cioè che il vaccino è solo un pretesto e, poi si chiede: è o non è una rivolta sociale? A questo punto, sorge spontanea un’altra domanda: ma la rivolta è diretta contro il vaccino, o è rivolta contro il sistema? Buona lettura.
Le ragioni di una “rivolta”
di Miche Di Lieto*
La manifestazione, la serie di manifestazioni no green pass che si susseguono di settimana in settimana non sembrano voler cessare. Sabato scorso, a Trieste, Milano, Torino, la gente è scesa in strada, ha occupato piazze, ha organizzato cortei più o meno autorizzati, col concorso di folla lì convenuta da ogni parte di Italia: ottomila manifestanti a Trieste, quattro a Milano, tre a Torino; a Milano era la quindicesima manifestazione; non era la prima a Trieste, neppure a Torino. Il fenomeno ha assunto proporzioni impensate, tanto da meritare una analisi più profonda di quanto sinora sia stato fatto. Le autorità costituite, a partire dal Ministro degli interni, minimizzano. Sostengono che le manifestazioni, vi partecipino oppositori del green pass, o no vax, o dubbiosi, o scettici, si appartengono a una sparuta minoranza, il dieci per cento, che non può condizionare le scelte del governo: tant’è che da ultimo il green pass è stato esteso a tutto il lavoro pubblico e privato, e sono state allargate le maglie del vaccino fino a comprendervi i minori dai cinque ai dodici anni, finora esonerati. Io mi preoccuperei di più. Intanto perché, parificando no green pass ai no vax, ai ni vax e a tutti coloro che si oppongono al vaccino, sono le stesse autorità di governo ad ammettere che l’obbligo del green pass maschera l’obbligo del vaccino, che deve essere imposto per legge, come da dettato costituzionale, e “non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Questa legge non è stata né può essere mai varata. Già la Corte costituzionale, con sentenza n 307 del 1990, aveva sottolineato la necessità che l’obbligo “non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato”, salvo le conseguenze che ”appaiono normali di ogni trattamento sanitario e pertanto tollerabili”. Non aggiunge nulla la sentenza della stessa Corte n. 5 del 2018 che non esamina espressamente il problema, trattando del diritto alla salute come diritto del singolo ed anche della collettività, dei poteri statali e regionali in materia sanitaria, e finisce per affermare la prevalenza della legislazione statale su quella regionale che alla prima deve essere adeguata. Più estesa ed approfondita appare invece la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo n. 116 dell’8 aprile 2021. Secondo i giudici di Strasburgo, la vaccinazione obbligatoria, che costituisce pur sempre “una interferenza nella vita privata dell’individuo”, e deve essere imposta per legge, è sottoposta a una serie di condizioni, tra le quali emerge l’obbligo dello Stato che lo impone di accertarsi della sicurezza e della efficacia del vaccino. Sicurezza ed efficacia che non potranno mai essere assicurate da una legge dello Stato. Anche a ritenere efficace il vaccino prescritto, nessun vaccino potrebbe essere considerato sicuro, essendo a tutti noto che qualsiasi vaccino produce effetti collaterali, che vanno dalle semplici eruzioni cutanee ai dolori muscolari, di lieve entità e pertanto più tollerabili, a disturbi più seri, come fatti trombotici, o casi gravi di polmonite, che possono provocare persino la morte del vaccinato. E’ questa la ragione, sicuramente suggerita dal team di giuristi che accompagna i nostri governanti, alla base delle resistenze (per alcuni inspiegabili) del governo Draghi che, nonostante le più diverse sollecitazioni, si è sempre opposto alla legge istitutiva dell’obbligo di vaccinazione. Occorre ricordare che, a parte gli obblighi segnalati nella sentenza della Corte di Strasburgo (che ha quanto meno valore di precedente autorevole) già oggi la valutazione complessiva sulla legittimità di un sistema di vaccinazione obbligatorio esige la