La Coldiretti della provincia di Salerno ha un nuovo presidente: Ettore Bellelli
di Fernando Iuliano*
Qui di seguito, viene pubblicato un’ampia riflessione del nostro direttore, dott. Nicola Nigro, sulla recente elezione di Ettore Bellelli alla presidenza della Coldiretti di Salerno e sul ruolo che egli può giocare, attraverso la prima istituzione agricola del nostro Paese, per una vera rinascita di questo territorio.
Non è la prima volta che la nostra “Associazione il Sud”, attraverso l’omonima testata, prende posizione sui ritardi accumulati dal nostro Mezzogiorno. Un’apposita sezione è stata creata sulla problematica, http://www.giornaleilsud.com/?s=questione+meridionale, con articoli che stigmatizzano i ritardi e sollecitano anche la classe dirigente a fare di più, per recuperare un po’ di tempo perduto.
Spesso in passato, il direttore richiamava l’attenzione di Sindaci, Consiglieri regionali e parlamentari sui ritardi accumulati e sulla carenza di servizi primari e secondari nel territorio e nel Mezzogiorno, più in generale. La riflessione attuale ritorna con più vigore sulla questione, facendo anche delle proposte, che la nuova dirigenza della Coldiretti della gestione Bellelli potrebbe contribuire a portare avanti. Il fatto poco consolante che non ci sono stati, finora, abbastanza progetti per realizzare infrastrutture primarie e secondarie, indispensabili per uno sviluppo duraturo. Oggi, purtroppo, il Sud non ha servizi utili per sostenere un sistema economico che prevede sviluppo ed occupazione. Parlando del Cilento, il cruccio del nostro direttore, ed anche il nostro, è lo stato dei trasporti e della viabilità, che fanno da freno alla prospettiva concreta di uno sviluppo sempre vagheggiato e mai realizzato. Le attività produttive sono affidate solo alle capacità e vocazioni individuali, senza che i rappresentanti istituzionali del territorio riescano a stimolare gli operatori e le maestranze a mettersi insieme per cooperare e realizzare progetti di sviluppo per le nostre popolazioni. Una riflessione articolata che cerca di fare il punto su una serie di questioni mai risolte, ma sempre all’ordine del giorno. Per parlare di progetti veri, per mettere a fuoco le idee, occorrono tempo e spazio. Tutti sono capaci di fare analisi anche profonde per indicare le cause di ritardi, indicare storture che penalizzano i nostri territori. Quando si dovrebbe passare ad una fase operativa, vengono a galla cattive volontà, scarsa competenza, scarsità di risorse. Gli enti preposti al governo del territorio, invece che frenare, anche a volte per calcoli di bottega, dovrebbero progettare, in maniera sinergica, quello che necessita, nell’interesse delle popolazioni, facendo rete, nei confronti del livello superiore costituito dalla Regione, il Governo e l’Europa. Questa è la filosofia che dovrebbe essere perseguita, se si vuole realmente fare un passo avanti, abbandonando atavici modi di pensare e di agire che sono la causa della presente congiuntura socio-economica di tutto il Sud. Noi, nel nostro piccolo, ci siamo ad accompagnare un nuovo modo di fare e di essere. Intanto, sentite congratulazioni ed auguri di buon lavoro al neo presedente Bellelli.
*Presidente dell’Associazione “il Sud”. Pubblicista
Forse un’occasione storica, per creare una sinergia tra agricoltura e turismo, partendo anche dal recupero di terreni incolti ed abbandonati.
di Nicola Nigro
Chiedo scusa ai nostri lettori, ma soprattutto ad Ettore Bellelli, neo presidente provinciale della Coltivatori diretti di Salerno, se approfitto della sua elezione, per fare qualche considerazione sul ruolo che l’agricoltura potrebbe giocare domani nell’economia del nostro Paese.
Comunque, conoscendo la sensibilità e le capacità di imprenditore, soprattutto nel settore agricolo, di Ettore Bellelli, rampollo della Baronessa Cecilia Baratta Bellelli, quindi figlio d’arte, è possibile fare qualche riflessione su come il Sud potrebbe recuperare, partendo dal territorio e puntando, innanzitutto, sulla valorizzazione dei “terreni abbandonati”, per ottenere prodotti agricoli di grande qualità, senza ricorsi a sostanze chimiche e di sintesi, ad incominciare, per esempio, dai prodotti cosiddetti biologici: ortaggi, frutta, ecc. Questo significherebbe anche carne da allevamento biologico; in parole povere: più qualità e, forse, meno quantità. Da tutto questo dovrebbe anche scaturire una lavorazione e trasformazione dei prodotti stessi, attraverso piccole e medie imprese ed attività artigianali, avendo come riferimento la vivibilità e la vivacità dei luoghi che potrebbero attrarre ancor di più un turismo amante di tutto questo.
