Uno straordinario libro “Napoli prima di Napoli” scritto, a quattro mani, dagli archeologi Daniela Giampaola ed Emanuele Greco

 

Da sempre Napoli è considerata la capitale del Mediterraneo e, quindi della Magna Grecia.

E’ una città conosciuta in tutto il mondo. In merito, si legge che in un sondaggio proposto da un quotidiano inglese, emerse che più del 50% dei partecipanti, tra le varie città, scelse Napoli. Le motivazioni, secondo gli esperti, vanno ricercate nei suoi paesaggi mozzafiato, nelle sue bellezze storico-artistiche, ma anche di come si vive quotidianamente a Napoli a partire dalle strade dei vicoli che mostrano una sensibilità particolare, insomma i cittadini sempre accoglienti, sorridenti, con la capacità di esercitare l’arte di arrangiarsi sempre, per cui la rendono unica nel mondo.

Proprio per questo anche le sue contraddizioni rendono Napoli una straordinaria città che non ammette mezze misure e, cioè: o la si ama incondizionatamente o la si odia, ma anche in questo caso si presenta straordinariamente vera, in ogni sua sfacciatura.

 Cosicché, due straordinarie persone di cultura e studiosi di arcologia e ben conoscitori di Napoli, parliamo di Daniela Giampaola ed Emanuele Greco, hanno scritto un magnifico libro: “Napoli prima di Napoli”Mito e fondazioni della città di Partenope – Salerno Editrice.

 Un libro ricco di riferimenti e di un realismo senza sconti, con tanta narrazione dei luoghi che rispecchiano i momenti culturali,  i pensieri di chi ama Napoli e delle impressioni di quanti si sono avvicinati alla città partenopea, senza pregiudizi, ma mossi solo dalle intenzioni di penetrare nell’anima più autentica del popolo napoletano.

Come dicevo sopra gli autori di questo straordinario libro sono molto noti, ma qui di seguito vogliamo ricordare solo in parte i loro momenti culturali ed istituzionali:

  • Prof.ssa Daniela Giampaola

    Professoressa Daniela Giampaola è stata funzionario nei ruoli del Ministero della Cultura, con responsabilità della tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico del centro storico di Napoli. È autrice di numerose pubblicazioni dedicate all’archeologia della città di Napoli.

  • Professore Emanuele Greco, già professore ordinario di Archeologia classica nell’Università di Napoli 
    Prof. Emanuele Greco

    L’Orientale. Successivamente ha diretto dal 2000 la Scuola Archeologica Italiana di Atene ed è stato visiting professor all’Université de Paris I-Sorbonne. Inoltre ha diretto numerosi scavi e ricerche sul terreno a Paestum, Sibari, Laos, Itanos ed Efestia. Infine è autore di circa 300 pubblicazioni ed anche di Storia dell’urbanistica. Il mondo greco (con M. Torelli, 1983) e Archeologia della Magna Grecia (2006, tradotto in francese e in greco moderno). Immaginario sociale e pianificazione urbana nella Grecia classica (Paestum 2018).

La presentazione del libro è prevista per Martedì 18 aprile 2023, ore 11.00, presso l’Università di Napoli L’Orientale, Daam Napoli– Piazza S. domenico Maggiore, 12 Palazzo Origliano – 2° piano Sala Conferenze. Gli interventi previsti sono così articolati:

  • SALUTI ISTITUZIONALI:
  • Andrea Manzo – direttore del Dam l’Università di Napoli L’Orientale; Luca Cerchiai – direttore del Dam l’Università di Salerno; Anna Filigenzi  – vice direttrice di Or.Sa-
  • INTRODUCONO:
  •  Fausto Longo  – direttore di Or.Sa – Matteo D’Acunto – l’Università di Napoli L’Orientale.
  • PRESENTAZIONE:
  • Bruno D’Agostino – l’Università di Napoli L’Orientale – Stefano De Caro – già direttore generale Iccrcm. Relativamente alla manifestazione, per informazioni o per il link di accesso si può contattare: mscafuro@unisa.it

Intanto per farsi un’idea della bontà del libro, qui di seguito pubblichiamo l’introduzione degli autori Daniela Giampaola ed Emanuele Greco.

