In merito agli ex terroristi italiani residenti in Francia che la Corte di Cassazione francese ha detto no all’estradizione, il giudice Michele Di Lieto lo aveva già scritto tempo fa. Secondo il ragionamento del giudice Di Lieto, la pena dopo 40/50 anni dalla condanna, qualsiasi diritto si affievolisce col passare del tempo, perché la pena non può protrarsi all’infinito.
A tal proposito Di Lieto evidenzia: <<… mi dispiace che questo giubilo sia stato condiviso dal Presidente del Consiglio: sarà anche questo un tassello sul quale peserà il giudizio definitivo. (Michele Di lieto, I governi del Presidente,2021)>>.
In effetti nell’articolo Di Lieto, anticipa la pronuncia della Cassazione francese che ha detto no all’estradizione dei brigatisti rivendicata come un successo dalla destra (e da Draghi). Si è visto come è andata a finire: l’estradizione non è stata concessa.
Qui di seguito pubblichiamo l’articolo del giudice Miche di Lieto:
….Ma, a parte quel che non è stato fatto (e si potrebbe sempre fare), vi è un fatto che non posso tacere e che pure può essere indicativo degli orientamenti di Draghi e del suo governo. Mi riferisco alla estradizione, richiesta da Draghi, e all’arresto in Francia di alcuni ex brigatisti già giudicati e condannati in Italia. Dovevano essere dieci: tre sono evasi, due si sono costituiti, il terzo è ancora latitante. Ha esultato la destra. Ha esultato Salvini. Hanno esultato i parenti delle vittime. Ha esultato anche Draghi, rivendicando l’iniziativa e l’accordo per l’estradizione in virtù dei buoni rapporti con Macron, Presidente francese. Non sono d’accordo. Non posso essere d’accordo, se la giustizia interviene a distanza di quaranta, cinquant’anni dal fatto, quando l’imputato è sicuramente diverso da quello di prima (e si è rifatto una vita, là dove gli è stato consentito). A ben guardare, la giustizia qui varrebbe a rivendicare, ma a distanza di tempo, il diritto all’esecuzione della pena, da parte di chi ha vinto, giudicato e condannato gli imputati. Ma il giudizio del vincitore sul vinto lascia sempre l’amaro in bocca, qualsiasi diritto si affievolisce col passare del tempo, e l’esecuzione della pena non può protrarsi all’infinito. Se n’è accorto chiunque (a partire da Mitterrand, Presidente francese negli anni ‘90 del secolo scorso) abbia tentato di mettere la parola fine sulla violenza esercitata non solo dalle Brigate rosse, ma anche da movimenti analoghi, decidendo di accogliere tutti quelli che avessero mostrato di essersi staccati dai movimenti armati, e lasciando alla Storia di esprimersi su di un fenomeno più vasto e complesso di quello che è stato possibile ricostruire attraverso il processo e la condanna di pochi proseliti. Se ne sono accorti gli stessi giudici d’oltralpe, promuovendo un processo per l’estradizione, che ha per oggetto i presupposti stessi della estradizione, non sappiamo se e quanto durerà, non sappiamo se giungerà alla fine; ma intanto hanno rimesso gli estradandi in libertà, riconoscendo implicitamente che i condannati non sono mai venuti meno ai doveri verso il paese ospitante, e che, pertanto, non esistono i presupposti per l’estradizione. Di qui due notazioni di carattere più vicino al caso concreto. Prima. Non sappiamo se il processo (che si preannuncia lunghissimo: non meno di due anni) arriverà alla fine. Se sì, a giudicare dagli inizi, dovremmo ritenere improbabile che si concluda con l’estradizione. Seconda. Il provvedimento francese, tutto concentrato sul termine estradizione, diffuso a destra e a manca come prossimo all’attuazione, richiederà anni, se e quando verrà emesso: allo stato delle cose, occorre riconoscere il solo valore simbolico di un provvedimento (l’arresto) e di un processo (per l’estradizione) che non si sa come andrà a finire, ma è assai verosimile che neghi l’estradizione. Esultare per un provvedimento di carattere tutt’altro che immediato; esaltarsi per la condotta di Macron, che avrebbe alla fine sconfessato la dottrina Mitterrand (diritto di asilo per i terroristi) senza neppure considerare la differenza che corre tra i due statisti (Mitterrand è stato Presidente dal 1981 al 1988 e poi, rieletto, fino al 1995); rivendicare il proprio ruolo nell’accordo e nell’estradizione, mai avvenuta, e forse mai avverrà, tutto questo mi pare fuori luogo. Per questo dico no a questo giubilo di destra, di destra estrema (Giorgia Meloni), e mi dispiace che questo giubilo sia stato condiviso dal Presidente del Consiglio: sarà anche questo un tassello sul quale peserà il giudizio definitivo. (Michele Di lieto, I governi del Presidente,2021). – maggio 2021