Oggi, i Comuni interni si spopolano giorno dopo giorno, per cui il patrimonio culturale e storico di questi antichi borghi, ricchi di storia, bellezze naturalistiche e sapienza enogastronomica, si sta perdendo nel tempo. Purtroppo, antiche abitazioni, chiese, case gentilizie, il più delle volte, cadono a pezzi, senza che nessuno faccia qualcosa, nella direzione di un recupero intelligente, nel rispetto della storia e della tradizione locale. Eppure, tutto è in controtendenza con le idee di intercettazione dei cosiddetti “flussi turistici”. Ma come si possono intercettare questi turisti intelligenti, alla ricerca di ambienti incontaminati e lontani da un consumismo selvaggio e di scarso respiro, se non si mette un freno agli esodi, attraverso progetti di recupero e di attività produttive che creano lavoro? Come si possono salvare questi borghi se non si progetta la loro vivibilità?
Il Cilento, i cinghiali e l’incapacità di agire
Come può il Cilento svilupparsi, se ha una viabilità obsoleta, scomoda, preda dell’incuria e della disattenzione di chi è preposto alla sua custodia e manutenzione. Siamo in presenza di una incapacità d’agire della sua classe dirigente, che non solo ha perso tempo negli anni, ma purtroppo non ha fatto mai scelte nella direzione della permanenza dei cittadini. La perentorietà non gli è mai appartenuta, per cui l’Europa e lo Stato, con la complicità, spesso, della Regione, non si sono curati dei progetti di sviluppo possibile del territorio.
Ma è stato sempre così? Quanti progetti sono stati allestiti dal territorio? In merito, gli Enti territoriali, come il Parco, le Comunità montane, i Consorzi, le Unioni dei Comuni, hanno mai presentato progetti relativamente alle risorse europee, coinvolgendo le popolazioni? Non è forse vero che le popolazioni considerano questi Enti solo come un intralcio?
Il giudizio dei cittadini è ancora più severo se si pensa che, in tanti anni, non si è riusciti a trovare una soluzione accettabile per frenare l’”invasione” dei cinghiali, che si sono moltiplicati a dismisura, distruggendo colture ed invadendo quotidianamente i centri abitati.
Ormai, sono diventati i padroni dei territori e la disperazione degli agricoltori è tanta, addirittura molti di essi hanno rinunciato non solo alle loro coltivazioni, ma addirittura all’orto. Non parliamo dei “ristori” per la distruzione dei prodotti coltivati, che sono a dir poco ridicoli e con tempi biblici.
Ma può una classe dirigente locale, regionale e nazionale continuare a dimostrare la propria impotenza anche contro i cinghiali?
Il rilancio dei Borghi e lo sviluppo possibile
Insomma, si potrebbe dar vita ad una filiera del biologico, partendo dai Comuni interni e dai loro borghi, per avviare la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti locali, valorizzando le loro proprietà organolettiche legate ai sapori ed al recupero dei “sensi umani” del nostro Paese.
Tutto questo significherebbe anche puntare sulle tradizioni e l’artigianato locale, con progetti di sinergia tra anziani e giovani, con la creazione di una “scuola” tra maestro ed apprendista; ovviamente occorrerebbe pure dare dei punti di riferimento certi, superando le “barriere burocratiche” e definendo una rete di commercializzazione con il pieno coinvolgimento degli Enti territoriali e non, in modo da non far sentire gli operatori mai soli.
Questo significa che la classe dirigente, soprattutto delle zone interne, deve avere la capacità e la voglia di buttarsi alle spalle i limiti, i ritardi e i fallimenti del passato, spesso, causati da “miopia politica”, con fatti brutti: accattonaggio, rozzezza, elucubrazioni, cresta, magagne. Insomma, una classe dirigente che, per fatti di bottega, si è anche divisa e disunita proprio in danno del territorio che rappresenta. Per la verità, questo è legato a tutta l’Italia; ma come si sa, il più debole è quello che più subisce. Il Sud Italia si trova con più terreni abbandonati e con più Borghi o Comuni disabitati, ovviamente con la carenza di viabilità, di servizi e, quindi, senza infrastrutture primarie (strade, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, ecc.,), e secondarie (scuole, uffici comunali, centri sociali e strutture sportive, ecc.). Questo ha significato anche niente lavoro, per cui ogni cosa è diventata “niente”. Per esempio, da un rapporto nazionale di Openpolis del 2021, riferito ai Bambini, mentre a Crotone sono disponibili solo 5 posti in un asilo-nido su 100 minori, invece a Bolzano 7 posti su 10 bimbi. Di fronte a tutto questo, perché qualcuno doveva restare nel proprio paesello? O nel proprio Borgo? Anche con un lavoro a 50 km, come poteva restarci, senza viabilità e mezzi di trasporti accettabili? Quale futuro avrebbero avuto i loro figli, senza scuole? Una volta, nella stragrande maggioranza dei Comuni italiani, si trovava una Caserma dei Carabinieri ed un Ufficio Postale. Purtroppo, nel corso degli anni, pure questi capisaldi sono scomparsi. Adesso si sono aggiunti anche i medici di medicina generale che vanno in pensione e non vengono sostituiti.