<< Neapolis è una città che comprende già nel nome una parte non secondaria della sua storia.  A ben vedere, si tratta di un nome piuttosto comune, portato anche da altre città greche (per esempio, la Neapolis sulle costa nord dell’Egeo ad Ovest della foce del Nestos di fronte a Thasos, oggi Kavalla) e non solo: si chiama Neapolis uno dei quartieri di Siracusa, così detto perché impiantato in epoca più recente, a partire dalla fine del V secolo a.C., rispetto a quelli precedenti, arcaici, di Ortygia, Acradina e Tyche [1] ed un quartiere di Leontinoi (Diod.Sic. 16,72,3). E non vanno dimenticati anche casi di Città nuove il cui significato troviamo espresso nella lingua osca come Nuceria o Nola [2] o etrusca:  il caso più eclatante è quello di Marzabotto di cui conosciamo il nome Kainua, cioè la nuova, dall’ iscrizione sul collo di un’anfora di bucchero della seconda metà del VI secolo a.C., una delle più antiche della città[3] , per non parlare del ricorso al toponimo, da parte dei moderni, per indicare quartieri nuovi identificati archeologicamente come più recenti, rispetto ad altri, e quindi definiti Neapolis senza indugi. E’ il caso, per esempio, della collina Nord di Olinto nella Calcidica[4] fino ad arrivare alle numerose Cittanuova e Civitanuova dei tempi moderni come Cittanova d’Istria prima Neapolis poi con il nome latinizzato di Cittanova e Civitanova Marche (Macerata) etc. La nostra Neapolis, invece, e non c’è dubbio alcuno, ebbe questo nome in seguito ad un atto di rifondazione, che, come sappiamo, non fu unico e non si limitò soltanto alla fase iniziale della sua vita, ma conobbe, negli anni seguenti, altre esperienze analoghe, sicché possiamo quasi dire che Neapolis, alla fine, risultò una specie di nome-programma di una città protagonista di processi tali da farle valere il titolo di città delle rifondazioni, destinata a vivere frequenti rinnovamenti. E come non sottolineare la conseguenza di una delle più antiche rifondazioni, quale risulta essere la denominazione di Palepoli dell’insediamento che l’aveva preceduta. Fin troppo banale ricordare che Palepoli (Città Vecchia) assume questo nome dopo la nascita della Città Nuova e dopo un complicato processo di strutturazione e definizione del nuovo abitato. Nostro obiettivo è ripercorrere la storia di queste rifondazioni, attraverso la documentazione letteraria, non abbondante, giunta fino a noi, che cercheremo, speriamo correttamente, di far interagire con l’incremento vertiginoso di informazioni che si sono accumulate nei 40 anni passati , grazie ai risultati dei cantieri archeologici nel ‘centro antico’ e, soprattutto, di quelli della metropolitana.

  • [1] V. Enciclopedia dell’Arte antica VII, s.v. Siracusa, 329-31 – [2] Cerchiai 1995,128) – [3] v. Govi 2017, 158-59-62) [4] v. Cahill 2002, 27-45

Il nostro sarà, dunque prevalentemente, il punto di vista di due archeologi.

Le nuove acquisizioni sono andate ad aggiungersi a quelle ottenute con gli scavi del dopo colera del 1884, con il cosiddetto Risanamento dei quartieri bassi. A quel tempo molte informazioni andarono perdute: si sono salvati brevi resoconti in Notizie degli Scavi di Antichità e i lunghi elenchi contenuti nell’opera di Ferdinando Colonna di Stigliano, Scoperte di antichità in Napoli dal 1876 a tutto il 1897, Napoli 1898.

Vale la pena di ribadire che la conoscenza archeologica di Napoli, era tutta affidata a due tragici eventi, il colera del 1884 e il terremoto del 1980, che hanno dato origine, in entrambe le occasioni, ad estesi cantieri di scavo.  Tra i due fatti, quasi niente, salvo qualche sporadica e casuale scoperta, determinata soprattutto dai bombardamenti dell’ultimo conflitto, come nel caso delle terme nel complesso di S. Chiara e dell’isolato di età imperiale di vico Carminiello ai Mannesi. L’assenza della dimensione archeologica appariva così pregnante che era diffusa l’abitudine di indicare Napoli tra le città antiche senza antichità, così come i Francesi chiamavano una volta Marsiglia, anche lì prima delle grandi scoperte recenti realizzate con gli scavi dovuti essenzialmente alle esigenze della realtà urbana moderna[1]. Abbiamo detto che cercheremo di far interagire correttamente i due corpora documentari di cui ci serviremo. È utile precisare, anche se può apparire scontato, ma non lo è, che si tratta di evidenze diverse che non si possono sovrapporre meccanicamente: da un lato i testi, rivelatori quasi sempre di eventi della storia politica (che, salvo rari casi, non hanno una loro ricaduta materiale) dall’altro, il dato archeologico che è espressione della vita quotidiana e che serve a descrivere un altro tipo di storia. Naturalmente esiste la possibilità di far dialogare ed interagire le due documentazioni, ma pur sempre entro un dichiarato e chiaro percorso ermeneutico e non dopo meccanici ed acritici accostamenti.

