Una delle cose eccellenti in Campania è il settore dell’aerospaziale, adesso si punta anche su “Irene e MinIrene”

 

Sembrerebbe un sogno, ma è invece una bella realtà, un’eccellenza della nostra ricerca e del settore aerospaziale campano. Parlo di Irene e MinIrene. La prima è una tecnologia di rientro dallo spazio senza razzi, ma solo per inerzia balistica, tecnologia brevettata; la seconda è una piccola piattaforma di rientro che utilizza la tecnologia Irene ed è rientrata, sana e salva, dal volo suborbitale avvenuto nel novembre dello scorso anno dalla base di lancio dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) di Kiruna, in Norvegia.

Sempre sfruttando la suddetta tecnologia, la società che è proprietaria del brevetto, ora ALI SpA, sta realizzando, con uno specifico finanziamento Banca Intesa, con lo strumento “Nova +” una nuova piattaforma spaziale del peso di circa 50 kg che sarà carica di un esperimento in microgravità all’altezza di circa 400 mila km dalla terra, orbita su cui è collocata la Stazione Spaziale Internazionale. Questa nuovo satellite avrà il compito di servire esperimenti in microgravità per le case farmaceutiche, i biologi, gli scienziati. Gli esperimenti vengono realizzati all’interno di mini laboratori, realizzati sempre dalla società ALI che sfrutta un brevetto del Mars Center (vecchio marchio nato da uno spinoff universitario, dei proff. Napolitano e Monti, giganti della scuola napoletana dello spazio, recuperato e rilanciato sempre da ALI SpA.

Il lancio del nuovo satellite, stavolta in orbita, è previsto tra la fine del 2024 e la primavera del 2025: la società che si occupa del lancio ha in corso la trattativa con la Nasa per la fissazione della data. Questo primo test orbitale non prevede il recupero del satellite, ma deve servire solo a dimostrare che la tecnologia IREN e funziona anche in orbita e che funzionano le comunicazioni tra la terra e il mini laboratorio che sta dentro il mini satellite. Successivamente ed entro il 2026/2028 sono previsti altri due lanci con esperimenti a bordo e il recupero dei ini satelliti e degli stessi esperimenti. In Italia non ci sono altre attività similari: in tale ambizioso programma è coinvolta l’Università di Napoli e anche il Centro di Ricerche Spaziali di Capua, oltre all’Agenzia spaziale italiana (ASI). Un programma che proseguirà con l’altra importante iniziativa dal nome “Cadirasat”, un satellite più grande, con il peso di 100 kg che potrà attraccare direttamente ala ISS affidando all’astronauta a bordo della stessa il compito di inserire nei rackets di bordo il mini laboratorio e realizzare l’esperimento direttamente a bordo della stazione orbitante.

Una Campania, quindi, con eccellenze di valore in un settore, quello spaziale, che sembrava solo appannaggio delle grandi potenze. Un’esperienza quella in corso che vuole essere anche un monito alle istituzioni pubbliche perché siano attente alla necessità di procedere con interventi e progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana in quelle aree dove la ricerca è promotrice di industria, di nuova e qualificata occupazione, di progetti che guardano al futuro e costituiscono un viatico che dimostra che le vecchie aree industriali si possono “riciclare” e diventare tante “Silicon Valley”.

Un campo, quello spaziale, che con quanto descritto da continuità alla nobile storia della scuola napoletana che prima con i proff. Napolitano e Monti, ed ora con Savino, Grassi e Moccia  da lustro alla facoltà di ingegneria dell’Università Federico II di Napoli, e alle diverse piccole e medie aziende di una realtà purtroppo poco conosciuta.

Giovanni Squame

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