Qui di seguito, pubblichiamo un interessante articolo del prof. Giovanni Squame, chiedendo scusa al professore per il ritardo. Purtroppo, in questi ultimi tempi, sono stato anch’io vittima di un virus, per fortuna non era il Covid. Volevo, in effetti, dire anche la mia in merito all’argomento proposto – un tema di cui da tempo il nostro giornale, presieduto dal prof. Fernando Iuliano, si occupa. Per questo avevo chiesto ai collaboratori di non pubblicarlo ancora. Intanto, sullo stesso argomento, c’è stata una manifestazione a Roma, capeggiata dal presidente della Campania, Vincenzo De Luca. Come spesso accade, si dà valore alla pagliuzza e non alla trave nell’occhio. Lungi da me giustificare espressioni o parolacce indirizzate verso una rappresentante “pro tempore” delle istituzioni. Ma i grandi mezzi di comunicazione, ben allineati, hanno crocefisso una persona per una parolaccia, perché parliamo di una sola parola, detta a mezza voce, carpita da un “fuori onda”, in risposta ad una affermazione del Presidente Meloni, a dir poco irrituale, da parte di un presidente del Consiglio. Come dice il terzo principio della dinamica: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Intanto, il presidente Meloni aveva ridicolizzato De Luca, dichiarandolo poco collaborativo nella spesa delle risorse, avendo la Campania utilizzato appena il 24%, evidenziando che se lavorasse di più e si dedicasse a meno manifestazioni, i risultati sarebbero diversi. Tutto questo è stato riporto dai collaboratori a De Luca, quando sostava in parlamento. A questo punto, ha detto la parolaccia, carpita fuori onda: “ E una ……, senza soldi lavorasse lei”. Volutamente ho riportato la frase senza la parola incriminata, visto che la conoscono tutti, ciò per riscriverla: “è una prevenuta, senza soldi lavorasse lei“. Senza questa parolaccia, come avrebbero fatto i titoloni i giornali? E scritto tante scemenze? Cosa avrebbero vociato gli amici e gli sgabellai della presidente meloni? Ma davvero, per la vendita di un giornale in più, l’Italia ha bisogno di questo?
Dice un vecchio detto del Sud: “Senza soldi, non si cantano messe”. Se il Governo presente e quelli passati non hanno programmato di mettere, di volta in volta, qualche cosa di soldi, per poter poi utilizzare i fondi europei, non è possibile definire i progetti e spendere, quindi, le risorse finalmente disponibili. Cerco di evidenziare il mio pensiero del perché questo è attualmente difficile. Ammettiamo che il progetto di un’infrastruttura costi un miliardo; di esso almeno il 20/30% è a carico dello Stato o della Regione ( parliamo di 200/300 milioni). Per la progettazione, occorrono altre spese per tecnici ed uffici attrezzati. Il problema non è di facile soluzione. E questo la presidente Meloni lo dovrebbe sapere.
A questo punto, il Presidente De Luca, senza parlare ed accettare provocazioni, dovrebbe chiamare a raccolta i Sindaci della Regione, per creare dei Centri di programmazione provinciale, con tutti gli Uffici tecnici in forza ai Comuni, alle Comunità montane e ai Consorzi. Lo scopo sarebbe quello di realizzare progetti di massima, facendoli arrivare sui tavoli dei ministeri o della Presidenza del Consiglio e chiedendo la disponibilità a contribuire al finanziamento dei progetti stessi, per completarli con la fattibilità tecnica ed economica. In questo modo, si potrebbe dar vita ad un libro bianco della Campania, con tutti i progetti di massima per creare infrastrutture primarie e secondarie che dovrebbero, poi, avere accoglienza su tutti i mass media. Ma questo può succedere? Sicuramente no, perché la “stampa assoldata” o tifosa non ci starebbe e, quindi, non darebbe notizie adeguate. Ma questo non reggerebbe, perché i canali di comunicazione si sono moltiplicati. E, poi, potrebbe succedere anche che De Luca, senza parlare fuori dagli schemi, potrebbe utilizzare le istituzioni, come è successo con il ricorso della Regione Campania sui fondi bloccati. Non a caso, il Tar ha dato un termine di 45 giorni o nominerà un