Qualcuno si chiederà: ma il neo presidente, Ettore Bellelli, perché viene indicato in tutto questo?
Come dicevo all’inizio, ho valuto prendermi questa “licenza” per una riflessione a 360 gradi, ben sapendo che ho di fronte una persona perbene, altruista, molto attivo anche nella solidarietà ai più deboli, ma soprattutto capace di determinare produttività e sinergia. Nell’ azienda di famiglia “Seliano”, a Paestum, ha tanto imparato in questi anni, per cui può trasferire quest’esperienza ad altri. Il suo ruolo di presidente della Coldiretti provinciale può stimolare tanti amministratori ad indurre i loro concittadini, soprattutto i giovani e meno giovani, a mobilitarsi, per dar vita a piccole imprese, attraverso la cooperazione, al recupero dei territori abitativi e dei terreni, ricchi di Beni Ambientali e Culturali, puntando sul TURISMO e stimolando l’artigianato, la pastorizia, l’agriturismo. Insomma stimolare, con il coinvolgimento di professionisti del territorio che contribuirebbero nella progettazione per il rilancio del territorio: sviluppo e occupazione. Le loro parcelle potrebbero anche essere, poi, onorate dai denari che l’Europa mette a disposizione dell’Italia e che il Sud non riesce a spendere (non si va oltre 15/20%). Ovviamente, molto è dovuto alla classe governativa, ma la protagonista primaria dei ritardi è la classe dirigente locale, quindi gli amministratori e i sindaci dovrebbero voltare pagina e diventare dei veri e propri “capipopolo”, i cui progetti dovrebbero essere patrimonio collettivo e momenti di lotta nei confronti di chi si oppone per accumulare ritardi.
Ettore Bellelli: il possibile “sasso nello stagno”
Il neo presidente Coldiretti provinciale, Ettore Bellelli, con l’ausilio del suo direttore, Vincenzo Tropiano, potrebbe anche essere colui che butta un “sasso nello stagno” o dà la sveglia in particolare alle zone interne, tanto dormienti, attraverso incontri per zone, con i suoi associati e non, in tutta la provincia: amministratori, professionisti, artigiani, ecc.. Ciò potrebbe creare degli interessi, ma soprattutto potrebbe far prendere coscienza alle popolazioni delle potenzialità e delle ricchezze del territorio. Per tanti anni, è stato delegato il tutto a iniziative individuali che, comunque si sono rivelate deboli, proprio per la carenza di infrastrutture.
Un pezzo di Italia del Sud che potrebbe voltar pagina
Date le premesse, potrebbe anche succedere che un pezzo dell’Italia del Sud possa finalmente voltar pagina, dando vita ad un “Centro del Turismo internazionale” (buttandosi alle spalle ritardi, incuria e malaffare), aprendosi sempre più ad un apporto turistico di qualità. Mi riferisco ai Paesi stranieri che hanno dimostrato sempre di amare l’Italia, come Germania, Francia, USA e Paesi Bassi, soprattutto l’Olanda. Insomma, fare uno sforzo per potenziare la filiera turistica, in tutti i periodi dell’anno, integrandola con l’organizzazione, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti del “sole”, una fonte straordinaria del territorio; quindi sviluppo ed occupazione anche in questo settore. E, poi, oltre al turismo estivo, c’è il turismo congressuale che si sviluppa principalmente in autunno, inverno e primavera. Con una buona programmazione, ovviamente, accompagnata da costi contenuti, il comparto alberghiero e quello extralberghiero potrebbe dar vita ad un “sistema sinergico” tra le produzioni agricole di qualità locale e l’apparato recettivo. In tutto questo, il sistema per reggere sarebbe quello di mettere al centro i valori collettivi per salvaguardare la propria azienda incentrata sullo sviluppo e il lavoro che fa parte dell’apparato generale del territorio, mettendo a centro sviluppo ed economia.
