Approfittiamo dell’articolo del giudice Michele Di Lieto, per una nostra riflessione sulla reazione del Presidente Meloni (decisione “pregiudiziale”) e del Ministro Nordio (sentenza “abnorme”) relativamente alla “questione degli immigrati”, andata e ritorno, Italia-Albania che ha indotti molti amici a sollecitarci ad una nostra opinione in merito alla presa di posizione del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro Carlo Nordio.
In questo caso specifico abbiamo preferito rivolgerci ad un nostro collaboratore, che ama il diritto, molto più di noi, per dare una risposta “in punto di diritto” e non con la dizione equivalente, ovviamente opposta, “in punto di fatto”.
Parliamo del giudice Michele di Lieto, uno studioso del diritto e scrittore, quindi, meglio di lui non potevamo scegliere, perché oltre ad essere una persona perbene è uno studio che ama il diritto al punto che dopo circa 50 anni le sue sentenze ancora fanno giurisprudenza, come ebbe modo di dire, in occasione di un incontro, il sovrintendente Fausto Martino che dichiarò: “… giudice, spesso, prendo spunto dalle sue sentenze, per i miei provvedimenti..”.
Quindi, l’articolo di Michele Di Lieto che, qui di seguito, viene pubblicato è stato scritto da un magistrato integerrimo che ha dedicato la sua vita alla giustizia, con tanto di rigore morale, mai fazioso o di parte, ed anche con tanto di onestà intellettuale, verso tutti i cittadino che aveva di fronte.
Ovviamente, non tutti i magistrati possono godere di tale privilegio culturale e di senso di giustizia, quindi qualcuno può essere non perfetto e non all’altezza del compito, ma per questo esistono le Istituzioni competenti ad incominciare dal Consiglio superiore della magistratura (CSM), organo di rilievo costituzionale. Insomma parliamo di un ordine giudiziario autonomo e indipendente che costituisce, infatti, una caratteristica fondamentale, sul piano organizzativo, dello Stato di diritto, in quanto realizza il principio della separazione dei poteri. Tutto questo è scolpito nella nostra Costituzione, considerata una delle migliore al mondo.
Allora se un magistrato non è all’altezza o sbaglia non vuol dire che tutti i magistrati non sono all’altezza o sbagliano e, quindi, non vanno “buttati” alle ortiche tutti, ma cosi come avviene nel caso di cesto di mele, la presenza eventuale di una mela marcia, cosa si fa? Si toglie e si salvaguardano tutte le altre.
Purtroppo, nel corso degli anni, gli errori ripetuti da taluni magistrati, non sono stati sufficientemente corretti dal CSM, per cui gli errori personali si sono trasformati, in errori giudiziari con una deresponsabilizzazione individuale. In effetti la stessa selezione della classe dirigente dei magistrati è stata messa in discussione con le denunce di Luca Palamara. Tutto questo è avvenuto, dopo che nel 2019 viene indagato per corruzione e per fuga di informazioni all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura. Nell’ottobre 2020 la Procura della Repubblica di Perugia ha chiesto il suo rinvio a giudizio per presunti episodi di corruzione.
Ma tutto questo, può dar vita a stranezze istituzionali, facendo tutta l’erba un fascio? Sicuramente no!
Il dott. Michele Di Lieto lo spiega molto bene nell’articolo, per cui alzare polveroni solo per coprire errori fatti è la cosa peggiore che si possa fare per la democrazia.
Segue l’articolo del giudice Michele Di Lieto.
Che cosa ha fatto il Giudice romano di così grave da giustificare la reazione del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro Carlo Nordio?
di Michele Di Lieto*
Il Tribunale ordinario di Roma, Sezione civile specializzata in materia di immigrazione, con provvedimento
18.10.2024, ha negato la convalida del decreto del Questore di Roma 16.10.2024 che ordinava la detenzione coatta e il trasferimento in Albania,
in uno dei centri a questo destinati, di dodici immigrati (originari dell’Egitto e del Bangladesh) che avevano fatto richiesta di asilo. Si tratta senza dubbio di una decisione grave, che rimette in gioco la politica migratoria messa in atto dal governo Meloni. Decisione grave che non giu
stifica le polemiche che ne sono seguite tra politica e magistratura. La magistratura (almeno una parte: quella “politicizzata”) viene accusata dalla destra di governo di orientare le proprie decisioni a senso unico, e di voler fare opposizione politica andando oltre le proprie prerogative. Giorgia Meloni ha parlato di decisione “pregiudiziale”, ma pochi hanno capito che intendesse dire. Più in là è andato Carlo Nordio, Ministro della Giustizia, che ha parlato di sentenza “abnorme”, che non condivide nel merito, senza per questo voler fare guerra alla magistratura. Anche qui si richiede uno sforzo interpretativo. Non si capisce perché una sentenza di cui non si condivide il merito debba considerarsi “abnorme”; né si capisce come si possa non far guerra alla magistratura senza contestare il merito di un provvedimento giudiziale.
