Ucraina: immagini di guerra. Una nuova riflessione del giudice Michele Di Lieto

Michele Di Lieto

Si sbagliava chi aveva previsto una guerra lampo, due o tre giorni, quasi una passeggiata, per i soldati russi in Ucraina. Il conflitto dura ormai da   giorni, interrotto apparentemente da un negoziato (ancora in corso) che vede le parti troppo distanti perché si possa pensare a un accordo immediato. Frattanto, continuano i bombardamenti, vengono colpiti obiettivi civili e militari, sono inquadrate colonne di carri armati lunghe decine di chilometri. Si tratta naturalmente dei russi, che non si sono diretti contro Kiev, la capitale ucraina, ma sembrano orientati a una manovra di accerchiamento che abbraccia altre città ucraine, egualmente attaccate dal cielo e da terra. L’operazione russa allarga l’area del conflitto, e non fa piacere a nessuno, sempre che non sia stata necessitata, come pensa qualcuno, dalla imprevista resistenza ucraina. Che certamente è esistita, ed esiste tuttora, se perdite vengono ammesse da entrambe le parti, anche dai russi, e se gli ucraini rivendicano tra i loro successi l’abbattimento di velivoli russi colpiti da missili ucraini. Le immagini, le sole, che provengono da Kiev, sono raccapriccianti: ritraggono case distrutte (dai russi), strade bloccate (dagli ucraini), donne e bambini (ucraini) riparati nei bunker con quel poco che serve per sopravvivere. Immagini raccapriccianti: ma sono le stesse che si accompagnano ad ogni scenario di guerra. Perché quella che si combatte è una guerra vera e propria, che vede protagonisti la Russia da un lato, l’Ucraina e tutto l’occidente dall’altro. Vi partecipano con promesse di aiuto (alla Ucraina) i paesi aderenti all’Unione Europea, nessuno escluso. Neanche la Germania, che aveva fino a ieri intessuto (proprio per la vendita di armi) rapporti di commercio colossali coi russi. Neanche la Francia che negli ultimi cinque anni aveva adottato una politica economica soft nei confronti di Putin. Neanche l’Italia, che sembra aver tutto da perdere, essendo  strettamente  legata alla Russia  che ci fornisce gas per il 40% del totale importato. Vi partecipa la Nato, e vi partecipano gli USA, che hanno armato e continuano ad armare l’Ucraina e si sono detti pronti  a potenziarne il sistema difensivo  con missili e aerei da bombardamento. I mezzi di informazione occidentali sono tutti orientati in favore dell’Ucraina: Putin, Capo dello Stato russo, viene descritto come un tiranno, dittatore, megalomane, nazista, psicopatico se non pazzo. L’operazione  intera viene considerata come l’ invasione di un paese sovrano, una ingerenza indebita, l’impresa di un folle. Oggi la televisione è sommersa da mattina a sera dalla  guerra ucraina: sembra che il Covid  abbia lasciato il posto al conflitto  nei palinsesti televisivi. E l’Ucraina vi appare come la nazione aggredita in cerca di aiuto. Non vorrei apparire difensore di ufficio di Putin. Ma sono abituato da sempre a sentire “l’altra campana”: non mi piace, non mi è mai piaciuto questo unanimismo dell’informazione, basata su fonti occidentali che non tengono conto, com’è naturale, della versione dell’altra parte, quella russa. Fatta questa premessa, passo ad esaminare,  per quel che è possibile, la versione di Putin. Il capo dei russi ha dichiarato, prima e all’inizio del conflitto, che non avrebbe tollerato una ulteriore avanzata della Nato, degli americani, e degli occidentali  in un paese che estende i suoi confini a 60O chilometri da Mosca. Ha chiesto ripetutamente al paese ucraino di rinunciare all’ingresso nella Nato: sarebbe bastato che Zelenskj si sedesse a un tavolo per negoziare: la guerra sarebbe stata evitata. Ora, basta guardare una cartina geografica per accorgersi che la Russia è circondata da tutti i lati dalle forze occidentali. Restava l’Ucraina, che aveva ed ha una posizione strategica per entrambe le forze in campo: per la Russia, che intende salvare quel poco che resta, dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, di credibilità come seconda, oggi terza potenza mondiale; per l’Occidente, e per esso degli Stati Uniti di America, che intendono riacquistare con la Nato e i paesi europei il ruolo di prima, oggi seconda potenza mondiale (dopo la Cina). Come ognun vede, alta è la posta in gioco: il che giustifica le dimensioni del conflitto che minaccia di trasformarsi da guerra locale in guerra globale,  da guerra tradizionale (se così può chiamarsi quella combattuta con missili e droni) in una guerra atomica che non lascerebbe né vincitori né vinti. E fa meraviglia sentire tutte le forze politiche (dalla sinistra alla destra, in Italia e altrove) condannare senza appello quella che viene comunemente chiamata invasione dell’Ucraina, attacco premeditato, aggressione infame. Certo, l’aspetto più appariscente del conflitto, che desta più emozioni, è quello che proviene dalle immagini della