Il ruolo propositivo della Coldiretti sotto l’impulso del neo presidente
In questi anni, la Coldiretti, con le sue manifestazioni, anche in piazza, ha dimostrato che la promozione del territorio è una strada percorribile ed efficace. La provincia di Salerno oltre al mare, ai Beni Ambientali e Culturali, ha anche la Montagna (il monte Cervati raggiunge quasi 2000 metri). Con una viabilità migliore e con più servizi, trasporti, aeroporto ( circa 30 anni per allungare un po’ di metri la pista sono un po’ troppi, ma davvero sarà pronto nell’immediato?), si potrebbe avere una svolta reale.
Di fronte a tutto questo “ben di Dio”, quello che manca è la “persona che accende la miccia”, per avere la mobilitazione anche dei cittadini, con una classe dirigente che prende coscienza del potenziale e si metta al lavoro davvero. Penso che il neo presidente della Coldiretti provinciale, Ettore Bellelli, abbia queste qualità e capacità, per cui si potrebbe davvero dare una svolta. Ovviamente, questo se glielo faranno fare, senza essere travolto da invidie ed egocentrismi di chicchessia.
La Coldiretti, con il neo presidente Bellelli, potrebbe rafforzare la spinta per valorizzare e produrre progetti per “prodotti tipici locali”?
Dall’esperienza della Coldiretti degli anni passati, in altre parti d’Italia, e con l’attivismo del neo Presidente Ettore Bellelli, anche nella provincia di Salerno si potrebbe pensare ad un “macro-progetto”, costituito da tanti “progetti territoriali” costruiti sulle specificità territoriali e produzioni locali. Ovviamente, in primis, gli Enti locali dovrebbero fare la loro parte, per favorire e definire un “Centro di commercializzazione” piramidale che programmi e definisca una equa filiera ( ad esempio, un prodotto che costa 1 € a chi lo produce, non può essere venduto a 10 € al supermercato).
Guardare al passato, programmando il futuro, significherebbe anche lavorare per recuperare la “cultura dei prodotti tipici locali”, con il pieno coinvolgimento dei giovani e delle Scuole, a qualsiasi livello, in particolare quelle che riguardano il sistema “Enogastronomia e ospitalità alberghiera”. Insomma, un “pezzo di Sud” che punta sui giovani, assicurando il loro futuro attraverso la formazione, “creando” non solo dei sapienti chef, ma professionisti che possiedono specifiche competenze tecnico-pratiche, organizzative e gestionali nell’intero ciclo di produzione, erogazione e commercializzazione della filiera dell’enogastronomia e dell’ospitalità alberghiera.
Ovviamente, la progettazione complessiva di sviluppo socio-occupazionale dev’essere analitica e puntuale, nell’ambito degli specifici settori di riferimento delle aziende turistico-ristorative, curando i rapporti con il cliente, intervenendo nella produzione, promozione e vendita dei prodotti dei servizi, valorizzando le risorse enogastronomiche secondo gli aspetti culturali, artistici e del territorio, proprio in relazione allo stesso. La Progettazione deve anche concentrarsi sulle tecnologie digitali, eventi enogastronomici e culturali che valorizzino il patrimonio delle tradizioni e delle tipicità locali, anche in contesti nazionale e internazionale, per la promozione delle specificità ambientali e culturali del territorio, con un’offerta turistica integrata con i principi dell’ecosostenibilità ambientale, promuovendo la vendita dei servizi e dei prodotti coerenti con il contesto territoriale, anche utilizzando il web.
Quindi, esaltare gli stand enogastronomici potrebbe rappresentare la specificità del territorio; ciò significherebbe anche recuperare l’“anima del Borgo” ed anche il perché è stato abbandonato. Da questo il passo è breve per dar vita ad una località vitale e ad un futuro certo.
Siamo certi che, se gli Enti locali daranno una mano al neo presidente Ettore Bellelli, si potrebbe avere la giusta spinta, non solo per le pianure ricche di produzioni, ma anche per le Aree interne ricche di Beni Ambientali, Culturali e tradizioni, con la produzione e la valorizzazione di “colture di eccellenza” e specifiche del territorio legate proprio alle piccole comunità.
