Il Giudice Di Lieto scrive un articolo sul “libro delle farneticazioni”, proficuo anche per i giovani, visto che si parla di Costituzione.

  • Il giudice Michele Di Lieto ha scritto un articolo ricco di spunti per una riflessione sulla polemica del libro del generale Vannucci. Sarebbe una cosa positiva, soprattutto se i giovani leggessero il pezzo, perché mette a fuoco non la libertà di parola del militare, ma il ruolo che ricopre e cioè una persona super partes, non a caso il ministro della Difesa Guido Crosetto, tempestivamente ha evidenziato: «Non utilizzate le farneticazioni personali di un Generale in servizio per polemizzare con la Difesa e le Forze Armate. Vannacci ha espresso opinioni che
    Da sinistra Crosetto e Vannucci
  • screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione. Per questo sarà avviato dalla Difesa l’esame disciplinare previsto».
  • Tutto questo presuppone che il generale abbia la capacità di documentare e attenersi ai fatti istituzionali, al di là di qualche articolo di legge, perché la Costituzione sancisce categoricamente che le opinioni personale di chi appartiene alle forze dell’ordine non possono essere esplicitate, soprattutto su temi come: razza, cultura, omofobia, ecc., perché, in una società multi etnica, come la nostra, potrebbe essere anche “il capo” di qualcuno diverso, per cui con il suo linguaggio (addirittura scritto) si potrebbe leggere persino un’ “aggressione militare” e di violenza, ciò per salvaguardare l’identità e la purezza di un gruppo etnico a discapito di un altro.
  • Questo significa farneticare? Forse, ma una persona che ha la pelle nera, gialla, ecc. ed è anche diversa sessualmente leggendo il libro e sapendo chi l’ha scritto, cioè il “suo capo”, come lo vede? Un ordine non può leggerlo diversamente, proprio per la sua diversità?
  • Il sottoposto eseguirà l’ordine perché è un militare, ma sicuramente sarà una persone angosciata e terrorizzata di cosa può decidere o fare il suo comandante, prima o poi,  perché egli come militare oltre ad essere una figura fondamentale per l’ordinamento militare-giuridico-costituzionale, rappresenta ed esercita la buona democrazia. Il suo comandante è una figura che garantisce, soprattutto come militare, l’onesta del suo operato, come “capo” che dev’essere: trasparente e senza pregiudizi, quindi, estraneo o indifferente rispetto alle manifestazioni o opinioni di interessi della politica, ma uno che esplicita tutto questo, stigmatizzando anche la natura umana, davvero può essere “un capo militare” o un giudice o un rappresentante super partes?
  • E, poi, visto che una forza politica ci ha messo, subito il cappello sopra, non potrebbe essere che la bega sia stata fatta ad arte, a un anno delle elezioni, per rafforzare le idee di quel partito? La cosa si fa seria e non va sottovalutato da parte di nessuno, soprattutto dalle forze democratiche, non va dimenticato che “il nostro ventennio di dittature” è cominciato così.

“Il mondo al contrario”. Commento al libro del generale Roberto Vannacci.

di Michele Di Lieto*
Di Lieto

E’ la seconda volta che mi occupo di generali. La prima era stata provocata da alcune dichiarazioni di Michela Murgia, e alla polemica che ne era seguita. Era successo questo. Michela Murgia, intervistata da Giovanni Floris su La7, richiesta di un parere sul generale F.P. Figliuolo, che aveva gestito l’emergenza da Covid prima di essere nominato Commissario per l’alluvione, aveva confessato di non amare tutto ciò che sa di militaresco, e, pertanto, di non approvare il linguaggio, tutto fatto di metafore belliche, e la divisa con la quale il generale Figliuolo amava farsi ritrarre nelle sue apparizioni televisive. Si era scatenato un putiferio, che aveva impegnato tutto il centro destra, non ancora al governo, ed aveva sollevato una tempesta sui social orchestrata sicuramente da ambienti di destra estrema, tanto era faziosa e virulenta. Mi ero schierato, per quel poco che poteva valere (cfr.”I governi del Presidente”, pagina146) a favore di Michela Murgia, non foss’altro perché condividevo gran parte delle cose dette nella intervista televisiva. Ma Michela Murgia aveva replicato, ed io mi ero meravigliato che si lasciasse coinvolgere in una polemica assurda (divisa sì, divisa no), così meschina da non meritare neppure una nota di replica. E questo basta anche per che, come è noto, è scomparsa di recente, e della quale non sarò io ad esaltare i meriti che vanno al di là della attività di scrittrice. La seconda polemica, certamente più seria dell’altra, è scoppiata qualche giorno fa, da che il generale Roberto Vannacci ha pubblicato un libro: “Il mondo al contrario”, accompagnato da una caterva di recensioni, giudizi, commenti che a me appaiono esagerati.  Il generale che si è improvvisato scrittore divide il mondo in due: il mondo di ieri e quello di oggi. Quale che sia il problema esaminato, egli si schiera per il mondo di ieri e difende posizioni  che credevamo superate. Dalla Costituzione anzitutto, sulla quale il generale ha giurato, e dovrebbe per primo osservare, poi da Papa Francesco, quando rende omaggio alle donne per il loro contributo a “creare una società più umana”, o parla a favore dei migranti perché 