commissario per sbloccare la vertenza Campania-Governo. Infatti, al di là di come finirà, ma il fatto stesso che un giudice ha dato ragione al Presidente De Luca è molto significativo, per questo il ministro Fitto, invece di fare l’offeso convochi il Presidente della Campania e dimostri davvero la collaborazione istituzionale. Inoltre, il ministro Fitto, ha dichiarato che inoltrerà appello, per cercare di bloccare l’assegnazione. Un cattivo esempio da sottolineare anche per il futuro dei rapporti tra Stato e alcune Regioni. Ovviamente, non parliamo di bruscolini, ma di progetti per un valore di 5 miliardi e che potrebbero salvaguardare 12mila posti, nel comparto della cultura, dello spettacolo, della ristorazione, ecc.. Anche in questo il presidente del Consiglio Meloni non fa male a ridicolizzare le iniziative del territorio per valorizzare le risorse locali ( fagioli, frutta, caciocavallo podolico, salami, prodotti ortofrutta, prodotti della pastorizzazione, ecc.) anche se attraverso le cosiddette sagre che vedono la presenza di miglia e migliaia di turisti si mette in moto l’economia. Per questo i toni vanno abbassati e non essere arroganti e tifosi, perché sicuramente non migliora il cosiddetto rapporto istituzionale, ma spaventa pure gli amministratori locali che vedono i loro sforzi trascinati nella gogna politica, guarda caso proprio dal Presidente del Consiglio, cioè da colei che da sempre ha parlato di sviluppo del territorio, ma questo, forse, valeva per il passato non per adesso che è Presidente?. Il presidente Meloni che pensa che per sviluppare le zone interne occorre realizzare lì delle fabbriche di cartone? Non è il caso di valorizzare le risorse locali e migliorare le infrastrutture primarie e secondarie, a partire dalla viabilità e trasporti? Non a caso il sindaco Marino Sarno di Volturara Irpina, si è inserito nella polemica ed ha scritto al Presidente Meloni definendo la “Festa del fagiolo Quarantino un giacimento petrolifero per quanti benefici abbia portato alle attività economiche, innalzando il suo valore da 3 a 12 euro al chilo, inducendo anche qualche giovane a rientrare dal Nord, dove era emigrato, per dare vita ad una propria azienda di coltivazione e distribuzione del prodotto …..”
Per il bene dell’Italia, tutti si diano una calmata, ben sapendo che le opere non si realizzano con le chiacchiere e i fichi secchi, ma con la programmazione e il confronto, per determinare davvero una collaborazione tra politica ed Istituzioni. Ministro Fitto, sia buono, per il bene del Meridione, convochi De Luca e si confronti davvero sulla proposta di progetto, senza se e senza ma. Ovviamente, sui progetti, senza nessun riferimenti alla casacca politica. Parafrasando Totò: “Sì, noi siamo seri, apparteniamo al Sud”.
Allora, rappresentanti istituzionali, cosa fare davvero?
Occorre un dibattito serio e costruttivo, senza retorica, alla luce del sole. Presidente Meloni e ministri, cercate un’armonia con De Luca, come pure con gli altri Presidenti del Sud, perché le cose che egli dice sono vere e sono la realtà, forse le dice in modo poco elegante, comunque la battaglia è giusta ed ecco perché sono tanti gli amministratori che lo seguono. Ha sbagliato De Luca a definire la Presidente del Consiglio Meloni, con una parolaccia, ma non di meno è sbagliata la provocazione: “vada a lavorare”. Abbassare i toni non vale solo per De Luca e Meloni, ma per tutta quella classe dirigente che davvero vuole bene all’Italia e vuole togliere questo Paese dalle sabbie mobili. Comunque, molti dei dilettanti politici allo sbaraglio devono farsi una ragione e capire che prese di posizione ed iniziative, come quelle di Monsignor Domenico Battaglia e del presidente Vincenzo De Luca si moltiplicheranno, data la situazione. Può anche accadere l’imponderabile: al Sud, invece di essere accolti semplicemente con le parolacce, si potrebbe passare ai forconi, come la storia ci insegna.. Perciò, abbassiamo i toni e facciamo il meglio per il Mezzogiorno d’Italia, visto il ritardo.