L’agricoltura, il territorio e le possibili sinergie, guardando agli studenti ed al loro futuro culturale e di lavoro
In merito, voglio richiamare l’attenzione sul cosiddetto “mercato del turismo scolastico”. Ciò è possibile da rafforzare nella provincia di Salerno, perché ricca di Beni Ambientali e Culturali e potrebbe segnare una crescita costante, vivacizzando i momenti di bassa stagionalità. Ovviamente, il ruolo principale, nell’intera filiera, dovrebbero giocarlo gli Enti locali e le strutture attigue, con l’elaborazione dei pacchetti turistici destinati alle scuole ed agli studenti. Ciò significa che bisognerebbe stabilire anche diverse fasce d’età dei giovani utenti, per esempio: 14-18 anni, 11-13 anni e, perché no? anche dai 6 ai 10 anni.
Questo comporta programmazione e innovazione con un utilizzo massiccio della digitalizzazione, dando vita ad una “filiera del turismo” che punti alla valorizzazione del territorio e della sua produzione per la crescita economica e occupazionale dell’intera Provincia, con un’accentuata sinergia tra i Comuni.
Fare questo significherebbe meno egoismi e miglioramento della cultura imprenditoriale, con un rapporto costruttivo con il “Sistema bancario”, per meglio utilizzare le risorse europee, nazionali e regionali; quindi, investimenti per valorizzare l’aspetto socio-economico e diversificare l’offerta economico-culturale e turistica, con il coinvolgimento delle piccole e medie imprese.
Inoltre, tanti giovani professionisti della nostra provincia potrebbero essere coinvolti per allestire pacchetti di viaggi, studiati per essere direttamente combinati alla didattica. Tutto questo aiuterebbe gli insegnanti a sviluppare un piano educativo che potrebbero erogare prima, durante e dopo il viaggio, per arricchire ulteriormente l’esperienza educativa. L’obiettivo principale è quello di aumentare la consapevolezza sui concetti chiave quali la eco-sostenibilità del territorio, partendo dalla possibilità che offre il turismo. Fare questo significherebbe anche far conoscere i nostri territori a giovani studenti di altre parti d’Italia ed altre nazioni, accrescendo in ciascuno di loro la responsabilità ed il rispetto della destinazione che visita, evidenziando nel pacchetto anche il modello culturale, sociale e di economia costruita sul territorio, nel rispetto della storia e della conservazione dell’identità culturale.
La famiglia Bellelli e la “cultura del fare”
Quando una persona si cimenta in qualche impresa, realizzando qualcosa, nel bene o nel male, ciò significa, innanzi tutto, che quello che è stato appreso, fa parte di un processo determinato da una maturazione anche culturale della persona in questione.
Se seguiamo questo ragionamento, emerge che ciò calza perfettamente per il neo presidente della Coldiretti, Ettore Bellelli. All’età di 54 anni, “ormai si è fatto una cultura”, proprio per l’esperienza sin qui, maturata insieme a tutta la propria famiglia, composta dal fratello Ernesto Massimo, dalla mamma, Baronessa Cecilia Baratta Bellelli.
La proprietà dei terreni su cui insistono le aziende, ereditati dal papà, il Barone Gaetano Bellelli, marito di Cecilia Baratta, vedova a soli 30 anni, ebbe inizio con Gennaro Bellelli, il grande patriota, unico anti-borbonico della famiglia. Ciò gli costò l’esilio a Firenze, con tutta la famiglia. Quindi, storicamente la famiglia Bellelli è stata sempre impegnata in agricoltura, nell’allevamento bufalino ed in quello equino. E’ proprio da questa esperienza secolare che abbiamo, oggi, l’eccellenza.
In tutto questo, rifacendosi alle tradizioni ed all’esperienza di anni ed anni, la famiglia Bellelli ha creato – nelle sedi storiche della Tenuta Bellelli – due centri di accoglienza che sono dei veri e propri ritrovi comodi e rilassanti, come l’agriturismo di Seliano a Paestum e la masseria Eliseo, sempre a Paestum. Ormai l’agriturismo è organizzato in modo tale che le persone ospitate possono scegliere di trascorrere il loro tempo al mare, in campagna e apprezzare la bellezza dei luoghi anche a cavallo, perché l’azienda è dotata di un’organizzata scuderia, per cui sono possibili le escursioni. La Baronessa Cecilia Baratta Bellelli, oltre alla passione per l’agricoltura e l’allevamento dei cavalli, ha anche un’altra passione: la cucina.
Non a caso, alla masseria Eliseo si trova un “reparto cucina”, con attrezzatura, dispensa e zona calda e fredda, per dar luogo a corsi di cucina che, negli anni, sono diventati veri propri “fiore all’occhiello”, anche perché è stato coinvolto il grande gourmet Arthur Schwartz di New York che, insieme alla Baronessa Baratta Bellelli, si cimenta ai fornelli con maestria, rendendo la sua scuola di cucina una eccellenza per i futuri Chef.