popolazione civile ucraina travolta dagli orrori della guerra; delle centinaia di civili che cercano rifugio nei paesi occidentali, delle donne e bambini ridotti alla fame. Ma nessuno si chiede se i russi non abbiano qualche ragione da far valere nei confronti di chi (la Nato e gli USA) intende usare le basi ucraine per installare missili e bombe alle porte di Mosca. Non mi voglio imbarcare in una disputa sulla guerra “preventiva”: quella diretta a prevenire una minaccia percepita come imminente e/o inevitabile dallo Stato che vi ricorre. Come si vede, si tratta di concetti così incerti che vi si può far rientrare tutto e il contrario di tutto. Quello che per gli uni appare imminente può non apparire tale per l’altro. Quello che per gli uni appare inevitabile può non apparire tale per l’altro. Perché qualsiasi giudizio non può non essere influenzato dalle fonti di informazione: e la guerra ucraina, come tutte le guerre, è anche una guerra tra mezzi di comunicazione: e lo stesso fatto può essere travisato da una fonte o dall’altra a seconda delle convenienze. Quello che a me pare certo è che l’Ucraina, legata da capo a piedi alla Nato e agli USA, non è né può essere sprovvista di mezzi di difesa adeguati nonostante le richieste di aiuto ripetute ai paesi occidentali. Il fatto stesso che Zelenskj, Capo ucraino, rivendichi l’abbattimento di aerei russi, dimostra abbondantemente che l’Ucraina è già in possesso di basi e di missili antiaerei.  Ma non sono le basi missilistiche ucraine a spaventare la Russia. Putin ha più volte dichiarato di non potere tollerare una penetrazione ulteriore della NATO verso oriente (occidente per la Russia). E’ questo dunque che teme la Russia: che possa essere accerchiata da tutti i lati dalle forze della NATO, una volta che siano messe in grado di disporre di missili e basi su suolo ucraino, a breve distanza dai suoi confini. Che è poi quello che vuole Zelenskj, se ha chiesto espressamente di entrare a far parte della NATO, creatura degli USA. Per questo, il conflitto Russia Ucraina minaccia di esplodere e di trasformarsi in una guerra globale che coinvolgerebbe il mondo intero. Io non so se tutto questo valga a integrare (per la Russia) le condizioni di una guerra “preventiva”. A me basta sottolineare che, come per ogni altro conflitto, anche per la guerra ucraina, torto e ragione non sono mai da una sola parte. E non posso tacere un fatto: che le stesse fonti occidentali, almeno quelle più caute, invitano a non considerare Putin un pazzo, a rinunciare all’idea che l’eliminazione fisica di Putin possa portare essa sola alla fine del conflitto, a non enfatizzare il peso delle opposizioni, in Russia e in Ucraina, per scalzare Putin dal seggio di Capo. Ho sentito l’altra sera, a Otto e mezzo, su La 7, parole come queste: “Dovesse morire Putin, ce ne sarebbe un altro… E dov’era l’Ucraina quando la gente scappava dal Kossovo, dalla Siria, dall’Afghanistan”…. Questa carica emotiva  è giustificata, ma è la stessa che proviamo nei confronti di tutti i rifugiati…”. A parlare non era un Pinco Pallino, ma Fabio Mini, Generale Di Corpo d’Armata, più volte impegnato in missioni di pace per conto della Nato. Per il resto, il conflitto in corso resta ancora difficile da decifrare: e parlare, come si fa, di trionfo degli uni e tracollo degli altri appare quanto meno prematuro. Saranno gli eventi, sarà la storia a dire chi ha vinto e chi ha perso: ma la storia è fatta dai vincitori, non dai vinti. A noi osservatori non resta che sperare: sperare in una trattativa, condotta da uomini (o donne) di prestigio elevato, imparziali, capaci di evitare una soluzione drammatica e pericolosa per tutti, Russia e Ucraina compresi. Il negoziato già iniziato è ancora aperto fra le parti: ma non promette niente di buono. Quello che sembrava uno spiraglio di speranza (corridoi umanitari per consentire agli ucraini di scappare) non pare, a detta di Putin, che si possa attuare per il boicottaggio di gruppi nazionalisti ucraini, ed è stato (giustamente) rifiutato dagli ucraini, quando si sono accorti che l’evacuazione sarebbe stata diretta in Russia o in Bielorussia, paese notoriamente amico di Putin. Certamente, al punto in cui siamo arrivati, il negoziato non dovrebbe dispiacere a Zelenskj, sempre che siano di accordo gli USA e la Nato. E non dovrebbe dispiacere alla Russia che sta pagando, tra operazioni belliche e sanzioni economiche, un prezzo troppo alto per giustificare una guerra anche se fosse solo “preventiva”. Io mi auguro che il conflitto non cessi con la vittoria di uno dei contendenti: e continuo a credere in un accordo di pace. Non resta che sperare. Che la Russia e l’Ucraina, la UE e la Nato,  Putin e Biden trovino una intesa, e facciano cessare lo scempio che siamo costretti a guardare.

 Michele Di Lieto*

*Scrittore e Magistrato in pensione   

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