previsione nella legge nazionale dell’obbligo di risarcimento del danno in caso di lesioni personali. Ben vero che in Italia esiste già una legge, la 210 del 1992, che prevede un “indennizzo” a favore dei soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, e che questo limite, delle vaccinazioni obbligatorie, è stato superato dalla sentenza della Corte costituzionale che ha esteso l’obbligo dell’indennizzo alle vaccinazioni solo “raccomandate”, attraverso una campagna vaccinale sistematica, fin quasi ossessiva (come si è verificato a proposito del vaccino anti Covid), tale comunque da ingenerare nel cittadino comune l’affidamento su ciò che viene consigliato dalle autorità sanitarie e dalle autorità governative: sì che anche oggi, indipendentemente da una legge espressamente destinata all’obbligo vaccinale, sarebbe ipotizzabile un indennizzo per lesioni di grave entità provocate da una vaccinazione non obbligatoria, ma semplicemente raccomandata dalle autorità di governo; e sono innumerevoli le richieste risarcitorie avanzate da soggetti che hanno riportato lesioni a seguito della somministrazione di vaccini anti Covid. Ma, a parte ogni altra considerazione, quello che balza evidente dalle leggi e dalle sentenze citate è il diverso campo di applicazione della sentenza della Corte di Strasburgo rispetto alle sentenze della nostra Corte costituzionale. La prima parla di obbligo e guarda alla legge, e solo alla legge, come fonte dell’obbligo stesso. Le sentenze della Corte costituzionale equiparano invece la vaccinazione obbligatoria alla vaccinazione solo “raccomandata” (tanto raccomandata da apparire imposta: dalle più alte autorità dello Stato e da una campagna che ha occupato tutti gli spazi di comunicazione) per garantire anche a chi sia rimasto vittima di una vaccinazione “raccomandata” quell’indennizzo prima riconosciuto nel solo caso di vaccinazione obbligatoria. Altro elemento che differenzia la legge attualmente in vigore dalla giurisprudenza europea sta in ciò: che la prima parla pur sempre di “indennizzo” mentre la sentenza della Corte europea parla di “risarcimento”: e non è il caso qui di ricordare le differenze che corrono tra le due forme risarcitorie: la prima devoluta generalmente (anche per il quantum) all’apprezzamento discrezionale del magistrato, mentre la seconda riguarda il danno collegato a un fatto illecito, colposo o doloso, e riflette tutto il danno che l’attore (sul quale grava l’onere della prova) riesca a dimostrare. Una soluzione del problema: indennizzo o risarcimento, potrebbe essere quella di riconoscere il diritto all’indennizzo e, congiuntamente, il diritto al risarcimento (per la parte residua non coperta dal primo). Tutto questo richiederebbe una legge che faccia chiarezza e superi i limiti della Legge 210/1992, che appare troppo lontana nel tempo, come dimostra la stessa dichiarazione di (parziale) illegittimità della legge medesima ad opera della Corte costituzionale. Solo una legge diversa che non ponga l’obbligo della vaccinazione, ma riconosca la doppia forma risarcitoria (indennizzo e risarcimento) potrebbe porre lo Stato al riparo di pronunce di illegittimità della Corte europea, e consentire al legislatore di evitare artifici come quello del green pass che elude la legge senza applicarla. Solo una legge diversa potrebbe venire incontro alle esigenze fatte valere dalla giurisprudenza europea (soprattutto in materia di risarcimento, che sarebbe garantito anche al caso di vaccinazione “raccomandata”, e senza legge istitutiva. Mi rendo conto che si tratta di materia assai delicata, che richiederebbe uno studio più approfondito di quello consentito da questa nota. E mi rendo conto che una legge siffatta (che estenda l’obbligo dell’indennizzo o risarcimento che dir si voglia) comporterebbe oneri finanziari gravosi per lo Stato: il che, per i tempi che corrono, se non è utopia poco ci manca. E qui passo a considerare altro