La guerra! Una riflessione di Michele Di Lieto, magistrato in pensione, con una esperienza lavorativa che decideva, anche sulla libertà dei cittadini.

Miche Di Lieto

La guerra è scoppiata. Dopo una serie interminabile di paure, timori, dichiarazioni e smentite, minacce e  interviste, comunicazioni e contro comunicazioni, i russi hanno valicato i confini dell’Ucraina e hanno dato inizio a una guerra che, date le forze in campo,  prevedono breve, senza pentimenti, senza marce indietro. Non credo che oggi, nel 2022, si possa ancora parlare di guerra di terra, quando la guerra può farsi dall’aria e da mare con mezzi più potenti e sofisticati. Fatto sta che le immagini televisive inquadrano non solo carri armati ma anche esplosioni non si sa come provocate (forse dall’aria, forse da mare). Le previsioni sono le più disparate. C’è chi spera (ancora) nella forza del negoziato, o nelle sanzioni preannunciate dai paesi occidentali e c’è chi non esclude che la crisi possa sfociare in una terza guerra mondiale. Il ricordo torna alla seconda, quella conclusa dallo sbarco degli americani, alla fame e alla miseria che ogni guerra si porta appresso. Che io ricordi, con la lira ridotta a pezzi, e lo stipendio di maestro elementare ridotto all’osso, avremmo potuto anche noi soffrire la fame. Ci salvarono i  giardini curati da mio padre, che ci assicurarono quanto meno i prodotti di terra, ortaggi e verdure, costringendoci a una dieta vegetariana, della quale non erano stati scoperti i benefici. E avemmo la frutta in abbondanza, dai fichi all’uva, oltre che i limoni, ricchi di vitamina C,  e questo si sapeva già allora, ma inefficaci contro la fame. Per qualche anno, tirammo avanti; ma c’erano quelli che non avevano neppure ortaggi e  verdure, e fecero la fame per davvero. Poi venne il Piano Marshall, e tutti, anche quelli degli ortaggi e verdure, riempirono di benedizioni gli americani, anche se il Piano  significava assoggettamento alla politica degli Stati Uniti dei paesi dell’Europa occidentale. La crisi scoppiata tra Russia e Ucraina ne ricorda un’altra, quella cubana, 1962, tra Russia e Stati Uniti, che presenta molti punti di contatto con la crisi attuale. Solo che nel  1962, furono gli americani a reagire all’installazione su suolo cubano, a breve distanza dagli Stati Uniti, di stazioni missilistiche russe, mentre oggi è la Russia a reagire contro l’adesione della Ucraina alla Nato, e quindi alla possibile installazione di basi missilistiche al confine col territorio russo. Nel 1962, la crisi cubana, che ebbe come protagonisti Kruscev e Kennedy, non sfociò in una guerra atomica perché Kruscev, di fronte alla minaccia dell’atomica, rinunciò a qualsiasi mira sul territorio di Cuba, ivi compresa l’installazione di missili a breve distanza dagli Stati Uniti; mentre oggi la crisi ucraina, che ha come protagonisti Putin e Biden, vede la Russia reagire contro l’adesione alla NATO dell’Ucraina, alla quale Putin ha chiesto di rinunciare, mentre l’Ucraina ha opposto un netto rifiuto, poco prima che i russi dessero inizio alla lotta armata. Questa è almeno la versione dei russi,  contrastata dagli Stati Uniti, dalla NATO, dall’UE, dal Regno Unito e da tutto l’Occidente, che parla di invasione, di violazione di sovranità, di attentato alla libertà del paese occupato, di minaccia implicita ai paesi della NATO e dell’UE, della quale anche l’Italia fa parte. Vediamo dunque quali saranno le ripercussioni della crisi ucraina sul nostro Paese, in particolare le conseguenze che potrebbero derivare dalle sanzioni economiche minacciate dagli occidentali al Paese occupante. Cominciamo col dire che l’Italia e gli altri Paesi europei sono reduci da un’altra crisi economica, quella seguita ala pandemia, che ha fiaccato le risorse dei paesi come il nostro già largamente indebitati e non sappiamo come possano reagire a un’altra crisi economica di proporzioni colossali. Ben vero che alle minacce occidentali Putin ha già dichiarato di voler reagire con altre misure economiche. E i nostri governanti sanno di che si tratta. L’Italia dipende dal gas russo per oltre il 40%. E la sola incertezza sul dilemma: guerra sì, guerra no, ha provocato un rincaro eccezionale sui prezzi delle materie prime: i prezzi del petrolio e del gas sono volati alle stelle. Un ulteriore aumento dei prezzi, prevedibile