Nicola Nigro
Mezzogiorno d’Italia, no all’Autonomia differenziata anche da Monsignor Domenico Battaglia
di Giovanni Squame
Nelle scorse settimane c’è stata, passata un po’ sotto silenzio, una dura presa di posizione dell’episcopato campano (Monsignor Domenico Battaglia, prima Presidente della Conferenza campana, poi, Vescovo di Napoli.) sul ddl Calderoli approvato al Senato Questo intervento, sul quale conviene soffermarsi, dimostra che a differenza del passato, in particolare del tempo nel quale si è consumato lo scioglimento del partito dei cattolici e si è andata definendo la nuova geografia politica italiana, la Chiesa è più attenta alle scelte che i partiti fanno e alle posizioni che esprimono in Parlamento e nel paese e alle conseguenze immediate e di prospettive sul Mezzogiorno d’Italia. Sono evidenti le prese di posizione che si sono succedute negli ultimi anni, l’anatema contro la camorra e la delinquenza, l’attenzione alle condizioni di vita e all’arretratezza del Mezzogiorno, ora il forte richiamo ai concreti pericoli di un’ulteriore grave divaricazione tra Nord e Sud con l’Autonomia Differenziata. Però siamo al duro pronunciamento all’episcopato del Sud, sarebbe auspicabile un intervento altrettanto netto della Conferenza Episcopale italiana (se ne trova un accenno nella sessione settembrina dello scorso anno). Avrebbe un significato dirompente e certamente potrebbe influire su alcune delle forze di maggioranza che vantano una più attenta vicinanza al mondo cattolico. Quello che da tutti viene definito il baratto tra Lega salviniana e Fratelli d’Italia, lo scambio Autonomia differenziata/Premierato, potrebbe essere messo in crisi e si potrebbe manifestare una maggiore cautela nel procedere con l’approvazione del DDL alla Camera. In ogni caso, anche con l’eventuale approvazione definitiva del testo i tempi sarebbero ancora lunghi per la concreta operatività della legge: le tappe non sono semplici ed il meccanismo potrebbe incepparsi per una molteplicità di cause, tra le quali la totale mancanza di risorse che dovrebbero accompagnare il processo applicativo, e lo stesso meccanismo delle competenze assegnate alle regioni che si intreccia, per alcune materie (per esempio quelle energetiche e quelle idrogeologiche), con varie e ben coordinate competenze attuali difficili da distribuire tra le regioni. Potrebbe generarsi un conflitto che blocca il tutto (si pensi alle sole competenze sui bacini idrografici e al fluire dei fiumi che attraversano più regioni). Penso che la comprensione di queste difficoltà appartenga anche a chi spinge, come lo stesso Ministro, per concludere presto l’iter legislativo. Si tratterà per la Lega l’aver piantato una bandierina, l’esaudirsi di un impegno elettorale, ma che non potrà avere alcuna efficacia sul piano effettuale. Senza contare il possibile e molto probabile ricorso alle varie Corti per strappare un giudizio di incostituzionalità o altrimenti un conflitto di competenze tra Enti, Regioni, Stato centrale. E in fondo la mancanza di risorse per avviare i LEP e per lo stesso decentramento alle regioni dei poteri previsti dal testo. Non si deve però abbassare la guardia contro questo maldestro tentativo di dividere l’Italia tra il ricco Nord che si vuole più ricco (ed egoista, come ben detto dai Vescovi che hanno parlato) e l’affannato Sud che non è finora riuscito a colmare il divario economico e nella fornitura dei servizi ai cittadini e alle imprese. E deve sollecitare i partiti di opposizione a battersi fino in fondo perché questa legge, se approvata, non varchi le aule del Parlamento.
Si comprende la difficoltà a far diventare “di massa” la battaglia contro l’Autonomia Differenziata: al Nord un recente sondaggio ha indicato un favore a questa legge pari, in alcune aree e tra i leghisti, a circa l’80% , mentre la maggiore contrarietà si registra al Sud e nelle isole, in prevalenza tra gli elettori di centro sinistra. Un maggior raccordo con le organizzazioni sindacali e con l’Associazionismo più ampio (comprese le Organizzazioni del padronato) potrebbe aiutare la mobilitazione o a far crescere l’ostilità alle pretese leghiste, soprattutto al Sud. Argomentazioni forti devono valere anche per il Nord altrimenti è evidente che il contrasto sarà ammortizzato. L’unità del paese e l’unitaria uguaglianza nell’erogazione di servizi di qualità su tutto il territorio sono argomenti da focalizzare al meglio per far vincere l’Italia della solidarietà e dell’uguaglianza dei diritti tra Nord e Sud. L’attenzione dei Vescovi che tendono a denunciare i risvolti negativi del disegno leghista di Autonomia va sostenuta anche dall’Italia laica e da quanti sono riconoscenti ai partigiani che hanno lottato per la patria unita. Senza dimenticare che la differenziazione codificata per legge è un grave segnale che il sovranismo, strumento contro la democrazia, può diventare la porta di accesso al ripetersi degli orrori nazisti perpetrati nel secolo scorso.