L’arte culinaria di Cecilia Baratta Bellelli è legata alla sua famiglia, sua madre era ottima cuoca e gareggiava, insieme alle sue sorelle, per esaltare e migliorare le vecchie ricette emiliane e napoletane, in questo caso, dopo che il papà si era trasferito da Parma, con la famiglia, nella Piana del Sele, per realizzare l’industria conserviera Baratta a Battipaglia, da cui è scaturita la svolta del settore sul nostro territorio.
La possibile “rivoluzione”, partendo dalla Coldiretti
Il neo presidente Ettore Bellelli, partendo dal potenziale della Coldiretti, che opera in tutta la provincia di Salerno, potrebbe dar vita a strutture organizzative articolate in questo modo:
- – coordinamento provinciale, in sinergia con il territorio;
- – coordinamento zonale, con rappresentanti locali e amministratori;
- – coordinamento territoriale, con rappresentanti comprensoriali.
Ovviamente, in tutto questo occorrerebbe coinvolgere, attraverso i rappresentanti Coldiretti, gli amministratori e i Sindaci del territorio, in modo tale che nella “presentazione di progetti” gli amministratori non devono sentirsi soli, nei confronti dei governi regionale e nazionale, ma col peso del territorio alle spalle, pronti a mobilitarsi. Di fronte ad una bocciatura, senza una giusta motivazione, il popolo, con ragione, farebbe sentire il suo peso, denunciando che l’esclusione del proponimento significherebbe che parte del sistema produttivo potrebbe rompersi e minare l’intera filiera.
I progetti di sviluppo devono essere completi ed articolati: scuola, formazione, artigianato, individuazione delle risorse locali, lavorazione dei prodotti agro-alimentari, riferimenti territoriali per il turismo, ma soprattutto la commercializzazione dei prodotti inseriti nella filiera stessa, il cui obiettivo principale dovrebbe essere: dal produttore al consumatore, senza abusi o furbizie, a costi ragionati e razionali.
Le regole di mercato, in particolare per i prodotti agro-alimentari, compresi quelli lavorati, devono essere trasparenti e la Coldiretti, unitamente alle Amministrazioni locali, dovrebbe garantire e vigilare, affinché i finanziamenti pubblici non si perdano mai più, per recuperare il tempo perduto e per realizzare servizi dei settori Primario, Secondario e Terziario, tanto utili ed indispensabili per il territorio, ma mai realizzati. Insomma, così facendo, si potrebbe dare davvero una svolta nella provincia di Salerno, ricca di Beni Ambientali e Culturali. Si potrebbe dar vita ad un Turismo stimolante per lo sviluppo sociale, economico e del lavoro, così come è stato accennato in altre parti di questa scritto.
Tutto questo è un fatto utopico? Forse!
Comunque, se non si sogna e non si inizia mai, il Sud continuerà ad essere la cenerentola dell’Italia. Ho voluto partire dall’elezione a presidente di Ettore Bellelli, che appartiene ad una famiglia ricca di storia e di esperienza nel settore agroalimentare ed ha realizzato tanta eccellenza, nonostante il “deserto dei servizi” al fine di stimolare ad una riflessione generale e, perché no? collettiva.
Non lo scopriamo oggi, ma purtroppo esiste, da tempo, una fragilità delle pubbliche amministrazioni nel Mezzogiorno, per cui l’intraprendenza e la cultura possono aiutare a superare anche gli egoismi e i personalismi che hanno sempre di più indebolito il Sud.
Occorrono azioni combinate e contemporanee, nonché collaborazione vera tra i soggetti interessati che lavorano per gli stessi obiettivi.
Una struttura come la Coldiretti, in provincia di Salerno, impersonata da Ettore Bellelli, secondo noi, potrebbe stimolare, a far bene tutti: governi, maestranze, ma soprattutto giovani e scuole, che possono essere tranquillamente affiancate nelle iniziative. Se il Sud fa questo e lavora in questa direzione, si possono recuperare i ritardi e l’utilizzo dei fondi europei, almeno nel Salernitano, potrebbero schizzare al 70/80%, se non verso il 100%, senza perdere un centesimo. Fare questo significherebbe davvero ridurre i divari territoriali Nord – Sud.
Ogni progetto deve essere per tutti i soggetti che amano il nostro Mezzogiorno, senza egoismi e senza interessi individuali, ma sviluppo collettivo.
Ciò ci deve anche far capire che valorizzare le risorse locali dovrebbe significare produrre lavoro e non solo profitti, come è avvenuto in altre parti. L’Italia, ma soprattutto il Sud e la sua agricoltura, non intensiva, è tanto più forte, quanto più progetta e punta sulla qualità, con lo sguardo rivolto all’Europa.
