Autonomia Differenziata: un patto che tende a favorire le regioni del Nord, lasciando il Sud al suo destino
di Giovanni Squame
L’approvazione al Senato del testo di riforma sull’Autonomia Differenziata e la proposta di riforma costituzionale che introduce nel nostro ordinamento il premierato sono fatti che vanno letti nell’ottica di un do ut des tra il partito della premier e quello del vice Salvini. Un patto che tende a favorire le regioni del Nord, lasciando il Sud al suo destino. Credo che bisogna mostrare con forza molta preoccupazione perché la Lega di fatto non ha mai disconosciuto la sua vecchia volontà di dar vita alla Repubblica padana. Già nell’Autonomia Differenziata ci sono gli elementi per comprendere che il fine è il totale rafforzamento delle regioni settentrionali. La distribuzione del residuo fiscale non alimenterà il fondo perequativo istituito per sostenere il sud dove la maggiore lentezza dello sviluppo economico produrrà meno risorse fiscali. Nelle scorse settimane sulle pagine nazionali de “La Repubblica” è stato pubblicato un sondaggio commissionato alla Demos che ha confermato che il tema Autonomia Differenziata resta controverso tra i cittadini italiani. Al nord e tra i leghisti riscuote i maggiori consensi. Meno tra i cittadini del centro e ancor di più non è ben vista nel Mezzogiorno e nelle isole, e tra gli elettori di sinistra.
Il Ministro Calderoli sta però proseguendo sulla strada dell’attuazione di un impegno elettorale della Lega, pur scontando la freddezza del partito della Meloni e una sorta di indifferenza sorniona del partito berlusconiano. Tanto si è già discusso e dal Sud si sono levate le voci più critiche contro il disegno di legge, che ora ha superato il primo esame al Senato, e una vera e propria contrarietà è stata espressa dai più autorevoli studiosi meridionali, oltre che dalle forze sindacali e dal mondo politico-istituzionale del perimetro di centro sinistra. E in Senato è stato fortemente contrastato dalle forze di opposizione. I numeri, però, sono numeri e occorre prendere atto che l’intero centro destra ha la maggioranza. Su materie di primaria importanza per l’intero paese, quali sono l’istruzione, la sanità e la tutela della salute, quest’ultima già in parte gestita dalle Regioni, le grandi reti di trasporto e la navigazione, la sicurezza sul lavoro, la finanza pubblica e il sistema tributario, e tanto altro ancora, i poteri decisionali (legislativo ed esecutivo) si trasferiscono da Roma alle singole regioni. Non è chiaro se nella strategia della lega questo passo nella direzione dell’indipendentismo della virtuale regione padana –era stato l’elemento dirimente per l’unificazione di vari movimenti indipendentisti del Nord – sia stato abbandonato, ne ritornano i rigurgiti nei periodici raduni del partito, o se sia un passaggio verso forme di accentuato federalismo sul modello di altre esperienze di paesi europei. Intanto, l’iter che avrebbe dovuto prima definire i livelli essenziali delle prestazioni, i LEP, sta sfuggendo al controllo dell’opinione pubblica. Poco si sa cosa stia definendo l’apposita commissione e il tutto sembra avvenire sotto traccia, della serie meno se ne parla e meglio è. Il sondaggio pubblicato rivela che la maggioranza dei cittadini favorevoli alla maggiore autonomia regionale è esigua, poco più del 51%, molto influenzato dall’80% dei consensi leghisti, e non va sottovalutata l’incertezza che regna nella maggioranza non leghista, e la netta opposizione delle minoranze parlamentari. Insomma, tra gli imbarazzi del Parlamento, incertezze dell’opinione pubblica, volatilità delle convinzioni dei partiti, l’Autonomia differenziata procede con scarsa appeal ma ormai è diventata una bandiera di parte e purtroppo è oggetto dello scambio già accennato Autonomia- Premeriato. E non è certo tempo di abbassare la guardia, e sarà utile tenere in tutto il paese una vigilanza attiva, fatta di dibattito, attenzione ai lavori parlamentari e approfondimenti degli allarmi lanciati sul rischio di accentuare le differenze tra le varie parti del paese, con il Sud che potrà essere ancor di più penalizzato nell’erogazione dei servizi e nella qualità degli stessi.
Il centro sinistra contrario alla maggiore autonomia regionale dovrà riprendere una campagna nazionale, da affiancare al dibattito sul premierato e agli altri temi politici e di merito collegati alle ricadute della manovra finanziaria, e ai temi del lavoro e del salario minimo, che tenga in evidenza costante i gravi pericoli per l’unità del paese e la tutela per tutti i cittadini dei servizi garantiti dalla Costituzione.
L’obbligo alla “rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”(art. 3, Cost.) deve essere sempre il principio ispiratore di riforme che associno la tensione politica e morale a tenere il paese unito e uguale in ogni sua parte geografica.