Il Ministro accusa poi il magistrato di arrogarsi poteri che non sono suoi, dichiarando “non sicuri” gli Stati di origine dei migranti (Bangladesh ed Egitto), e invadendo la sfera di competenza dell’esecutivo, trattandosi di un atto politico per eccellenza, di un atto di alta politica”. Calma, calma, verrebbe da dire.
Che cosa ha fatto il Giudice romano di così grave da giustificare la reazione di Carlo Nordio?
Niente, proprio niente. Ha dichiarato di non poter prescindere dalla sentenza della Corte di giustizia europea la quale ha affermato che l’articolo non so quale di non so quale direttiva “deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un paese terzo sia designato come paese di origine sicuro qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni essenziali per siffatta designazione”; e che lo stesso principio deve essere applicato nel caso in cui risultino escluse “determinate categorie di persone”.
Il Giudice romano non ha quindi deciso quali Stati possono o non possono considerarsi “sicuri” al fine di rimandare al paese di origine migranti che non possano godere del diritto di asilo; si è adeguato alla interpretazione che delle norme relative ha dato la Corte di Giustizia dell’Unione europea. Nessuno straripamento di poteri, nessuna invasione della sfera politica, o di alta politica, di cui parla Carlo Nordio, nessun provvedimento al di fuori dello schema tipico previsto dall’ordinamento, nessuna sentenza stravagante o proveniente da chi non è giudice. Io non capisco perché il Ministro della Giustizia abbia fatto ricorso alla categoria dell’abnormità, che è il vizio massimo che può inficiare un atto giurisdizionale.
A voler trovare una giustificazione, io ricorrerei alla deprecabile abitudine degli organi di governo, e non solo, di rilasciare dichiarazioni “a caldo” senza aver letto gli atti, e senza valutare le conseguenze che queste dichiarazioni possono avere sull’opinione pubblica male informata da una stampa incompetente o partigiana.
Così, nel caso concreto, non c’è giornale che non riporti l’espressione “sentenza abnorme” o non definisca “tranchant” il giudizio dato da Carlo Nordio, quasi ad esaltare una dichiarazione che fa acqua da tutte le parti. Tanto più che il Ministro ha parlato di precedenti giurisprudenziali di senso opposto a quello sostenuto dalla Corte di giustizia europea, ma si è ben guardato dall’indicare quali.
Il problema, a mio avviso, è un altro. La sentenza della Corte europea, proveniente dal massimo organo giurisdizionale dell’Unione, è pur sempre una sentenza. Definitiva, inappellabile, vincolante solo tra le parti.
Ma quali sono gli effetti che produce nei confronti di organi giurisdizionali terzi, e però aderenti alla Unione Europea. E quali gli effetti che può produrre nei confronti di organi non giurisdizionali dei paesi dell’Unione. Si tratta, come ognun vede, di problemi delicati che attengono ai rapporti di fondo tra Unione Europea e gli Stati membri.
Cerchiamo una risposta a tutte due le domande che mi sono posto.
Prima. Credo di poter affermare che la sentenza della Corte, se pure non possa essere attuata dalla medesima Corte (non ne avrebbe i mezzi), abbia la medesima efficacia che può avere nell’ordinamento interno un precedente autorevole, come nel nostro caso, della Cassazione. Se questo è esatto, bene ha fatto il Giudice di Roma ad applicare alla lettera la sentenza della Corte europea, e l’interpretazione di alcune disposizioni nel senso voluto dalla medesima Corte.
Seconda domanda. Questa forza espansiva di precedente autorevole può esercitarsi anche su organi non giurisdizionali? Domanda di estrema attualità, se è vero, come viene riportato dagli organi di stampa, che il Consiglio dei Ministri si appresta a varare un decreto legge per modificare, allargandola, la lista dei Paesi “sicuri” nei quali rimpatriare i migranti non aventi diritto di asilo. Ciò significa, in altre parole, che il Governo italiano si appresta a dare una interpretazione diversa alle norme già interpretate dalla Corte di giustizia, e a varare un decreto che porrebbe nel nulla l’efficacia di autorevole precedente riconosciuta in sede giurisdizionale dal Tribunale di Roma. Sarebbe davvero strano che il precedente sia applicato da un organo

(Foto Francesco Ammendola – Ufficio Stampa e Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
giurisdizionale e diventi carta straccia nelle mani dell’esecutivo. Pare che il Governo Meloni intenda ricorrere alla decretazione di urgenza. Ora, è vero che la decretazione di urgenza è diventata la forma comune di legiferazione: ma in un caso delicato come questo non varrebbe la pena di ricordare le condizioni che, se pure trascurate, disciplinano ancora la legiferazione per decreto?
Dov’è la necessità, dove l’urgenza? Diamo tempo al tempo. Anche quello necessario a Sergio Mattarella per far valere i suoi poteri.
*Giudice in pensione e scrittore