Nella redazione del testo, che segue lo sviluppo ricostruibile tramite la fenomenologia archeologica, abbiamo tratto frutto dai lavori di grandi studiosi del passato da cui riceviamo notizie ed insegnamenti preziosi. A prescindere dalla Cronaca di Partenope (XIV secolo) e dal manoscritto di Fabio Giordano (XVI secolo) che avremo modo di citare per questioni puntuali, la nostra bibliografia neapolitana prende le mosse da Bartolommeo Capasso e la sua Napoli Greco-Romana del 1905 (ristampato a Napoli nel 1978) che valse all’autore l’apprezzamento di Benedetto Croce, ma non dobbiamo perdere di vista il sempre fondamentale libro di Julius Beloch, Campanien, Breslau 1890 (traduzione italiana, Campania, Napoli 1989). Né meno significativo è stato il volume del Capasso del 1895 (ristampato nel 1984) Topografia della città di Napoli nell’XI secolo, per l’apporto offerto, grazie all’esame dei documenti medievali e della letteratura antiquaria, ai problemi della topografia antica: basti pensare solo alla localizzazione del porto e al tracciato delle fortificazioni. La bella pianta della città riprodotta nel libro e quella di poco precedente del Beloch in Campanien hanno costituito per l’epoca una fondamentale base cartografica e ancora un utile riferimento per gli studi archeologici più recenti. Dopo la corposa relazione di Ettore Gabrici, Contributo archeologico alla topografia di Napoli e della Campania in Monumenti Antichi dei Lincei del 1951, una svolta si produsse nel 1952 con il fascicolo unico della ‘Parola del Passato’ dedicato a Napoli antica, cui fece seguito una sintesi aggiornata, soprattutto dal punto di vista archeologico, di Mario Napoli, Napoli Greco-Romana, Napoli 1959 (poi ristampato, Napoli 1997). Seguì la Storia di Napoli I. L’età classica, Napoli 1967, con il saggio di Ettore Lepore (Napoli nell’età greco-romana. La vita politica e sociale, pp.141-371

  • [1] in A. Hermary, A. Hesnard, H.Treziny eds., Marseille grecque. La cité phocéenne (600-49 av.J.-C., Paris 1999, 69-96).

ed un nuovo contributo di Mario Napoli, “Napoli Greco-romana”. Topografia e archeologia, pp. 375-507) e poi due eventi del 1985, Neapolis, XXV Convegno di Studi sulla Magna Grecia a Taranto (Atti, Napoli 1988) e la mostra su Napoli antica al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, promossa da Enrica Pozzi Paolini.  Solo un anno prima era apparsa, postuma, la bella ed utile sintesi di Martin Frederiksen, Campania (ed. N. Purcell, British School at Rome, 1984 ). Nel 1995 è apparsa la monografia di F. Raviola, Napoli Origini, Roma, in cui sono riassunte e discusse tutte le fonti relative alla nascita della Città.

Il terremoto del 1980 ha segnato la nascita dell’archeologia urbana a Napoli, uno snodo che ha consentito per la prima volta alla città di allinearsi alle esperienze europee e di altri centri italiani pluristratificati. Ai primi lavori di scavo stratigrafico dopo il sisma si è associato il Convegno sull’Archeologia urbana a Napoli organizzato nel 1983 da B. d’Agostino, (protagonista, inoltre, con A. M. D’Onofrio dell’esplorazione dell’acropoli di Napoli a Sant’Aniello a Caponapoli: v. A. M. D’Onofrio, B. d’Agostino, Ricerche archeologiche a Napoli. Lo scavo in largo S. Aniello 1982-1983, Napoli 1987). Dopo quegli anni, una pratica sul campo che sottraeva le indagini alla casualità e l’idea di una nuova progettualità per la città storica volta a includere le aree e dei monumenti archeologici hanno improntato un percorso di tutela e valorizzazione tuttora attivo, svolto dalla Soprintendenza di concerto con l’Ente locale. Sono state condotte numerose campagne di scavo in diverse aree nodali del ‘centro antico’ (ad esempio, il teatro, vari tratti delle fortificazioni), a cui si sono aggiunte le grandi indagini preliminari alla realizzazione della nuova linea metropolitana, ubicata nella fascia costiera della città, sino a quel momento esclusa da attività archeologiche sistematiche. A queste ultime si devono, solo per citarne alcune, la scoperta del porto e del complesso monumentale dei Giochi Isolimpici. I contributi scientifici già editi su questi scavi sono parte integrante di questo volume.

Una menzione tutta particolare dobbiamo riservare ad Alfonso Mele che, con grande acribia ed entro una produzione scientifica ammirevole per qualità e quantità, ha affrontato in numerose occasioni il problema di Parthenope e Neapolis fino alla storia romana e tardo antica della città. I principali studi del Mele sono stati raccolti in un apposito volume (A. Mele, Greci in Campania, Roma 2014) che sarà un nostro costante punto di riferimento. Emanuele Greco, Daniela Giampaola >>.

 

 

 

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