motivo di preoccupazione, anch’esso minimizzato se non distorto dalle autorità di governo. Si è parlato, e si continua a parlare, delle manifestazioni di piazza come di manifestazioni no green pass, o di manifestazioni no vax, o nivax, o come altrimenti si chiamano i manifestanti che si oppongono al vaccino. Manifestazioni dunque di una sparuta minoranza di fronte alle altissime percentuali di soggetti vaccinati: minoranza che non può imporre il proprio credo politico a una maggioranza così ampia, in spregio alle più elementari norme di democrazia. Anche qui debbo avanzare riserve che ai miei occhi appaiono tutt’altro che irrilevanti. Primo. Non mi sembra corretto calcolare le percentuali di un fenomeno mettendo a confronto entità diverse, e non paragonabili tra loro. Se poniamo da un lato tutti coloro che si sono vaccinati per obbedire a un obbligo imposto con qualsiasi mezzo (anche il green pass, anche la sola raccomandazione, come intesa dalla Corte costituzionale), e poniamo dall’altro coloro che non si sono vaccinati per convinzioni personali, per eccesso di sicurezza o per paura, è chiaro che la prima categoria prevarrà nettamente sulla seconda, fino a giungere a percentuali che potremmo anche definire “bulgare”, se non fosse scorretto usare tali attributi per una Nazione entrata a far parte dell’Unione Europea. Ma le cose non stanno così. Personalmente, non ho dubbi che la maggioranza sia dalla parte di chi si è vaccinato o (ma molto meno) ha accettato il green pass. Ma una percentuale corretta e più conforme a criteri di trasparenza, porterebbe ad altri risultati. La categoria degli oppositori rimarrebbe una minoranza ma la minoranza non giungerebbe a livelli irrisori (senza contare che a una minoranza, anche irrisoria, deve essere sempre garantita libertà di manifestazione, col diritto di esprimere la propria opinione, secondo i dettami della Carta). Ma nel fenomeno io vedo altri aspetti che non possono essere sottovalutati). Personalmente, credo che le tante manifestazioni che si susseguono in tutta Italia non trovino spiegazione nell’uso o meno del vaccino, nell’uso o abuso del green pass. Il vaccino è solo un pretesto. Lo dimostrano le scritte, le immagini, i simboli, i cori, diretti contro il Capo dello Stato, il Capo del Governo, contro i Ministri, contro le autorità tutte dello Stato, contro la dittatura sanitaria, contro non so che altro. A questo punto, sorge spontanea una domanda: ma la rivolta è diretta contro il vaccino, o è rivolta contro il sistema? E’ o non è una rivolta sociale? Personalmente, non credo si sia arrivati a tanto. Ma coloro che credono a una sparuta minoranza di oppositori, si sono mai chiesti come migliaia di persone si diano appuntamento ogni sabato sera per protestare contro tutto e tutti, e dimostrare la loro presenza. E si sono mai chiesti se tra le migliaia di manifestanti non vi siano pure giovani senza lavoro, lavoratori disoccupati, donne sottopagate, uomini e donne poveri entrambi, o sull’orlo della povertà? In questo caso, ci troveremmo davvero di fronte a una rivolta sociale. Che non sappiamo dove voglia e possa portare. Per questo, occorre che tutti dimostrino nei fatti di aver capito le ragioni di fondo della protesta, e facciano qualcosa per soccorrere milioni di gente alla fame. Ma occorre pure che tutti si stia attenti a qualsiasi infiltrazione, specie se organizzata, che potrebbe mettere in pericolo la stessa sopravvivenza di un regime democratico. Finora, io non vedo niente di tutto questo nell’opera dei nostri governanti. Solo dichiarazioni prive di significato concreto. Ripeto: attenzione agli infiltrati. Non vorrei che da un giorno all’altro il corteo diventasse una marcia. Una marcia nient’affatto nuova, ignota ai più giovani, ricordata solo per sentito dire dai novantenni ancora in vita. Che dire? Che Dio ci scampi dalla marcia, che Dio ci scampi da una nuova disgrazia.
*Scrittore – Giudice in pensione