“siamo tutti figli di Dio” o quando denuncia le stragi a mare “vergogna di una società che non sa più piangere né compatire”, infine da Sergio Mattarella, quando a Rimini,  pochi giorni fa, ha parlato dei nostri valori come “frutto , nel succedersi della storia, dell’incontro di più etnie, consuetudini, religioni, apporto di lingue diverse, e ha richiamato l’articolo  2 della Carta che riconosce e garantisce “i diritti inviolabili dell’uomo”, e l’art. 3, che riconosce a tutti i cittadini pari dignità sociale senza  distinzioni di sorta. Il generale Vannacci invece predica il contrario. Si schiera contro le femministe, “moderne fattucchiere”, contro gli omosessuali, accusati di non essere “normali”, contro gli ambientalisti, animali “da strapazzo”, contro gli appartenenti ad etnie diverse (“per non chiamarle razze”), difende la sua italianità che viene da lontano, “da Enea Romolo e Giulio Cesare”, reclama  la libertà di parola (art. 31 Cost.), e protesta contro il pensiero unico che oggi imperversa per riaffermare le idee proprie di un mondo che si dice sorpassato ed invece è sulla cresta dell’onda (sono parole mie ma spero rappresentino bene il pensiero del generale). Ora, e senza soffermarmi ulteriormente sul contenuto di questo che non so se chiamare pamphlet, libello o saggio, romanzo, prosa  o poesia, io mi pongo alcuni quesiti, ai quali non ho saputo dare una risposta.

Primo. Il generale Vannacci è un uomo colto. Quanto meno, dovrebbe esserlo chi è in possesso di tre lauree (di livello magistrale, ma sempre lauree), ha conseguito non so quanti master (di secondo livello, ma sempre master), conosce non so quante lingue (speriamo che non le conosca come conosce l’italiano). Come abbia fatto a scrivere un libro che è stato giudicato da chi lo ha letto pieno zeppo di errori non solo grammaticali, resta un mistero. Certamente il discorso di Roberto Vannacci non è di lettura facile. Faccio un esempio tratto dalla nota che precede l’introduzione ed è la prima pagina del libro. L’autore, evidentemente preoccupato dalle reazioni che il libro potrebbe suscitare, “declina ogni responsabilità in merito a eventuali interpretazioni erronee dei contenuti del testo e si dissocia, sin d’ora, da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse derivare”. Che vuol dire? Io non ho mai sentito un autore declinare ogni responsabilità per interpretazioni erronee (evidentemente di terzi), e come fa Vannacci a dissociarsi da atti illeciti connessi a tali interpretazioni? E si può dire di un caso che ormai “è grottescamente noto da anni”, e che vuol significare Vannacci quando afferma di volere rappresentare  “tutti quelli  che percepiscono negli avvenimenti di tutti i giorni una dissonanza e fastidiosa tendenza generale che si discosta da quello che percepiamo come sentire comune”: ma lui, Vannacci, da che parte sta? Fa parte della generalità o del sentire comune? Infine, è ben sicuro l’Autore del  significato che attribuisce alla “decostruzione sessuale” nelle ultime pagine del libro?

Secondo quesito e secondo motivo di inquietudine.  Roberto Vannacci è alla sua prima esperienza di scrittore: ha pubblicato il suo primo libro. Non si sa bene se il libro sia uscito il 17 agosto, quando ne ha parlato per la prima volta la Repubblica, o, come pure è stato scritto, il 10 agosto, una settimana prima. Non cambia molto. Certo è che la nota de la Repubblica, che pubblicava anche estratti del testo e frasi tra le più significative (“sparate” le definiva Matteo Pucciarelli, “sparate” contro i gay, contro le femministe, contro gli ambientalisti, contro i migranti, contro chi vorrebbe farci credere che le razze non esistono, contro chi ha la faccia nera, tanto da attribuire fin dall’inizio all’Autore l’attributo di “omofobo, razzista”) quella nota ha aperto la strada a un dibattito politico-culturale che più ampio non si può. A favore del generale-scrittore tutto il centro destra, contro Roberto Vannacci tutto il centrosinistra: ma sono intervenuti analisti, scrittori, critici, gente comune, ognuno ha voluto dire la sua. Come abbia fatto il generale, alla sua prima esperienza letteraria, a suscitare l’attenzione di un pubblico così vasto, resta un mistero. Vannacci sostiene che il libro è autoprodotto, ma è presentato da Amazon, il gigante dell’e-commerce, che non ha potuto esimersi dal dare una mano all’esordiente scrittore, magari a partire proprio dalla nota apparsa su “la Repubblica” del 17 agosto.