LA STORIA – Qui di seguito, anche se mi dilungo ancora di più, mi soffermo un po’ su quella che è ed è stata l’Italia, in particolare il nostro Sud, negli anni passati.
L’Italia agricola, con il Sud in testa
In Italia, nel 1951, lavoravano nell’agricoltura 8,261 milioni di persone – pari al 42,2% degli occupati, nell’industria 6,290 milioni- pari al 32,1%, nei servizi e nella pubblica amministrazione le persone impiegate erano 5,026 milioni- pari al 25,7%. Nell’arco di dieci anni, i dati si sono invertiti e l’Italia è diventata più industriale: i contadini del Sud sono “diventati” operai-metalmeccanici. Ovviamente, man mano che questo divario cresceva, nei successivi dieci anni, è successo che l’occupazione in agricoltura andava sempre più giù e, quindi, molti terreni diventavano incolti (era successo che nel 1961gli addetti all’agricoltura erano ormai scesi a 5,657 milioni, pari al 29%, mentre gli addetti all’industria erano saliti a 7,886 milioni, pari al 40,4%, gli addetti ad altre attività a 5,976 milioni, pari al 30,6%).
L’Italia, in agricoltura e industria il Nord in testa
Prolungando l’analisi fino al 1971, si vede che rispetto a vent’anni prima, gli occupati in agricoltura nel Sud erano scesi di oltre il 60% (da 8,261 milioni a 3,243), ovviamente questo ha fatto accrescere la disuguaglianza tra Sud e Nord. Man mano che al Nord crescevano le aziende dell’industria, al Sud diminuiva sempre di più il lavoro in agricoltura, diventando, nel corso degli anni, la cenerentola anche dell’agricoltura del Centro Nord. Non a caso, oltre all’industria al Nord cresce anche l’agricoltura, con le cosiddette “aziende agricole intensive”; quindi il Sud smantellava soltanto, ma non costruiva niente di nuovo. Ovviamente ci sono state le eccezioni, come per esempio l’azienda del neo Presidente Coldiretti, Ettore Bellelli, che, oggi, è un gioiello di organizzazione e di qualità della sua produzione.
Comunque, va anche detto che, da qualche anno, nelle aziende agricole dell’Italia meridionale qualcosa sta cambiando e si sta migliorando. Il guaio è che la politica agricola in Italia ha un grosso limite, che è quello che pensa ai grandi proprietari terrieri e trascura, quasi, completamente i piccoli, che potrebbe essere la vera forza propulsiva e di lavoro che assicurerebbe la qualità e il biologico. Le piccole o piccolissime aziende potrebbero produrre eccellenze per palati raffinati. Poi ci sono grossi proprietari terrieri, come il Policlinico di Milano, che sicuramente faticano nella loro produzione e nella qualità.
Per fortuna, come dicevo sopra, nel Sud ci sono stati imprese agricole, come l’azienda del neo presidente Ettore Bellelli, che hanno dato forza ed idee a molti altri per cui, oggi, abbiamo imprenditori multi funzionali: agricoltori-allevatori-operatori turistici, quindi non è difficile trovare sui loro terreni agricoli camping, affitta camere o bed and breakfast (B&B). Questo basta? No, ma se si progetta e si determina una buona filiera, forse, davvero avviene la svolta, con tanto lavoro per giovani e meno giovani. Ovviamente, tutto questo deve significare, soprattutto, che gli Enti locali e la classe dirigente cambino la tendenza di star fermi e del fare da soli.
Le iniziative individuali
Le iniziative locali a livello individuale legate ad un progetto ampio sono sufficienti? Sicuramente no!
Si deve allestire un progetto coordinato che definisca più filiere, per esempio, come valorizzare i prodotti locali, come commercializzarli, trasportali, assicurando una buona viabilità e servizi, ma anche una vera sburocratizzazione. In questo gli Enti locali e territoriali dovrebbero essere davvero incisivi e spronare i governi (regionale, nazionale ed europeo) di preoccuparsi di aiutare a formare i giovani e meno giovani, con la creazione di servizi sociali e formativi, dove gli Enti locali che sono sul territorio dovrebbero essere soggetti attivi e far sentire la propria voce, facendo pressione sui vari governi. Non devono vivacchiare, ma essere progettuali con interventi qualificanti.