ma non auspicabile, sarebbe una rovina per noi: se la Russia dovesse arrestare o semplicemente ridurre le esportazioni di materie prime, il nostro debito giungerebbe a limiti intollerabili. Ben vero che l’Italia non importa ma esporta pure merci in Russia per 20 miliardi di euro: ma è chiaro che se il volume di affari dovesse arrestarsi, le conseguenze negative colpirebbero prima di tutto l’Italia, per il mancato introito derivante dalla mancata vendita di merci che esportiamo. Gli occidentali (quasi tutti) minacciano ritorsioni dirette principalmente alle Banche. La Repubblica scrive che “quelle italiane sono le più esposte al mondo al Paese guidato da Putin con prestiti e finanziamenti complessivi per 25,3 miliardi di dollari, ai quali si aggiungono  6 miliardi di garanzie” . Se queste cifre sono esatte, bisogna fare attenzione alle minacce degli occidentali che potrebbero ripercuotersi  con effetti sfavorevoli sul nostro Paese. Ma le prime conseguenze si sono già avute e riflettono l’aumento dei prezzi, in particolare dei carburanti (il prezzo della benzina ai livelli massimi negli ultimi dieci anni e ha già suscitato le proteste  degli autotrasportatori che hanno bloccato traffico e rifornimenti), ma anche del grano (importiamo dall’Ucraina il 20% del nostro fabbisogno), del mais, dell’orzo, di altri prodotti alimentari, tutti colpiti dall’aumento dei prezzi che già si avverte ma ancor più si avvertirà nei mesi a venire. Questa la sintesi degli sviluppi della crisi ucraina. Che, come altre crisi, ha sollevato il tema dei profughi, che fuggono dall’Ucraina anche e solo per congiungersi ai familiari residenti altrove (200mila e più solo in Italia) oltre che il tema dei minori scappati dall’Ucraina e finora soccorsi da Save the children ed altre fondazioni umanitarie. Sono questi gli effetti principali della guerra ucraina che ha creato conseguenze drammatiche colossali. Di fronte a queste conseguenze, i nostri governanti non fanno che ripetere frasi e parole condivise da tutti (o quasi) i leaders europei. Si parla di “intransigenza”, di “attacco ingiustificato”, di “invasione”, di “sovranità violata”, di “disegno imperiale” fino a paragonare Putin a un nuovo zar o, peggio, a un Hitler redivivo. Solo che gli altri paesi europei non hanno la stessa situazione economica dell’Italia, già resa drammatica dalla pandemia e dalla mancata ripresa. Io mi chiederei se non convenga essere più cauti. Prima di tutto, ascoltando (con pari attenzione) le due verità: quella di Putin e quella di Biden (e degli stati europei) in modo che ciascuno possa farsi una opinione eguale o contraria da quella che viene presentata dai mezzi di informazione. Tenendo poi conto del fatto che i rapporti fra Stati sono assai spesso influenzati da quella che si chiama “ragion di Stato” e comprende anche i rapporti personali tra governanti dell’uno e dell’altro Paese. Sotto questo profilo, non si può tacere che i nostri rapporti con Putin sono sempre stati improntati al massimo delle cautele, a partire da Berlusconi, a Conte, da Prodi a Salvini. Infine, facendo valere esigenze di realpolitik, e sottolineando i rapporti di soggezione che ci hanno sempre legati alla Russia, non solo a questa di Putin. C’è qualcuno che, ancor oggi, sostiene che l’Italia è un fantoccio nelle mani di Biden; e che gli Stati Uniti sono pronti ad adottare, e a chiedere di adottare le sanzioni più severe nei confronti dei russi,lasciando l’Italia al suo destino. E’ questo il pericolo maggiore che si corre per la guerra in atto: quello che i nostri alleati non comprendano gli effetti disastrosi che potrebbero avere sul nostro Paese le sanzioni annunciate da Biden e le controsanzioni prevedibili di Putin. E’ questo il pericolo paventato anche da Romano Prodi, che pur denunciando il sopruso di Putin, predica cautela. A questo punto, io chiederei ai nostri governanti maggiore chiarezza. Direi chiaramente che una interruzione dell’approvvigionamento del gas provocherebbe il collasso del nostro Paese. Direi, se la guerra dovesse proseguire, da che parte stiamo.  Chiamerei, se necessario, il popolo stesso a dire sì o no alle sanzioni e al rischio delle controsanzioni: e Dio ce la mandi buona.

Michele Di Lieto*

*Magistrato in pensione e scrittore

 

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