Terzo imbarazzante motivo. “Il mondo al contrario”, ci vuol poco a capirlo, è un libro di destra, anzi di destra estrema, da alcuni definito addirittura fascista, nel quale l’autore ripropone, senza cambiare una virgola, temi e soluzioni care alla destra, non solo italiana. Lo fa però con una violenza aggressiva che sprizza odio da tutti i pori. Odio contro i gay, considerati anormali perché la normalità è l’eterosessualità, non quella omo. Odio contro i maschi che si vestono da femmine, contro le femmine che si vestono da maschi. Odio contro chi tenta di “castrare” il linguaggio e le espressioni della nostra lingua per renderle “asessuate”.  Odio contro i migranti che “fingono” di scappare dalla guerra e dalla fame perché, se così fosse, non arriverebbero in Italia, ma si fermerebbero prima. Odio contro chi, dopo secoli di bonifiche, risanamenti, infrastrutture, vorrebbe ritornare alle paludi.  Del resto, è lo stesso autore a rivendicare il diritto all’odio e al disprezzo contro tutti  i diversi (cfr. prima nota di replica).

A nome di una “italianità” che è l’esatto contrario di ogni società pluralista, multietnica, quale è la nostra, e quali sono tutte le società civili. Ma qui sorge un altro interrogativo. Non avrà il generale qualcuno dietro? Qualcuno che non può non essere di destra, ora che la destra è arrivata al governo del Paese. Certamente, l’opera di Roberto Vannacci non può dispiacere alla destra.

E la destra ha difeso il generale con tutti i mezzi, dai giornali alla televisione, dalla televisione ai social. Ora, accogliere nelle proprie file  un generale di destra estrema, capace di scatenare polemiche le più feroci, sarebbe pur sempre gratificante per chi lo accolga. Che gli abbiano promesso e che lui, Vannacci, abbia accettato una candidatura fin dalle prossime elezioni? O, più semplicemente, che gli abbiano promesso, e che lui, Vannacci, abbia accettato un posto di governo? Staremo a vedere.  Ultimo quesito, non meno imbarazzante di quelli di prima. Roberto Iannacci è un generale dell’Esercito dalla carriera strepitosa. A cinquantacinque anni, ha partecipato a non so quante operazioni, ha ricevuto non so quante onorificenze. E’ solo, o si porta dietro qualche altro generale? Quesito imbarazzante sempre perché c’è la destra al potere, e la destra continua a far paura.  Di destra era il fascismo, di destra era il Duce. E se il fascismo è un fenomeno storico superato, non è detto che non si possa ripresentare sotto forme diverse, con le stesse idee del generale Vannacci.

L’intolleranza, ad esempio, il  rifiuto del diverso, o di quel che credono diverso, la superiorità della razza (il bianco contro il nero, l’italianità di Vannacci) . Perciò la destra continua a far paura, paura che possano diffondersi idee alla Vannacci, idee di destra in un paese già a destra di suo. Perché l’Italia é un paese fondamentalmente di destra, e gli italiani, se sono disposti a dialogare con l’Autore per quello che dice sui migranti, sulla famiglia, finanche sulla razza, non sono altrettanto ben disposti a parlare di dignità, eguaglianza, parità di diritti: che sono tutti principi affermati nella Costituzione, ma sono sostanzialmente di sinistra, per il periodo storico in cui la Costituzione è stata varata, e per la cultura diversa, di sinistra, alla quale appartenevano i Costituenti.

Per questo, non mi stancherò di ripetere: fate attenzione, salvate la Costituzione, difendete le conquiste realizzate in base alla Costituzione, anche se è di sinistra (ma come poteva essere di destra una Carta seguita alla disfatta del fascismo?). Lo dico ai giovani perché sono troppo vecchio per assistere a una rivoluzione alla Vannacci, e ricadrà su di voi il peso di problemi irrisolti che lo stesso governo attuale si sta accorgendo come siano difficili da risolvere. Senza soldi, e con milioni di persone che non arrivano a fine mese. Lo dico a voi giovani perché non abbiate a conoscere, oltre ai problemi di sopravvivenza che si susseguono giorno per giorno, anche i problemi di libertà che si accompagnano alle idee di Roberto Vannacci.

*Scrittore e Magistrato in pensione

About Redazione