La Coldiretti salernitana, tra passato e futuro, punta su Bellelli
Il perché il neo presidente della Coldiretti, Ettore Bellelli, potrebbe dare un valido contributo a Salerno ed a tutto il Sud va cercato nella sua “cultura del fare”, sviluppata sin da bambino. La sua “maestra” naturale è stata infatti Cecilia Baratta Bellelli, che tutti a Paestum chiamano “la Baronessa”, per aver sposato il Barone Bellelli. Lei è una imprenditrice illuminata che, non solo ha realizzato un’azienda agricola multifunzionale, ma è stata, quindi, anche un’ottima maestra dei suoi due figlioli. Uno di loro, oggi, è stato chiamato a ricoprire la carica provinciale più prestigiosa degli agricoltori salernitani. Peraltro, la Baronessa continua a seguire l’evolversi dei successi aziendali e nei momenti opportuni non fa mancare il suo valido contributo. Cecilia Baratta Bellelli è stata pure un ottimo amministratore, per aver esercitato, per molti anni, la carica di Presidente del Consorzio di Bonifica Sinistra Sele. A lei si deve il sistema di irrigazione forzata, unico in Italia. Ho avuto il piacere di averla vista all’opera, visto che, per un periodo, sono stato nel Consiglio dello stesso Consorzio. Ovviamente, non sempre eravamo d’accordo sulle scelte, ma il buon uso dell’intelligenza ed il confronto costruttivo ha sempre dato vita a scelte giuste per la comunità agricola del territorio. Non a caso, oggi, ci lega una buona e cordiale amicizia.
Le origini delle aziende della “famiglia Bellelli”
L’Azienda Agrituristica “Seliano” è un’azienda moderna, posta a ridosso della città antica della Magna Graecia, costruita sulla storia della famiglia che si è sempre dedicata all’agricoltura, con prodotti di qualità, sin dall’800. Oggi, la Baronessa Cecilia Baratta Bellelli con i suoi figli ha dato vita ad un’attività agricola che, oltre ai prodotti della terra sviluppa con profitto l’allevamento di bufale e cavalli.
Visitare le aziende della famiglia del neo presidente della Coldiretti, Ettore Bellelli, è davvero un piacere, perché è tangibile la produzione di prodotti genuini e biologici di un’agricoltura fatta di maestria e tradizioni. I Bellelli sono stati possidenti di vaste estensioni di terreni e, proprio in virtù di queste ricchezze, il re Gioacchino Murat assegnò il titolo di Barone a Gaetano Bellelli. Nei riferimenti storici, spesso, si fa richiamo all’azienda agricola denominata “Cerro Eliseo” dei Bellelli di Capaccio Paestum, tant’è che ancora oggi, la denominazione “Masseria Eliseo” è parte integrante dell’Agriturismo Seliano di Paestum. Tra i prodotti di casa più forti c’è il Limoncello, la Mozzarella di Bufala, il vino e tanti altri prodotti che scaturiscono dalle tradizioni di famiglia e del territorio, prodotti all’interno dell’azienda.
Riferimenti storici della famiglia Bellelli
La storia e la ricostruzione della famiglia Bellelli a Capaccio Paestum è stata realizzata, dopo accurata ricerche e documenti, dalla storica Rosa Spinello, con il libro “ I Bellelli e Degas”.
In tutto questo, la figura più valorizzata è stata quella di Gennaro Bellelli che, purtroppo, nei libri di storia veniva descritto come un personaggio negativo e contro l’Unità d’Italia. Dalla ricostruzione della Spinello, attraverso documenti, foto, quadri, giornali, in particolare le lettere della moglie Laura Degas al nipote Edgar Degas, grande pittore francese, viene fuori tutt’altra persona: un patriota del Risorgimento.
L’impegno di Gennaro Bellelli fu anche nell’editoria; infatti diede vita al giornale politico letterario: “Il Nazionale”. La figura pubblica di Gennaro Bellelli viene descritta come persona ricca di valori per la libertà e rispettosa della dignità umana. Il Barone Gennaro Bellelli, sposò la zia del Pittore Edgar Degas. Oggi, al Musée d’Orsay di Parigi si trova dell’autore, tra l’altro, “la famiglia Bellelli”, dipinto ad olio su tela (200×250 cm).
Il neo presidente della Coldiretti di Salerno, purtroppo, perse, per un incidente, il papà Gaetano Bellelli, nell’età adolescenziale; per cui, la sua giovane mamma si dedicò, non solo a crescere i suoi due figli, ma a portare avanti le aziende e le masserie, alle porte della zona archeologica Paestum, migliorandole ed aggiornandole. Senza trascurare le tradizioni, ha apportato migliorie utilizzando anche tecnologie moderne, tant’è che, oggi, le aziende di famiglia sono considerate unanimemente delle eccellenze che rappresentano il passato, il presente e il futuro del nostro territorio.