Francia-Italia: tre a uno. Per noi.
Michele Di Lieto*
Per la prima volta siamo obbligati, per una bella partita, a parlare di noi, della nostra squadra, del nostro allenatore. Non ha sbagliato nulla. Spalletti era stato sommerso da critiche feroci, dopo la partita con la Spagna: ieri sera si è riscattato. Con una formazione che ha battuto la Francia con le sue stesse armi, col suo gioco, sul suo campo. L’inizio non era stato brillante. Al primo minuto uno svarione del nostro difensore ha aperto la strada all’attaccante francese a pochi metri dalla porta. Non ha sbagliato, non poteva sbagliare. Uno a zero per la Francia. Un colpo da KO. Abbiamo tutti temuto una nuova débacle, dopo quella con la Spagna. Invece no.
Per un buon quarto d’ora, la Francia ha continuato a imperversare. Col suo gioco, fatto di passaggi veloci a centro campo, di assist precisi all’attaccante in grado di segnare. Un poco per la natura dei tiri, quasi tutti centrali, un poco per bravura del nostro portiere, un poco per fortuna, che non è mai soverchia, gli attaccanti francesi non hanno raddoppiato. Ed è cominciata un’altra partita, con l’Italia proiettata verso la porta avversaria, con un uomo in grado di segnare. C’è stata una traversa, e tutti abbiamo ricominciato a sperare. Anche la squadra, che sembrava essersi riavuta dallo shock iniziale, in grado di contrastare efficacemente la squadra d’oltralpe. Abbiamo visto qualche scontro a centro campo concludersi non più in favore dei francesi, ma degli italiani, abbiamo visto i francesi quasi sempre sovrastati nelle palle alte, abbiamo visto una difesa, la nostra, finalmente organizzata, pronta a rilanciare l’uomo smarcato sulle fasce, o quello meglio piazzato sul rilancio. Il gioco era quello stesso degli avversari.
Gli italiani avevano capito che per vincere lo scontro a centro campo non bastava l’uomo, uno solo, per strappare, come spesso strappava la palla all’altro, ma ne occorreva un altro, subito dietro, che recuperasse la palla e rilanciasse l’attacco. Una squadra organizzata per le ripartenze, spesso micidiali. E’ venuto così il gol del pareggio, l’inizio della fine per gli avversari. Il secondo tempo è stato nostro. I francesi non è che stessero con le mani in mano. Continuavano a trasformare il gioco di difesa in quello di attacco, ma, giunti all’altezza della nostra difesa, non riuscivano a tirare: e quando vi riuscivano, c’era il nostro portiere, protagonista di una partita superlativa. Così sono arrivati il secondo e il terzo gol per i nostri. Non sono stati una sorpresa per chi si era accorto del calo dei francesi e del progressivo miglioramento degli italiani. Sono stati la logica conseguenza del gioco, che pareva copiato dai francesi: persino nella velocità e nei contrasti, con qualche scatto protratto per mezzo campo, naturalmente coronato da successo. Che altro dire? Che il merito stavolta va diviso a metà tra allenatore e giocatori.
Per la forza di recupero, che è principalmente forza morale, per la capacità di credere in se stessi, che è segno di stima reciproca, per la voglia di resistere prima, di vincere poi, che non può non essere ascritta assieme a squadra e trainer. Non resta che sperare: che la partita di ieri sera non resti un fatto isolato, ma sia l’inizio di un’era, che rinnovi imprese e gesta antiche. La squadra c’è, l’allenatore pure. Possiamo farcela.
*Scrittore – magistrato in pensione